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Pensioni, La Consulta dimostra come sia indispensabile intervenire sul welfare. L'opinione
L'idea è del presidente di Cts Itinerari Previdenziali. Introdurre un prelievo generalizzato e crescente su tutti gli assegni per incentivare le nuove assunzioni di giovani.
Kamsin La sentenza della Corte costituzionale che ha annullato la deindicizzazione delle pensioni oltre tre volte il minimo introdotta dalla legge Fornero, può essere un'opportunità per ripensare a come fare per generare un migliore equilibrio tra pensioni e lavoro.
Il ragionamento si basa su alcuni presupposti: 1) il nostro sistema previdenziale è a ripartizione il che significa che con i contributi dei lavoratori attivi si pagano le pensioni; 2) come ogni sistema a ripartizione anche il nostro sottende un patto generazionale cioè una garanzia che ogni generazione consentirà a quella che l'ha preceduta di percepire la pensione; 3) i tassi di occupazione nel nostro paese sono molto bassi; 4) il cuneo fiscale è elevatissimo: siamo al primo posto per contributi sociali e nelle prime 5 posizioni per carico fiscale; 5) è fuor di dubbio che tutte le pensioni calcolate con il metodo retributivo siano assai più generose (soprattutto perché consentivano ampi spazi di evasione ed elusione) rispetto a quelle contributive; 6) il sistema pensionistico ora è certamente in equilibrio ma per reggere nel tempo ha necessità che l'economia migliori, che ci sia più sviluppo e maggiore occupazione.
Lo capiscono tutti che se negli anni della crisi abbiamo perso più di un milione di posti di lavoro significa che abbiamo 1 milione di persone che non versano più i contributi e quindi il sistema soffre e va in deficit, anche a causa della generosità delle citate pensioni retributive. Quindi ricapitolando: abbiamo scarsi livelli di occupazione dovuti anche all'eccessivo carico contributivo e fiscale mentre per mantenere l'apparato pensionistico/assistenziale occorrerebbe una maggiore occupazione soprattutto per la parte giovani (fino ai 29 anni) e per la «coda» cioè per gli over 55, troppo giovani per la pensione e spesso troppo costosi per restare al lavoro. Per inciso nel 2013 il costo complessivo del sistema che impropriamente chiamiamo pensionistico vale 280 miliardi di cui i due terzi sono pensioni e un terzo assistenza pura. Alla fiscalità generale il sistema è costato circa 100 miliardi.
Cosa possiamo fare? Conviene ai pensionati pagare qualcosa di più per garantirsi sia il patto intergenerazionale sia più semplicemente la loro pensione?La Corte costituzionale potrebbe avvallare un provvedimento che si ponga l'obiettivo di favorire un aumento dell'occupazione sia under sia over e quindi di rendere più sostenibile il bilancio prettamente previdenziale e quello assistenziale?
Considerando che con il Jobs Act si sono create le premesse per un aumento dell'occupazione si potrebbero fare due proposte: a) prevedere che per tutte le 23,3 milioni di prestazioni in pagamento l'indicizzazione ai prezzi sia pari al 90%; b) introdurre un contributo di solidarietà su tutte le prestazioni, anche assistenziali, generate dal metodo retributivo; ricordo che per i «poveri» contributivi cioè i giovani che hanno iniziato a lavorare dal 1996 non sono più previste ne le maggiorazioni sociali né le integrazioni al minimo di cui oggi godono oltre 4,6 milioni di pensionati su 16,3 milioni, un numero enorme di persone che in 65 anni di vita hanno pagato pochi contributi e forse pochissime tasse (che non pagano neppure oggi su queste prestazioni) e che gravano prevalentemente sulle giovani generazioni.
Il contributo sarà basso, ad esempio, dello 0,5% sulle pensioni fino al minimo (circa 2,5 euro al mese) per arrivare a percentuali più consistenti al crescere degli assegni. A seconda delle percentuali si potrebbero incassare tra i 5 e 7 miliardi l'anno; per fare cosa? Semplice, per creare incentivi fiscali finalizzati sia all'assunzione degli under 29 sia degli over 55. Gli incentivi andrebbero a sostituire l'attuale decontribuzione prevista nel Jobs Act peri prossimi 3 anni sulle assunzioni con il contratto a tutele crescenti. Ricordo che quando venne eliminata la decontribuzione per le regioni del Mezzogiorno a seguito delle previsioni europee fu un disastro per il Sud.
