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Parte il conto alla rovescia per il pagamento dell'acconto di Imu e Tasi. Le aliquote da applicare per la scadenza di Giugno, se il Comune non ha già deliberato, sono quelle relative al 2014.

Kamsin A giugno i contribuenti potranno versare gli acconti Imu e Tasi sulla base delle nuove aliquote deliberate dai Comuni per il 2015. Se le delibere non sono state approvate in tempo utile i contribuenti dovranno pagare gli acconti secondo le aliquote fissate dai Comuni nel 2014. Lo ricorda l'Ifel in una nota in cui ricorda che la Conferenza Stato Città ha approvato lo slittamento del termine per la deliberazione dei bilanci preventivi dei Comuni dal 31 maggio al 30 Luglio.

Al riguardo l'Ifel sottolinea che il nuovo termine ha quale naturale conseguenza che i Comuni e le Province potranno quindi intervenire nella disciplina di tutti i tributi propri fino alla fine di luglio, modificando aliquote e agevolazioni, ben oltre il termine per il pagamento dell’acconto IMU e Tasi, che è fissato dalla legge al 16 giugno. Si deve ricordare che tale situazione non determina alcuna incertezza negli adempimenti richiesti ai contribuenti, in quanto la legge prevede che il pagamento degli acconti di entrambi i tributi sia “eseguito sulla base dell’aliquota e delle detrazioni dei dodici mesi dell’anno precedente”, disciplina che ormai è consolidata (art. 13, co. 13-bis del dl 201 del 2011, per l’IMU; art.1, co. 688 della Legge di stabilità 2013, per la TASI).

In pratica il contribuente è in regola se versa l’acconto IMU e TASI entro il 16 giugno 2015, sulla base delle aliquote e delle detrazioni stabilite dal Comune per il 2014 (e risultanti sul sito del Ministero dell’economia e delle finanze), salvo poi procedere ad eventuale conguaglio in sede di saldo nel caso di variazioni delle aliquote e delle detrazione dei citati tributi, che dovranno essere pubblicate sul sito Mef dai Comuni, entro il 28 ottobre 2015. Nulla vieta, naturalmente, che, nel caso in cui il Comune abbia già deliberato in materia di aliquote e detrazioni IMU e Tasi, magari determinando condizioni più favorevoli rispetto al 2014, il contribuente possa far riferimento alle delibere relative a quest’anno anche per il pagamento dell’acconto.

Le delibere comunali 2014 sono consultabili presso il sito http://www1.finanze.gov.it/dipartimentopolitichefiscali/fiscalitalocale/IUC/sceltaregione.htm

seguifb

Zedde

L'Inps non potrà definire eventuali richieste di ricostituzione relative ai trattamenti pensionistici interessati dalla sentenza, fino all’adozione delle relative iniziative legislative.

Kamsin La Sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo il blocco per il biennio 2012-2013 dell'indicizzazione degli assegni superiori a 3 volte il trattamento minimo è formalmente in vigore ma i pensionati coinvolti non possono presentare domanda per la ricostituzione dell'assegno. Lo ha ricordato ieri l'Inps con un messaggio interno nel quale ha sgombrato il campo da eventuali dubbi. Tutto rimandato quindi: bisogna attendere un decreto legge (dovrebbe arrivare a giorni) nel quale saranno stabiliti tempi e modalità del rimborso. I 5 milioni di pensionati coinvolti nella misura quindi non dovranno fare praticamente nulla (nessun ricorso legale) perchè sarà l'Inps, come è accaduto in passato in situazioni analoghe, a corrispondere automaticamente gli importi sulla base di quanto verrà deciso dal Cdm.

La decisione del Governo introdurrà, è ormai scontato, una certa gradualità nella rivalutazione degli assegni: saranno pienamente rivalutati solo quelli inferiori ad un certo importo mentre oltre una determinata soglia si la percentuale che sarà riconosciuta sarà minore, ci sarà in pratica una rivalutazione parziale. E' lecito ad esempio immaginare che gli importi sino a 4 volte il minimo saranno indicizzati al 95%, quelli superiori a 5 volte al 50% e quelli superiori a 6 volte al 45% o in quota fissa. Si vedrà cosa sarà deciso. 

