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Riforma Pensioni, alla Camera la proposta per gli sportivi professionisti
E' stata presentata alla Camera la proposta di legge per uniformare i criteri di accesso alla pensione per gli sportivi professionisti. Prevista anche l'applicazione dell'indennità di disoccupazione e degli assegni familiari.
Kamsin Recentemente, su iniziativa di alcuni deputati, è stata presentata una proposta di legge riguardante l'aspetto previdenziale ed assistenziale per gli sportivi professionisti. Si tratta della pdl 2689, prima firmataria l'onorevole Maria Luisa Gnecchi (Pd). Avendo presenti i provvedimenti legislativi precedenti, si può affermare che la grande maggioranza di questa categoria è rappresentata dai calciatori. E subito da precisare che il fondo previdenziale degli sportivi professionisti inizialmente gestito dall'Enpals (Ente per i Lavoratori dello Spettacolo) è stato in seguito trasferito all'Inps (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale).
Gli onorevoli presentatori della proposta di legge ammettono (che questo ci lascia un po' perplessi) che le loro conoscenze sul mondo degli atleti professionisti sono da sempre limitate a quanto viene riportato dalle televisioni e dai quotidiani circa "performance" che questi atleti ci regalano in occasioni di competizioni sportive nazionali ed internazionali. Dichiarano poi che in altri momenti apprendono notizie sulla vita di questi atleti attraverso le storie di "gossip" diffuse dai giornali, oppure li vedono, soprattutto quelli più famosi, negli spot pubblicitari.
Precisano però che un articolo apparso ancora nel marzo 2014 sul quotidiano "La Repubblica" ci rappresenta invece l'altra faccia di questo mondo; ci parla di migliaia di ragazzi, perché tali ancora possano essere definiti, che sono stati espulsi dal mondo dello sport, anche prima di aver compiuto i 30 anni e che si ritrovano dopo 10-15 anni di professionismo sportivo senza un'altra esperienza professionale. Solo una piccola parte di professionisti sportivi alla fine della carriera riesce a collocarsi nell'ambiente come allenatore, preparatore atletico o dirigente di una società sportiva. L'inizio dell'attività sportiva per un ragazzo comporta molto spesso un disinteresse rispetto allo studio. Da una ricerca effettuata qualche anno fa su un campione di circa 3.000 professionisti è emerso che quasi il 30% ha solo il diploma di scuola secondaria di primo grado, il 66% il diploma di scuola secondaria di secondo grado.
Va sottolineato che quasi il 70% degli sportivi professionisti, durante la loro attività agonistica, arriva a percepire un reddito di 50mila euro annui. Ed è da tener presente che gli importi di pensione erogati, anche a professionisti cosiddetti "top player" non superano l'importo di 1.800 euro lordi per tredici mensilità.
Appare quindi evidente, scrivono i presentatori della proposta di legge, che a parte quei professionisti famosi, che riescono ad accumulare consistenti patrimoni durante la loro carriera o a ricollocarsi proficuamente nell'ambiente sportivo, il resto di questi ragazzi, migliaia di casi, ha estreme difficoltà ed accade sempre più frequente che si ritrovino in situazioni di emarginazione estrema, passando dagli stadi alla strada: "30.000 calciatori in fila per un lavoro", titolava Repubblica. Con questa proposta di legge, dunque, i nostri deputati intendono intervenire sia sull'aspetto previdenziale, sia sull'assistenza per questa particolare categoria di lavoratori, troppo spesso abbandonata a se stessa dopo l'attività di sportivo professionista.
I Contenuti. La proposta di legge intende quindi intervenire sia sull'aspetto previdenziale, sia sull'assistenza per questa particolare categoria di lavoratori. In particolare si uniformano i requisiti di accesso alla pensione per gli sportivi professionisti superando il limite dell'iscrizione al Fondo ante o post 31 dicembre 1995, nonché estendendo il criterio per calcolo misto-contributivo della pensione, già in vigore da tempo per le categorie speciali del settore spettacolo.