E' più che prevedibile che anche alla scadenza del triennio ciò accada; non succederebbe se gli incentivi fiscali (un'Irap positiva, cioè più assumi e più sconti fiscali hai) fossero stabili. Un aumento dell'occupazione, avrebbe il merito di aumentare i livelli di contribuzione e ridurre le spese per gli ammortizzatori sociali. Eliminerebbe in radice tutte le richieste di sussidi (reddito minimo e così via) e genererebbe un circolo virtuoso (meno gente che si rifugia nell'assistenza e più lavoratori). Con i 5/7 miliardi si può fare molto per l'occupazione soprattutto quella under, over e femminile. Credo che essendo un provvedimento (molto impopolare per la politica) utile al Paese e gravante sull'intera collettività di coloro che hanno interesse a mantenere l'equilibrio del sistema previdenziale (cioè la loro pensione), la Consulta potrebbe accettarlo.
seguifb
Zedde
Dis-Coll 2015, via libera alla presentazione online delle domande
Da oggi le domande volte ad ottenere l’indennità di disoccupazione per i lavoratori con contratti di collaborazione coordinata e continuativa o a progetto, che hanno cessato l’attività dal 1 gennaio 2015 e sono rimasti senza lavoro saranno potranno essere presentate per via telematica. La nuova misura è prevista dall’art. 15 del D.Lgs.4 marzo 2015 n.22, come illustrato dalla circolare numero 83 del 27 aprile 2015. Lo Comunica l'Inps in una nota.
La domanda si può inviare online tramite il nuovo servizio DIS-COLL, pubblicato in Servizi online e accessibile con Pin dispositivo, dal percorso Accedi ai servizi>Servizi per il cittadino (Pin)> Invio domande di prestazioni a sostegno del reddito (Sportello virtuale per i servizi di informazione e richiesta di prestazione)>ASpI, disoccupazione, mobilità e trattamento speciale edilizia> DIS COLL.
L'dentikit della nuova indennità. L'indennità di disoccupazione per i collaboratori coordinati e continuativi sarà operativa solo per il 2015 in via sperimentale. Ne avranno diritto i collaboratori coordinati e continuativi con o senza modalità a progetto, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata, non pensionati e privi di partita Iva, che abbiano perduto involontariamente l'occupazione nel periodo che va dal 1° gennaio al 31 dicembre del 2015.
Requisiti. Per il diritto alla Dis-Coll, nel 2015, occorrerà essere in possesso congiuntamente dei seguenti requisiti: a) stato di disoccupazione al momento della domanda; b) almeno tre mesi di contributi tra il 1° gennaio 2014 e il giorno di disoccupazione; c) almeno un mese di contributi oppure un rapporto di collaborazione di durata di almeno un mese (purché con compenso pari ad almeno 649 euro, cioè la metà dell'importo che dà diritto all'accredito di un mese di contribuzione nel 2015).
La Misura. La misura della DisColl dipenderà dal reddito dichiarato ai fini previdenziali (ciò in base al principio, comune anche alla Naspi, per cui chi più paga contributi ha diritto a prestazioni più pesanti). In particolare, la misura sarà pari al 75% del reddito dichiarato ai fini contributivi per l'anno della cessazione dal lavoro e per quello precedente, diviso per il numero di mesi di contributi, con i seguenti limiti: se il reddito medio non supera i 1.195 euro mensili, l'indennità sarà pari al 75 per cento di tale reddito; se si superano i 1.195 euro mensili l'indennità sarà pari al 75 per cento di tale reddito più il 25 per cento della differenza tra reddito medio e 1195.
L'indennità mensile, in ogni caso, non potrà superare i 1.300 euro mensili, l'importo, inoltre, andrà ridotto progressivamente di un 3 per cento a partire dal quarto mese di fruizione dell'ammortizzatore.
La Durata. La tutela spetterà, infine, per un numero di mesi pari alla metà di quelli di contributi accreditati dal primo gennaio 2014 al giorno di cessazione dal lavoro.