Per ora vale la pena di sottolineare che gli assegni interessati sono quelli superiori a 1.404 euro lordi nel 2011 e a 1.442 euro nel 2012 a carico dell'AGO e dei fondi esclusivi, integrativi e sostitutivi della stessa. Non sono invece coinvolti i pensionati che hanno ottenuto l'assegno dal 2013 in poi perchè il loro trattamento è stato indicizzato all'inflazione ai sensi della legge 147/2013 a partire dall'anno successivo. Costoro in pratica non hanno subito il "blocco" della Legge Fornero.

Occhio poi alla tassazione dei rimborsi. Le cifre in gioco non sono irrisorie come è possibile simulare dalla pagina dedicata del nostro portale: si parte da almeno 4mila euro per gli assegni piu' bassi sino a superare facilmente i 6-7 mila euro per gli assegni piu' ricchi. Le cifre riferibili ad anni precedenti e percepiti per effetto di sentenze saranno assoggettate a tassazione separata come prevede il testo unico delle imposte sui redditi. Ciò porterà un vantaggio fiscale in capo ai pensionati che percepiscono importi più elevati, poiché pagheranno l'aliquota media (in luogo dell'aliquota marginale) e non subiranno il prelievo a titolo di addizionale regionale e comunale. Invece le somme di competenza dello stesso anno in cui sono rimborsate saranno assoggettate alla tassazione ordinaria. Quindi, per esempio, se tutti gli importi dovessero essere restituiti quest'anno, quelli relativi al 2015 saranno assoggettati alla tassazione ordinaria e quelli tra il 2012 e il 2014 a tassazione separata.

Del resto la medesima situazione si è verificata in occasione della restituzione del contributo di solidarietà per gli anni 2011-2013. Alla tranche del 2013 restituita quell'anno è stata applicata la tassazione ordinaria; mentre alle tranche relative al 2011 e al 2012 si è applicata la tassazione separata.

Si ricorda inoltre che, al pari di quanto accade per i ratei di tredicesima non riscossi dal pensionato defunto, gli eredi legittimi del pensionato deceduto potranno riscuotere i ratei maturati per effetto dell'adeguamento con obbligo di presentazione della dichiarazione di successione.

seguifb

Zedde

All'attenzione del Ministro del Lavoro c'è la questione riguardante i lavoratori che fruivano nel corso del 2011 dei congedi e dei permessi per l'assistenza di familiari con disabilità.

Kamsin Il Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti risponderà giovedì 14 maggio in Commissione Lavoro alla Camera dei Deputati all'interrogazione sollevata dagli Onorevoli Fedriga e Simonetti (Lega Nord)  sull'insufficienza dei posti relativi ai lavoratori che assistevano disabili nel 2011 destinatari della IV e VI salvaguardia (atto 5-05507).

Da mesi - si legge nell'interrogazione - i cosiddetti «esodati legge 104» attendono una risposta circa il loro futuro previdenziale. Si tratta di quei lavoratori che nel 2011 erano in congedo o permesso per assistere familiari con disabilità, ai sensi dell'articolo 42, comma 5, del decreto legislativo n. 151 del 2001 e dell'articolo 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992, che avrebbero perfezionato i requisiti anagrafici e contributivi per la pensione con le regole antecedenti all'entrata in vigore del decreto-legge n. 201 del 2011 entro il 36o mese successivo all'entrata in vigore del decreto medesimo (6 gennaio 2015).

Il predetto articolo 42, comma 5, del decreto legislativo n. 151 del 2001, riguarda genitori, fratelli e sorelle conviventi in congedo per assistere persone con handicap grave, mentre l'articolo 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992 riguarda genitori, parenti o affini entro il terzo grado (figli, genitori, fratelli e sorelle, nonni, zii, nipoti, bisnipoti e bisnonni, suoceri, genero, nuora, cognati, zii del coniuge) di un bambino fino ai 3 anni di età con handicap grave che hanno usufruito dei permessi mensili di tre giorni per l'assistenza del parente.