Attualmente, infatti, gli iscritti ante 1995 possono conseguire la pensione al raggiungimento di 53 anni (49 anni le donne) ai sensi del Dpr 157/2013; gli iscritti dopo tale data, cioè nel sistema contributivo, devono raggiungere il 57° anno di età, anche se gli è consentito aggiungere alla propria età anagrafica, ai fini del conseguimento dell’età pensionabile, un anno ogni quattro di lavoro effettivamente svolto nella qualifica, fino ad un massimo di 5 anni. In pratica, l’età pensionabile può essere anticipata a 52 anni se ci sono almeno 20 anni di contributi. Un doppio binario che gli onorevoli si propongono di eliminare e di portare al 53° anno di età anagrafica per gli uomini e al 49° anno di età anagrafica per le donne. Tale requisito verrebbe poi innalzato per le donne a 50 anni a decorrere dal 1° gennaio 2020 e a 53 anni a decorrere dal 1° gennaio 2022.
La proposta, inoltre, intende estendere a questa categoria l'accesso all'indennità di disoccupazione (l'Aspi), e l'accesso agli assegni familiari per gli sportivi professionisti.
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a cura di Sergio Campana
Pensioni, stasera "Il buco delle pensioni" su Rai Tre
Nella puntata odierna di Presadiretta, in onda su Rai3 dal titolo Il buco delle pensioni di Christina De Ritis, un'inchiesta che racconta tutta la verità sullo stato di salute del nostro sistema pensionistico. C'è un buco nei conti dell'Inps tale da giustificare un allarme sulle pensioni delle future generazioni? E possibile che lo Stato sia diventato un evasore di contributi previdenziali? Un viaggio nell'universo contraddittorio delle pensioni. Dalle conseguenze della Riforma Fornero alla cattiva gestione dell'immenso patrimonio immobiliare dell'Inps.
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Esodati, rientri nella sesta salvaguardia? Controllalo con PensioniOggi.it
L'intervento proposto con la legge 147/2014 allunga di un anno i vari profili di tutela aperti spostando il paletto della decorrenza, dal 6 gennaio 2015 al 6 gennaio 2016.
Kamsin Con la pubblicazione definitiva in Gazzetta Ufficiale numero 246 lo scorso 22 Ottobre della legge 147/2014 del 10 Ottobre 2014 si è completato il quadro relativo alla cd. sesta salvaguardia, provvedimento che consentirà ad ulteriori 32.100 lavoratori che hanno perso il posto di lavoro entro la fine del 2011 di mantenere, in via eccezionale, le regole di pensionamento all'epoca vigenti.
Per aiutare i lettori a districarsi in questo continuo divenire di norme, pensionioggi.it ha aggiornato il nuovo programma per verificare la possibilità di entrare nella sesta salvaguardia con l'individuazione della corretta data di decorrenza della rendita previdenziale e dei vari paletti imposti dalla nuova normativa. Si ricorda, infatti, che la decorrenza della pensione, non potrà essere comunque anteriore al 6 Novembre 2014, data di entrata in vigore della legge 147/2014.
Come noto gli interessati hanno avuto tempo sino al 5 gennaio 2015 per presentare le istanze di accesso ai benefici all'inps o alla DTL a seconda del profilo di tutela. Nei prossimi giorni l'inps inizierà a stilare la graduatoria e, quindi, a certificare la possibilità di fruire della salvaguardia. Vai al programma: Controlla se sei salvaguardato
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Riforma Pensioni, Sacconi: ora si metta mano al capitolo previdenza
Favorevole ad un intervento sulla Riforma Fornero Maurizio Sacconi (Ncd) che chiede un lavoro «serio e veloce senza imbarcarci in complessivi ridisegni ideologici» delle prestazioni.
Kamsin Si metta mano rapidamente al capitolo pensioni. E' quanto è tornato a ribadire ieri Maurizio Sacconi, capogruppo Ncd in Senato, a margine della conclusione della partita sull'elezione del Presidente della Repubblica. E' necessario focalizzare l'attenzione del Governo ai problemi concreti dei cittadini perchè ci troviamo di fronte ad un serio «problema sociale».
La priorità - secondo l'ex ministro del Lavoro - è quella "di introdurre uno strumento flessibile che consenta a chi è vicino alla pensione e ha perso o rischia di perdere il lavoro di andare in pensione".