Qualora il beneficiario si impieghi con rapporto di lavoro subordinato, l'indennità viene sospesa d'ufficio a seguito della comunicazione obbligatoria presentata dal datore di lavoro. Se il periodo di sospensione duriameno di cinque giorni l'indennità riprende a decorrere dal momento in cui era rimasta sospesa.
seguifb
Zedde
Pensioni, Renzi: partita complessa. Serve piu' tempo per decidere
"La Corte costituzionale ha deciso che una norma del governo Monti, la mancata indicizzazione delle pensioni, è incostituzionale, ma non dice che il governo deve pagare domani mattina tutto". Lo ha detto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, nel corso del videoforum di Repubblica.it. Kamsin "Nei prossimi giorni verificheremo le carte, prendiamoci il tempo necessario per evitare di fare errori - ha aggiunto Renzi - sulle pensioni non si possono sparare cifre a casaccio".
"Troveremo il modo per tenerci dentro le regole europee, troveremo una soluzione per rimanere credibili a livello europeo - ha sottolineato il premier -. Il problema è ampiamente nella nostra capacità di risolverlo".
Damiano: “I temi della diseguaglianza sociale, che stiamo sollevando da tempo, sono finalmente balzati agli onori delle cronache". “L’elenco dei problemi e’ purtroppo lungo – spiega Damiano – e comprende: nuova indicizzazione delle pensioni, dopo la sentenza della Consulta (il costo, secondo la CGIA di Mestre, ammonterebbe a 16 miliardi di euro); reddito minimo o di cittadinanza ( se si volesse dare un assegno di 600 euro al mese ad un milione di persone senza lavoro, la spesa strutturale annua ammonterebbe a 7 miliardi e 200 milioni di euro e attualmente i disoccupati superano quota 3 milioni); adeguamento delle pensioni “incapienti”, quelle che arrivano fino a 600 euro al mese e che riguardano circa 6 milioni di pensionati; soluzione del problema degli “esodati” non compresi nei 170.000 salvaguardati (le risorse in questo caso ci sono per una soluzione, anche se parziale, utilizzando i risparmi del Fondo appositamente costituito); introduzione di un criterio di flessibilita’ nel sistema pensionistico per consentire, soprattutto a chi e’ rimasto senza lavoro, di poter andare in pensione a partire dai 62 anni di eta’ (anche in questo caso sarebbero necessari alcuni miliardi di euro)”.
” La massa e l’urgenza dei problemi sociali irrisolti e’ enorme e richiede risorse attualmente non disponibili. Occorre una attenta regia da parte del Governo con il pieno coinvolgimento del Parlamento e delle parti sociali per l’individuazione di priorita’ condivise. Scegliere da soli sara’ moderno, ma si commettono troppi errori”
seguifb
Zedde
Statali, la Conferenza unificata approva le tabelle di equiparazione per la mobilità
Le tabelle di equiparazione servono a disciplinare i trasferimenti dei dipendenti pubblici nei casi di mobilità non volontaria fra diversi comparti. Per la mobilità volontaria si applicano invece in automatico le regole dell'ente di destinazione
Kamsin Il decreto per regolare la mobilità dei dipendenti pubblici, con le relative tabelle di equiparazione che dovrebbero permettere di inquadrare il lavoratore nella nuova amministrazione con una retribuzione il più possibile vicina a quella di provenienza ha ricevuto l'ok della Conferenza Unificata ed attende ora il via libera della Corte dei Conti. Per poi essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Si avvia dunque a compimento uno dei tasselli fondamentali della Riforma Madia della scorsa estate, un provvedimento che sarà utilizzato in primis per trasferire i dipendenti in esubero nelle province nelle altre amministrazioni dello stato.
Il meccanismo. L'obiettivo del dpcm è quello di regolare i passaggi fra enti pubblici caratterizzati da contratti diversi, sia attraverso mobilità volontaria che obbligatoria. Per farlo il decreto contiene le cd. tabelle di equiparazione, che traducono l'inquadramento di provenienza del dipendente in quello della sua possibile destinazione (qui è disponibile il testo in anteprima). Attraverso queste tabelle, ad esempio, un lavoratore in un comparto della pubblica amministrazione potrà essere trasferito, volontariamente o d'ufficio, presso un'altra amministrazione pubblica in cui si registri una carenza d'organico. Il tutto con l'obiettivo di garantire al lavoratore il mantenimento del medesimo livello retributivo.
