Riforma Pensioni, Palazzo Chigi esamina un mix di misure sulla flessibilità

Eleonora Accorsi Mercoledì, 20 Aprile 2016
Tra le tante proposte, l'opzione di andare in pensione prima di raggiungere i requisiti ordinari, con una penalizzazione nell'entità dell'assegno.  
Dicevamo alcuni giorni fa che il Governo sta lavorando ad un intervento di alleggerimento sulla legge Fornero. Ieri, nel corso delle audizioni sul DEF il Ministro dell'Economia PierCarlo Padoan ha confermato che il tema è all'ordine del giorno. Padoan ha detto che «ci sono margini per ragionare sugli strumenti e sugli incentivi, e sui legami tra sistema pensionistico e mercato del lavoro per migliorare le possibilità» sia di chi deve entrarvi sia di chi deve uscirne. Il governo è «sicuramente favorevole a un ragionamento complesso» sul tema delle pensioni e «aperto a fonti di finanziamento complementare». 

Gli ha fatto eco subito il sottosegretario Tommaso Nannicini spiegando che la flessibilità pensionistica può essere composta da un mix di misure. "Non parlerei di tornare indietro rispetto alla legge Fornero" ma si tratta di intervenire "all'interno di quella scelta". Nannicini si è spinto oltre spiegando come ci possano essere "tre casi diversi e soluzioni diverse per i tre casi", visto che ci può essere chi ha "la legittima preferenza ad andare via prima, chi ha la necessità ad andare via e ancora qualcuno altro per cui è l'azienda ad avere la necessità di turnover". "Se il costo è interamente a carico della finanza pubblica, al di là diverse proposte, siamo intorno ai 5 o 7 miliardi, a seconda dello sforzo, in termini di penalizzazioni, sul pensionato", ha aggiunto Nannicini. Il governo, spiega, "sta lavorando per dare maggiore flessibilità" tenendo "in ordine la finanza, con uno sforzo di creatività e soluzioni di mercato" accanto allo "sforzo pubblico". 

Le ipotesi sul tavolo di Palazzo Chigi sono principalmente tre. La prima, basata sulla proposta del Pd, primo firmatario Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro della Camera — è quella di introdurre un meccanismo che permetta di lasciare il lavoro a 62 anni di età e 35 di contributi, sia pure con una penalità dell'8% che si riduce fino a azzerarsi se si va via al raggiungimento della normale età pensionabile, cioè 66 anni e 7 mesi. E' l'ipotesi più accettabile da un punto di vista sociale anche se piuttosto costosa per le finanze pubbliche oltre che datata ormai (il ddl Damiano risale alla primavera del 2013 e pertanto un restyling sarà indispensabile). Per i lavoratori precoci, poi, ci sarebbe la possibilità di uscire anche a 41 anni di contribuzione a prescindere dall'età anagrafica. 

C'è poi il prestito pensionistico, un'idea elaborata dall'Ex ministro del lavoro, Enrico Giovannini, che consentirebbe di anticipare l'età pensionabile sino a due o tre anni rispetto ai requisiti vigenti. L'anticipo poi sarebbe restituito con dei micro prelievi una volta conseguito l'assegno previdenziale. Il Governo sta studiando, in particolare, una variante per coinvolgere le imprese in questo schema. 

Infine, l'altra ipotesi rilanciata dal consigliere economico del Pd, Yoram Gutgeld, è quella di estendere in favore di tutti i lavoratori l'opzione per il calcolo contributivo dell'assegno in cambio di un anticipo sull'età pensionabile. Qui si potrebbero ottenere anticipi molto piu' consistenti al prezzo però di un assegno decurtato anche del 25% rispetto alle regole del sistema misto. Una simile norma oggi già esiste ma è in esaurimento (è scaduta il 31 Dicembre 2015): si tratta della cd. opzione donna e riconosce la possibilità per le sole lavoratrici di accedere alla pensione con 57 anni e 3 mesi di età unitamente a 35 anni di contributi. Tale ipotesi potrebbe essere estesa anche ai lavoratori uomini ma avrebbe costi non trascurabili per lo Stato.

Con l'intervento potrebbero esserci dei correttivi anche per chiudere una volta per tutte i problemi degli esodati rimasti fuori dalle salvaguardie, la vicenda dei macchinisti delle ferrovie dello stato, la ricongiunzione onerosa e sterilizzare il drastico aumento dell'aliquota della gestione separata Inps per partite Iva e co.co.pro. che scatterà il prossimo anno. Altro fronte aperto è quello della previdenza complementare con l'obiettivo di tornare ad incentivare, da un punto di vista fiscale, gli assegni integrativi. 



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