Sullo strumento da adottare, però, non ci sono certezze. "Il Governo nei giorni scorsi ha indicato che sono allo studio diverse ipotesi. A noi va bene che si approfondisca ma ormai siamo fuori tempo massimo: serve ora un lavoro serio e veloce senza imbarcarci in complessivi ridisegni ideologici" ha detto Sacconi. Di sicuro un sistema che «aiuti queste persone a raggiungere i requisiti bisognerà sicuramente produrlo». Tra le soluzioni all'esame del governo, Sacconi conferma che c'è soprattutto quella del prestito previdenziale e della staffetta generazionale: sono misure che hanno un costo minore rispetto agli altri interventi proposti in Parlamento (quota 100 e pensionamento flessibili, ndr) e sono le uniche sulle quali è stato dato mandato all'Inps per studiarne i costi-benefici". Quanto ai tempi, l'intervento sulla Fornero arriverà solo dopo l'approvazione dei decreti di attuazione del Jobs Act, che restano «la prima scadenza in assoluto, aveva indicato la settimana scorsa il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti.
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Province, prepensionamenti e mobilità assorbiranno 20mila esuberi
Pubblicata la Circolare della Funzione Pubblica per gestire il personale in esubero negli enti locali riformati dalla legge Delrio la scorsa primavera.
Kamsin Palazzo Vidoni conferma il programma per gestire il personale in esubero nelle province. Secondo quanto contenuto nella Circolare della Funzione Pubblica 1/2015, pubblicata ieri dal Ministro Madia, la prima tappa sarà il 1° marzo: entro tale data gli enti provinciali dovranno attuare il taglio delle dotazioni organiche, rispettivamente del 30 e 50% calcolato sulla spesa e non sul numero dei dipendenti, per poi arrivare entro la fine di marzo all'individuazione nominativa del personale in soprannumero.
Il Collocamento a riposo. Le amministrazioni a questo punto dovranno, prima di avviare la mobilità, verificare se il personale ha i requisiti per essere collocato in prepensionamento secondo la normativa vigente (articolo 2, comma 11 del Dl 95/2012), cioè se matura la decorrenza del trattamento pensionistico, con le vecchie regole, entro il 31 Dicembre 2016.
Percorsi specifici di mobilità. Resterà comunque sottratto alla mobilità, in quanto interessato a percorsi diversi, il personale che svolge i compiti di polizia provinciale e quello che svolge le funzioni presso i centri per l'impiego. Riguardo al primo la Circolare precisa che "saranno definiti specifici percorsi di ricollocazione a valle degli interventi di razionalizzazione e potenziamento dell'efficacia delle funzioni di polizia, anche in funzione di una migliore cooperazione sul territorio, garantendo in ogni caso la neutralità finanziaria. Per quanto riguarda gli impiegati nei centri per l'impiego "il personale sarà ricollocato in sede di attuazione del riordino delle funzioni in materia di servizi per l'impiego e politiche attive del lavoro".
La mobilità. Il personale non destinatario di una di queste soluzioni sarà indirizzato a seconda dei casi alle Regioni o alle Pa centrali (uffici giudiziari in primis). Per quanto riguarda l'ingresso nelle regioni la circolare prospetta una doppia ipotesi: in passato, infatti, alcune Regioni avevano delegato alle Province una serie di funzioni accompagnate dalle risorse finanziarie per il personale chiamato a svolgerle, e in questi casi con la riforma occorrerà fare marcia indietro. Quando invece non c'è questa premessa, scattano i meccanismi scritti nella legge di stabilità (commi 421-424), e il trasferimento del personale in Regione sarà effettuato «a valere sulle risorse destinate alle assunzioni», cioè assorbendo gli spazi di turn over aperti dalle uscite dell'anno precedente. In pratica tutto il turn over sarà vincolato all'assunzione dei lavoratori delle Province.
La seconda destinazione è rappresentata dalla Pubblica amministrazione centrale, a partire dagli uffici giudiziari di cui il Governo conferma il ruolo centrale nella riorganizzazione del personale ex provinciale. Sul punto, la circolare interviene sul bando di mobilità volontaria per 1.031 posti vacanti adottato dal ministero della Giustizia il 25 novembre scorso, e specifica che la mossa serve «a riassorbire il personale degli enti di area vasta e solo in via residuale», in assenza di domande da parte di questi dipendenti, «a processi di mobilità di altro personale».