Se nessun problema viene in evidenza nella mobilità volontaria, in quanto al dipendente si applica il trattamento giuridico ed economico dell'ente di destinazione, il vero nodo, contestato dalla parte sindacale, è il meccanismo che regola il trattamento economico in caso di mobilità non volontaria e, quindi, quella che si verifica per accordo fra enti e quella disposta per riassorbire gli esuberi. In siffatti casi l'articolo 3 del Dpcm garantisce al lavoratore "trasferito" il trattamento economico e accessorio ove piu' favorevole, solo sulle voci fisse e continuative corrisposte dall'amministrazione di provenienza. Una definizione aleatoria in quanto tali voci non sono facilmente individuabili all'interno del trattamento economico fondamentale ed in quello accessorio.
Ma a prescindere dalla classificazione delle voci un altro passaggio duramente contestato è che il trattamento di miglior favore in godimento nell'ente di partenza viene garantito al dipendente con un assegno ad personam, che, però, ha natura riassorbibile con qualsiasi futuro aumento stipendiale. Questo significa che il dipendente si vedrà bloccata la sua retribuzione per anni, stante l'andamento dei rinnovi contrattuali e dei fondi per le risorse decentrate. Non solo. Il trattamento di miglior favore sarà riconosciuto solo in caso sia individuata la relativa copertura finanziaria, anche a valere sulle facoltà assunzionali dell'ente.
In concreto, nei procedimenti di mobilità non volontaria, rischia quindi di non essere tutelata la progressione in carriera conseguita dai lavoratori in ragione della professionalità posseduta, requisito ritenuto finora equivalente al possesso del titolo di studio nei percorsi di riqualificazione professionale e di progressione verticale.
Una disposizione particolare è prevista per i segretari comunali e provinciali di fascia C, che dovranno essere collocati nella categoria o nell'area professionale più elevata presente nell'amministrazione di destinazione.
seguifb
Zedde
Pensioni 2015, uscita a 64 anni estesa anche ai dipendenti pubblici? Ci riprova la Lega
La Lega Nord ripropone con la settima salvaguardia una misura che consentirebbe ai dipendenti pubblici di un pensionamento anticipato all'età di 64 anni a condizione di aver centrato la quota 96 entro il 2012.
Kamsin Riconoscere ai dipendenti pubblici che hanno maturato la quota 96 entro il 31 dicembre 2012 la possibilità di uscita a 64 anni. Alla stregua di quanto è stato garantito ai lavoratori del settore privato dalla legge fornero (all'articolo 24, comma 15-bis del Dl 201/2011). Ed eliminare la restrizione secondo la quale, per poter avvalersi della Deroga, si debba essere titolari di un rapporto di lavoro al 28 dicembre 2011. E' quanto prevede un passaggio del disegno di legge numero 3002 depositato dalla Lega nord la scorsa settimana in Commissione Lavoro alla Camera dei Deputati.
La modifica proposta interviene sull'alinea del comma 15-bis dell'articolo 24 del Dl 201/2011 sostituendola con la seguente dicitura: «in via eccezionale, per tutti i lavoratori le cui pensioni sono liquidate a carico dell’assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, ancorché non titolari di un rapporto di lavoro alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto».
Una nota diffusa ieri dal partito guidato da Salvini ricorda che la proposta mette la parola fine ad una discriminazione ingiustificata che hanno subito gli statali rispetto a quanto, la stessa Fornero, aveva riconosciuto ai lavoratori del settore privato. «Con la nostra proposta qualsiasi dipendente pubblico che abbia raggiunto 60 anni e 36 di contributi (oppure 61 anni e 35 di contributi) entro il 31.12.2012 potrà uscire al compimento di 64 anni e 3 mesi (64 anni e 7 mesi dal 1° gennaio 2016 ndr,) con un anticipo di due anni rispetto alle regole attuali. Per le lavoratrici basteranno 60 anni e 20 anni di contributi, sempre da possedere entro il 31 dicembre 2012».
Novità ci sono anche per il settore privato con la soppressione del requisito, posto come condizione per attivare questo canale di uscita anticipata, che il lavoratore dovesse avere un rapporto di lavoro attivo al 28 dicembre 2011. «Questa vincolo, inserito occultamente dall'Inps, ha determinato l'esclusione dal beneficio proprio delle fasce piu' deboli, che avevano perso il lavoro prima della Riforma Fornero, e che, per diversi motivi, sono rimaste fuori dalle salvaguardie» sottolineano dalla Lega.
Resta da vedere cosa dirà la Commissione Lavoro della Camera e soprattutto il Governo. Il recente pronunciamento della Consulta rischia infatti di mettere a repentaglio qualsiasi ulteriore intervento sul capitolo previdenza che lo stesso Governo aveva annunciato nelle scorse settimane.