Per costoro la salvaguardia era contenuta nell'articolo 11 del citato decreto-legge n. 102 del 2013, convertito dalla legge n. 124 del 2013 (cosiddetto «quarta salvaguardia»); tale platea era stata stimata in 2.500 unità, invece, lo stesso Inps ha certificato oltre 4.800 aventi diritto a fronte dei 2.500 posti disponibili, comunicando che detta platea si è esaurita consentendo di salvaguardare solo i lavoratori che maturino i requisiti entro il 31 ottobre 2012. Sono pertanto rimasti fuori dalla tutela i lavoratori che hanno maturato il requisito dal 1o novembre 2012 al 31 dicembre 2013.

Il Governo - proseguono i deputati - non ha ancora deciso come sanare questi esuberi della 4o salvaguardia, ignorando che ad essi si aggiungono nel tempo gli ulteriori 1.800 lavoratori in congedo dal 2011 (di cui all'articolo 2, comma 1, lettera d) della legge n. 147 del 2014) che perfezionano i requisiti pensionistici con le regole pre-riforma Fornero entro il 6 gennaio 2016.:

Pertanto - concludono i deputati -  si chiede se e ed in che termini il Governo intenda garantire gli «esodati legge 104» di cui alla IV salvaguardia in esubero rispetto ai posti disponibili senza vanificare le aspettative di coloro che, raggiungendo i requisiti entro il 6 gennaio 2016, rientrerebbero nella VI salvaguardia.

Seguifb

Zedde

L’INPS avverte che, in applicazione di quanto previsto dall’articolo 17, comma 13 della legge 31 dicembre 2009 n. 196, non potrà definire eventuali ricostituzioni relative ai trattamenti pensionistici interessati dalla sentenza, fino all’adozione delle relative iniziative legislative.

Kamsin Finchè il Governo non avrà deciso come rispondere alla Sentenza della Corte Costituzionale numero 70/2015 l'Inps non potrà ricevere alcuna domanda di ricostituzione degli assegni dei pensionati che presentassero istanza amministrativa da soli o tramite l'assistenza dei Caf. Lo precisa l'istituto con il messaggio inps 3135/2015 pubblicato ieri.

Sulla Gazzetta Ufficiale 1^ serie speciale - Corte Costituzionale - n. 18 del 6 maggio 2015 è stata pubblicata la sentenza della Corte Costituzionale n. 70 del 2015, che ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale dell’art. 24, comma 25, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214.

In particolare, la suddetta sentenza ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 24 comma 25 del citato decreto, nella parte in cui prevede che "in considerazione della contingente situazione finanziaria, la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall’art. 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, è riconosciuta, per gli anni 2012 e 2013, esclusivamente ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS, nella misura del 100 per cento".

Ciò premesso, l'Istituto, in applicazione di quanto previsto dall’articolo 17, comma 13 della legge 31 dicembre 2009 n. 196, non potrà definire eventuali richieste di ricostituzione relative ai trattamenti pensionistici interessati dalla sentenza, fino all’adozione delle relative iniziative legislative.

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Zedde

Dal 2016 le lavoratrici dipendenti vedranno allungarsi la pensione di quasi due anni. Si passerà da 63 anni e 9 mesi a 65 anni e 7 mesi. E dal 2018 saranno necessari 66 anni e 7 mesi.

Kamsin Procedono le discussioni all'interno dell'esecutivo su come gestire la valanga di rimborsi scatenati dalla Consulta. La Corte ha bocciato la norma che congelava la rivalutazione all'inflazione nel biennio 2012-2013 delle pensioni superiori a tre volte il minimo inps (1.404 euro circa) aprendo, in teoria, alla possibilità di ricalcolare tutti gli assegni, anche quelli piu' elevati (qui è possibile simulare quanto deve essere restituito ai pensionati). Ancora pochi giorni e si saprà ufficialmente come il Governo intenderà affrontare la questione anche se la linea appare piuttosto tracciata: si andrà verso una restituzione parziale e dilazionata nel tempo (cioè a rate) modificando le norme del decreto 201/2011 bocciato dalla Consulta.

