Pensioni, Il contributo di solidarietà imposto dalle Casse Professionali è illegittimo

Nicola Colapinto Venerdì, 21 Dicembre 2018
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di un commercialista in pensione che si era visto ridurre l'assegno. Solo il legislatore è legittimato ad intervenire sulla materia e nel rispetto di quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con la recente sentenza 173/2016.
Per le casse professionali una nuova grana è in arrivo ai regolamenti che incidono sulle pensioni calcolate con il metodo retributivo. Dopo la lunga querelle sulla legittimità delle delibere che hanno violato il principio del pro-rata sulle quali il legislatore è dovuto intervenire nel 2013 con una norma ad hoc, la Corte di Cassazione ha bocciato l'altro giorno con la sentenza numero 31875/2018 pure il contributo di solidarietà straordinario applicato dalla Cassa Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (CNPADC).

La misura, come noto, rubricata all'articolo 22 (ora 29) del Regolamento delle attività istituzionali è in vigore dal 1° gennaio 2004 ed incide sui quei trattamenti pensionistici calcolati con il sistema retributivo (in misura diversa a seconda se i requisiti per la pensione sono maturati prima o dopo il 31 dicembre 2004). Il prelievo che inizialmente doveva avere una durata quinquennale è stato oggetto di successive proroghe ed è graduato in funzione della misura dell'assegno sulla base di cinque scaglioni in forma progressiva oscilla tra il 2 ed il 7% a seconda dei casi.

La decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha accolto la sentenza del Giudice d'Appello secondo il quale l'adozione del contributo di solidarietà non rientra tra i poteri attribuiti dalla legge all'autonomia regolamentare della Cassa previsti dall'art. 2 del dlgs n. 509/1994. La Corte stressa, in particolare, che il contributo di solidarietà, non incidendo sul criterio di determinazione del trattamento pensionistico (cioè non mutando, ad esempio, le aliquote di rendimento o le modalità di determinazione della retribuzione pensionabile negli ultimi anni di lavoro), non possa essere legittimato neppure tramite l'articolo 1, co. 763 della legge 296/2006 come successivamente interpretato dalla legge 147/2013 che, come noto, ha stabilito la salvezza, a determinate condizioni, delle delibere delle Casse che incidono sul meccanismo del pro-rata, cioè che rivedessero, per l'appunto, i criteri di determinazione della pensione.

La Corte afferma, infatti, che l'imposizione del contributo di solidarietà sui trattamenti pensionistici già in atto non integra né una "variazione delle aliquote contributive", né una "riparametrazione dei coefficienti di rendimento quanto, piuttosto una trattenuta fissa su un trattamento già determinato. Da ciò consegue che la normativa di cui alla legge 296/2006 "non può essere intesa, come aveva ipotizzato la Cassa, nel senso di fonte del potere di introdurre prestazioni patrimoniali a carico dei pensionati, quale è il contributo di solidarietà".

La potestà è solo del legislatore

La Corte di Cassazione precisa, inoltre, che solo il legislatore ha il potere di introdurre un contributo di solidarietà sulle pensioni nei limiti di quanto affermato dalla Consulta con la decisione 173/2016 (prelievo temporaneo, giustificato da una grave crisi del sistema, sostenibile e progressivo nei confronti dei trattamenti incisi). Tale decisione, peraltro, non può essere utilizzata per giustificare un intervento della Cassa ancorchè esso risulti rispettoso dei principi espressi nella predetta sentenza della Consulta. La Corte conclude evidenziando come "debba concludersi nel senso che esula dai poteri riconosciuti dalla normativa la possibilità per le Casse di emanare un contributo di solidarietà in quanto , come si è detto, esso, al di là del suo nome, non può essere ricondotto ad un «criterio di determinazione del trattamento pensionistico», ma costituisce un prelievo che può essere introdotto solo dal legislatore".

La decisione è sicuramente importante e rischia di generare un ampio contenzioso rispetto a quelle Casse che abbiano scelto di ridurre le quote retributive della pensione non solo tramite un'attenuazione del criterio del pro-rata ma anche con la logica del contributo di solidarietà.

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