I Contratti di solidarietà. Se alla fine di questo processo dovessero rimanere dei lavoratori in esubero il Ministero punta al ricorso dei «contratti di solidarietà», cioè all'attivazione di contratto a tempo parziale al fine di ripartire tra tutto il personale rimasto in servizio nell'ente di area vasta, senza più distinzione tra personale adibito alle funzioni fondamentali e quello precedentemente individuato in soprannumero. In via residuale si passa al collocamento in disponibilità: due anni all'80% dello stipendio e poi risoluzione del rapporto di lavoro.
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Pensioni, l'indennizzo ai negozianti è compatibile con la salvaguardia
L'indennizzo per la cessazione dell'attività commerciale non può essere concesso a chi, al momento della domanda, è titolare di una pensione di vecchiaia in base a qualunque norma e da qualsiasi fondo erogata e anche quando il richiedente abbia già maturato il diritto alla pensione di vecchiaia ma non abbia ancora presentato la domanda.
Kamsin L'Inps ha precisato con il messaggio 604/2015 che l’indennizzo per la cessazione dell'attività commerciale non può essere concesso ai soggetti che al momento della domanda risultino titolari di un trattamento pensionistico di vecchiaia ai sensi di qualunque norma concesso e da qualsiasi fondo erogato. La concessione dell’indennizzo non è parimenti ammessa nelle ipotesi in cui il richiedente abbia già maturato il diritto alla pensione di vecchiaia ma non abbia ancora presentato la relativa domanda.
Inoltre, se al momento della domanda di indennizzo il richiedente risulta beneficiario di una delle disposizioni di salvaguardia per l'accesso alla pensione di vecchiaia in base ai requisiti previgenti il Dl 201/2011, l'indennizzo può essere concesso solo fino alla prima decorrenza teorica determinata dalla salvaguardia, indicata nella certificazione inviata all’interessato. Ciò a prescindere dalla circostanza che i soggetti in possesso della certificazione possono presentare la domanda di pensione in salvaguardia in qualsiasi momento successivo all’apertura della finestra. Nelle ipotesi in cui, invece, il richiedente risulti beneficiario di una delle disposizioni di salvaguardia per l’accesso alla pensione di anzianità, l’indennizzo potrà essere concesso, se ne sussistono le condizioni, fino al compimento dell’età pensionabile di vecchiaia anche qualora il beneficiario presenti domanda di pensione di anzianità e diventi titolare del relativo trattamento in corso di godimento dell’indennizzo
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Riforma Pensioni, Odg del M5S per quota 96 della scuola e revocati
I Senatori del Movimento 5 Stelle depositano un Odg per tutelare i Quota 96 e chi ha subito la revoca dei trattenimenti in servizio. "Continuiamo a sfidare il Governo su questi temi ai quali non ha dato mai una risposta esauriente".
Kamsin E' stato depositato la settimana scorsa in Senato un Ordine del Giorno promosso dai capigruppo del M5S con il quale si chiede al Governo la soluzione della vicenda dei revocati e dei quota96 della scuola. L'Odg arriva in occasione dell'esame - in commissione affari costituzionali a Palazzo Madama - del ddl 1577, in materia di riforma della pubblica amministrazione. Ne ha dato notizia ieri l'ufficio stampa del movimento 5 stelle.
"I revocati - ricorda la nota del M5S - sono quei dipendenti della P.A., tra cui molti insegnanti, ai quali è stata tolta la proroga di permanenza in servizio di due anni oltre l’età pensionabile con effetto retroattivo con un pregiudizio economico sulle proprie carriere. Dal 1° novembre gli insegnanti si sono visti comunicare il pensionamento d’ufficio: questo fatto ha ovviamente creato molti problemi alla vita delle persone che si sono ritrovate con un anno da riprogrammare sia dal punto di vista economico che organizzativo". Torna anche in ballo la vicenda dei quota 96 della scuola, un problema ancora aperto. Il M5S chiede con il medesimo Odg che l'esecutivo offra "una soluzione alla vicenda degli insegnanti che hanno maturato un diritto a pensione entro la fine dell'anno scolastico 2011/2012".