Molto probabile che le pensioni superiori a 6 volte il minimo (oltre 3mila euro) resteranno o del tutto bloccate o saranno rivalutate solo al 45% (come prevede l'attuale legge 147/2013) mentre si procederà ad una indicizzazione decrescente per la fascia intermedia (del 95% per lo scaglione superiore a 1500 euro; 75% sopra i 2mila euro e 50% sopra i 2500 euro). Una strada giuridicamente accettabile perchè la Sentenza della Consulta non impedisce al legislatore di intervenire nuovamente in materia e che consentirebbe allo stesso tempo il rispetto dei vincoli di bilancio presi con l'Ue. Con il decreto o comunque entro fine anno si dovrà inoltre rimettere mano alle regole di indicizzazione attuali che scadono a fine 2016.

“Il Governo – ricorda il Presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano – puo’ trovare le soluzioni piu’ appropriate, purche’ siano nel rispetto della Costituzione. Nel 2007 il Governo Prodi blocco’ per un anno l’indicizzazione delle pensioni otto volte il minimo, redistribuendo il risparmio di 1,4 miliardi per correggere lo scalone Maroni, migliorare la normativa sui lavori usuranti e istituire la quattordicesima mensilita’ a vantaggio dei pensionati piu’ poveri, quelle fino a 700 euro al mese. La Corte approvo’ la misura”. “Quello che noi chiediamo con forza al Premier Renzi – prosegue il presidente della Commissione Lavoro – e’ di convocare i sindacati confederali dei pensionati al fine di non commettere nuovi errori e di svolgere una valutazione complessiva sulle correzioni da apportare al sistema previdenziale”.

Molti esponenti del Pd e delle opposizioni chiedono comunque di cogliere al volo l'occasione offerta dalla Consulta per rimettere mano alla legge Fornero che "ormai fa acqua da tutte le parti" come ha sottolineato ieri Maria Luisa Gnecchi (Pd). Sono troppi - ricorda la Gnecchi - i fronti aperti che devono essere affrontati a partire dal tema dell'età pensionabile delle lavoratrici (con l'eliminazione dello scalone Fornero) e della flessibilità in uscita passando per il tema delle ricongiunzioni e dei lavoratori esodati. 

"Dal 2016 - ricorda la Gnecchi - se non si interverrà le lavoratrici dipendenti del privato passeranno da 63 anni e 9 mesi a 65 anni e sette mesi, quasi due anni in piu' in un colpo solo; le autonome e le parasubordinate passeranno da 64 anni e 9 mesi a 66 anni ed un mese; le dipendenti pubbliche da 66 anni e 3 mesi a 66 anni e 7 mesi. Non solo. La stretta sarà ancora piu' micidiale perchè nello stesso giorno arriverà a scadenza l'opzione donna, quel meccanismo, è già indebitamente compresso da alcune interpretazioni dell'Inps, introdotto dalla legge 243/04, che consente alle lavoratrici di optare per il calcolo contributivo in cambio della pensione a 57 anni. Il regime, secondo la legislazione vigente, si chiude il prossimo 31 dicembre 2015. Questa stretta dovrà essere allentata perchè è insostenibile".

Sulla stessa lunghezza d'onda Damiano che ricorda al Governo di evitare di procedere da solo e si renda conto che la riforma di Monti non regge piu’ perche’ ha generato troppe situazioni di ingiustizia: dalle indicizzazioni all’innalzamento repentino e rigido dell’eta’ pensionabile che va cambiato inserendo un criterio di flessibilita’ nel sistema, a partire dai 62 anni di eta’”. 

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Zedde

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