Seguifb
Zedde
Altro...
Statali, per le visite mediche si potranno fruire di speciali permessi ad ore
Una sentenza del Tar riconosce piena specificità ai permessi legati all'effettuazione di visite mediche, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici.
Kamsin Prevedere una tipologia di permessi ad hoc per visite specialistiche, che pur rientrando sotto la voce 'malattia', dia la possibilità di usufruirne ad ore. È questa l'ipotesi di compromesso che circola sul tavolo della trattativa tra Aran e sindacati per la definizione di un accordo quadro chiamato "pacchetto sociale".
La soluzione serve a risolvere il problema originato dalla sentenza del Tar del Lazio dello scorso 17 Aprile che ha annullato la circolare della Funzione Pubblica secondo cui, per le visite, si deve ricorrere ai tre giorni di permesso retribuito l'anno per motivi personali o addirittura alle ferie e non alla malattia. La vicenda verteva sulla corretta interpretazione del comma 5 ter dell'articolo 55 septies del D.Lgs 165/2011 con il quale è stata riconosciuta la possibilità di fruire di permessi retribuiti nel caso in cui l'assenza per malattia abbia luogo per l'espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche o esami diagnostici. Il ministero della Funzione pubblica, con la circolare 2 del 17 febbraio 2014, nel riconoscere tale novella, tuttavia, aveva fatto rientrare tali permessi nei limiti quantitativi previsti dalla legge e regolati dai contratti collettivi di lavoro per le altre tipologie di permesso come i permessi per motivi personali, per le malattie brevi ed, infine, alle ferie comprimendo, nei fatti, i periodi di fruizione di tali periodi per il lavoratore.
La sentenza del Tar ha riconosciuto invece piena specificità ai permessi legati all'effettuazione di visite mediche, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici. Che dunque possono essere fruiti senza dover comprimere i periodi di permesso riconosciuti da altre norme di legge o dai contratti collettivi di lavoro come quelli per i motivi personali o di famiglia, i permessi brevi ed ancora le ferie.
Nel dispositivo della sentenza n. 5714 del 2015, i giudici del tribunale amministrativo laziale hanno chiarito che la norma è stata annullata «perché si erano spesso riscontrate anomalie nel ricorso all'istituto della assenza per malattia da parte dei pubblici dipendenti in caso di visite specialistiche o di terapie di breve durata». Tuttavia se è vero che qualcuno ne ha approfittato, il ministero della Funzione pubblica, secondo i giudici, avrebbe reagito con una circolare troppo pesante stabilendo che «per l'effettuazione di visite, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici il dipendente deve fruire dei permessi». Una «ingiustizia manifesta», secondo il ragionamento sviluppato da Cgil in quanto «i permessi hanno una finalità del tutto diversa da quella relativa alla cura dello stato di salute».
La possibile soluzione dei "permessi malattia ad ore" imprime adesso un'accelerazione alla trattativa Aran-sindacati, aperta in autunno, in base a un atto di indirizzo del ministero della Pa. Il tavolo vede diversi punti in discussione, tra cui: la disciplina delle assenze per malattia conseguenti agli effetti delle terapie salvavita; il riconoscimento dei permessi per motivi di studio anche al personale assunto a termine e il contingentamento dei permessi su base oraria.
seguifb
Zedde
Riforma Pensioni, Damiano: ok a rimborsi per fasce di reddito se si introduce flessibilità
“Suggerisco al premier Renzi, al fine di evitare nuovi errori come capitato a Monti, di affrontare questo tema con le parti sociali, e in particolare con i sindacati confederali dei pensionati, per trovare la soluzione piu’ adeguata”. Kamsin Lo dice il presidente della commissione Lavoro, Cesare Damiano, interpellato sul caso pensioni aperto con la sentenza della Corte Costituzionale. “Il governo – dice Damiano – deve applicare il dispositivo della Consulta” ma “naturalmente esistono diverse modalita’ per farlo, come abbiamo gia’ verificato nel passato a partire dal governo Prodi, passando poi per Monti e Letta”. Al tempo del governo Prodi, ricorda, “da ministro del Lavoro ho sterilizzato per 1 anno l’indicizzazione delle pensioni per quelle 8 volte il minimo, circa 4mila euro lordi mensili, assegni cioe’ medio alti anche se non d’oro”.
Le risorse, circa 1,4 miliardi “sono state destinate a pagare in parte il costo della revisione dello scalone Maroni, a introdurre norme in favore dei lavori usuranti, per i quali finalmente fu finanziato un fondo, e a istituire una quattordicesima mensilita’ per i pensionati piu’ poveri, fino a 700 euro lordi mensili”. La Consulta “riconobbe il rispetto dei principi costituzionali in quanto la misura interessava pensioni non basse, che non soffrivano in modo particolare per il blocco, e ne riconobbe il fine solidaristico e redistributivo”. Letta invece, aggiunge, “modulo’ l’intervento per fasce di reddito. Soluzioni, insomma, ci possono essere, l’importante e’ che il governo non prescinda dal dettato costituzionale dell’adeguatezza e della solidarieta’.
Come affermiamo da tempo, inoltre, la riforma delle pensioni targata Monti non regge piu’: non solo per le indicizzazioni, ma anche per il repentino innalzamento dell’eta’ pensionabile oltre i 66 anni di eta’ che sta bloccando il turnover nelle aziende a danno dell’occupazione dei giovani e creando nuovi poveri tra coloro che perdono il lavoro e debbono aspettare anche 5 o 6 anni per andare in pensione”, conclude Cesare Damiano.
seguifb
Zedde
Pensioni, rimborsi graduali a partire da Giugno. Decreto venerdì in Cdm?
Il governo sta anche pensando di alzare l'asticella della rivalutazione piena un po' sopra la soglia di tre volte il minimo, cioè 1.500 euro lordi al mese.
Kamsin L'aumento delle pensioni superiori a 1.500 euro lordi al mese, legato al recupero dell'inflazione nel biennio 2012-2013, potrebbe arrivare con un decreto legge già venerdì prossimo e l'erogazione degli arretrati avverrebbe così tra giugno e luglio. Pagare tutto è impossibile (il conto sarebbe di oltre 14 miliardi) e il ministro dell'Economia lo ha detto chiaramente: i rimborsi saranno parziali e progressivi, privilegiando le pensioni più basse e tenendo conto del reddito. Dovrebbe essere stabilito un tetto massimo oltre il quale non scatterebbe il rimborso e, in aggiunta, potrebbe anche essere introdotto un contributo di solidarietà sugli assegni d'oro. Per il governo, almeno al momento, sarebbe un obiettivo politico. Su cui incombono ancora alcuni nodi tecnici da sciogliere, a cominciare dai tempi di cui l'Inps avrà bisogno per adeguare i sistemi e disporre il pagamento dei nuovi importi.
Ma il governo ormai ha deciso di dare una forte accelerazione alla soluzione del problema aperto dalla sentenza con la quale la Corte Costituzionale ha bocciato il blocco delle pensioni disposto dal governo Monti. Come ha annunciato ieri in un'intervista al Messaggero il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, già questa settimana sul tavolo del consiglio dei ministri arriverà un decreto che introdurrà dei rimborsi «selettivi» in grado di assicurare la «progressività» e la «temporaneità» richieste dalla Consulta. Un'accelerazione imposta anche dalla reazione europea alla decisione dei supremi giudici italiani. Anche l'Ue guarda infatti con sospetto l'intervento richiesto dalla Corte Costituzionale. La Commissione vuole capire l'impatto quantitativo sui conti pubblici della mina pensioni e, nelle raccomandazioni mercoledì, metterà l'Italia sotto osservazione. Un faro che ha impresso un'accelerazione al dossier, tanto che il ministro Padoan ieri ha annunciato un decreto risolutivo già in settimana.
All'impatto sui conti dello Stato sarà legata anche la possibilità per l'Italia di utilizzare gli spazi di flessibilità. Una questione che preoccupa il governo fino ad un certo punto. «Lavoreremo per rispettare sia la sentenza che gli impegni verso i partner europei», hanno fatto sapere fonti del Tesoro.
seguifb
Zedde
Pensioni, Padoan: il rimborso degli assegni non sarà per tutti
Il Ministro dell'Economia PierCarlo Padoan conferma l'arrivo di un decreto che rimodulerà la rivalutazione degli assegni interessati dalla Sentenza della Consulta a seconda dell'importo.
Kamsin Se si dovesse ripristinare totalmente l'indicizzazione sulle pensioni, l'Italia si troverebbe a violare simultaneamente il vincolo del 3%, l'aggiustamento strutturale e la regola del debito. Quest'ultimo, che sta iniziando a scendere, ricomincerebbe a salire" e "la Commissione ci metterebbe immediatamente in procedura d'infrazione sia per il deficit che per il debito". A dirlo in una intervista al Messaggero è il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan.
La questione va risolta "prima possibile", aggiunge il ministro. Ma "non ripristineremo totalmente l'indicizzazione, lo faremo in modo parziale e selettivo. Progressività e temporaneità, come dice la Corte, vuol dire evidentemente che sono le pensioni più basse che devono essere protette più di quelle alte" conclude Padoan.
Padoan non lascia dubbi quindi sulla restituzione solo parziale anche se non fornisce alcuna indicazione sulle soglie. Per il momento l'ipotesi piu' accreditata è l'applicazione delle regole introdotte dalla legge 147/2013 (valide dal 1° gennaio 2014) anche al biennio 2012-2013. Il risultato sarebbe che gli assegni superiori a 3 volte il minimo sarebbero rivalutati al 95%, quelli superiori a 4 volte al 75%, quelli superiori a 5 volte al 50%, quelli superiori a 6 volte al 45% o in quota fissa.
Sul piede di guerra Federmanager che annuncia un nuovo ricorso contro il decreto governativo se non saranno indicizzate in misura piena tutte le pensioni superiori a 5 volte il minimo: "L'importante è salvaguardare il principio che anche le pensioni medio-alte siano protette dall'inflazione" ricorda Giorgio Ambrogioni, Presidente dell'Associazione: "faccio presente che dal '98 le nostre pensioni hanno perso il 15-20%".
seguifb
Zedde
Imu / Tasi 2015, contribuenti alla cassa entro il 16 giugno per l'acconto
Parte il conto alla rovescia per il pagamento dell'acconto di Imu e Tasi. Le aliquote da applicare per la scadenza di Giugno, se il Comune non ha già deliberato, sono quelle relative al 2014.
Kamsin A giugno i contribuenti potranno versare gli acconti Imu e Tasi sulla base delle nuove aliquote deliberate dai Comuni per il 2015. Se le delibere non sono state approvate in tempo utile i contribuenti dovranno pagare gli acconti secondo le aliquote fissate dai Comuni nel 2014. Lo ricorda l'Ifel in una nota in cui ricorda che la Conferenza Stato Città ha approvato lo slittamento del termine per la deliberazione dei bilanci preventivi dei Comuni dal 31 maggio al 30 Luglio.
Al riguardo l'Ifel sottolinea che il nuovo termine ha quale naturale conseguenza che i Comuni e le Province potranno quindi intervenire nella disciplina di tutti i tributi propri fino alla fine di luglio, modificando aliquote e agevolazioni, ben oltre il termine per il pagamento dell’acconto IMU e Tasi, che è fissato dalla legge al 16 giugno. Si deve ricordare che tale situazione non determina alcuna incertezza negli adempimenti richiesti ai contribuenti, in quanto la legge prevede che il pagamento degli acconti di entrambi i tributi sia “eseguito sulla base dell’aliquota e delle detrazioni dei dodici mesi dell’anno precedente”, disciplina che ormai è consolidata (art. 13, co. 13-bis del dl 201 del 2011, per l’IMU; art.1, co. 688 della Legge di stabilità 2013, per la TASI).
In pratica il contribuente è in regola se versa l’acconto IMU e TASI entro il 16 giugno 2015, sulla base delle aliquote e delle detrazioni stabilite dal Comune per il 2014 (e risultanti sul sito del Ministero dell’economia e delle finanze), salvo poi procedere ad eventuale conguaglio in sede di saldo nel caso di variazioni delle aliquote e delle detrazione dei citati tributi, che dovranno essere pubblicate sul sito Mef dai Comuni, entro il 28 ottobre 2015. Nulla vieta, naturalmente, che, nel caso in cui il Comune abbia già deliberato in materia di aliquote e detrazioni IMU e Tasi, magari determinando condizioni più favorevoli rispetto al 2014, il contribuente possa far riferimento alle delibere relative a quest’anno anche per il pagamento dell’acconto.
Le delibere comunali 2014 sono consultabili presso il sito http://www1.finanze.gov.it/dipartimentopolitichefiscali/fiscalitalocale/IUC/sceltaregione.htm
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Zedde