Sulla vicenda potrebbero esserci delle novità a fine Febbraio con l'approvazione della Riforma della Scuola: il ministro Giannini ha indicato l'intenzione di collocare questo personale nell'organico funzionale.
Il testo dell'ODG - Il Senato, in sede di esame del disegno di legge recante «Riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche» (AS 1577);
premesso che:
il Capo III del disegno di legge in esame reca norme relative al personale delle pubbliche amministrazioni;
considerato che:
il decreto-legge n. 90 del 2014, all'articolo 1, ha abrogato l'articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, l'articolo 72, commi 8, 9,10, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni. dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e l'articolo 9, comma 31, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122;
l'effetto di tale norma, fra gli altri, è stato quello di abolire la possibilità, per il personale della pubblica amministrazione, e quindi anche per il personale della scuola, fra cui gli insegnanti, che abbiano compiuto i 65 anni di età, di avvalersi di una proroga biennale del rapporto di lavoro, previa istanza da presentare all'amministrazione di appartenenza;
in particolare, l'articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 (Prosecuzione del rapporto di lavoro) recitava: «È in facoltà dei dipendenti civili dello stato e degli enti pubblici non economici di permanere in servizio, con effetto dalla data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421, per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo per essi previsti. In tal caso è data facoltà all'amministrazione, in base alle proprie esigenze organizzative e funzionati, di trattenere in servizio il dipendente in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal dipendente in detenninati o specifici ambiti ed in funzione dell'efficiente andamento dei servizi»;
il decreto-legge n. 90 del 2014, al richiamato articolo 1, non solo ha abolito la possibilità della proroga biennale, ma ha reso tale abolizione retroattiva. Infatti, a termini del comma 2, «salvo quanto previsto dal comma 3, i trattenimenti in servizio in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto sono fatti salvi fino al 31 ottobre 2014 o fino alla loro scadenza se prevista in data anteriore. l trattenimenti in servizio disposti dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e non ancora efficaci alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge sono revocati». Il comma 3, poi, stabilisce, per quanto riguarda il personale della scuola, che i trattenimenti in servizio già disposti cessano alla data del 31 agosto 2014;
con riferimento al personale della scuola, un numero consistente di insegnanti, che, awalendosi dell'articolo 16 ed in ragione dell'interesse degli istituti di appartenenza ad utilizzare la professionalità e l'esperienza maturata, avevano ottenuto la proroga biennale prima della emanazione del decreto-legge, si è visto, dall'oggi al domani, pensionato d'ufficio, con ripercussioni negative, anche pesanti, sulla propria condizione economica e personale;
fra questa fascia di insegnanti «revocati», che già avevano ottenuto la proroga biennale, molti hanno pochi anni di contributi, alcuni non raggiungono nemmeno il minimo di 20 anni per la pensione, altri, avendo una famiglia numerosa e monoreddito, contavano sulla proroga sia per dare ancora alla scuola il proprio contributo di professionalità ed esperienza sia per assicurare alla famiglia ancora per 2 anni uno stipendio e una pensione un po' più adeguati;
è prevedibile che molti di questi revocati proporranno azioni giudiziarie, soprattutto con riferimento alla portata retroattiva della norma, che si presta a profili di incostituzionalità, che incide su un diritto già riconosciuto e determina pregiudizi, anche gravi, di natura patrimoniale e non patrirnoniale;
impegna il Governo:
a porre in essere opportuni provvedimenti al fine di risolvere il caso dei «revocati», prendendo in considerazione anche l'opportunità di valutare, essendovi ancora i tempi tecnici, il pensionamento dei cosiddetti «Quota 96» e il mantenimento in servizio, per il periodo di proroga già ottenuto, dei «revocati».
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Bonus Assunzioni, uno sgravio sino ad 8mila euro per chi assume disoccupati
L'esonero contributivo sarà pari al 100% dei contributi per tre anni, fino a 8.600 euro l'anno. Ma per l'avvio concreto del bonus l'Inps rinvia a ulteriori circolari. L'esonero dal pagamento riguarda anche gli studi professionali.
Kamsin Disco verde dell'Inps ai contributi scontati a chi assume nel 2015 disoccupati da sei mesi. E' quanto ha indicato l'Inps ieri con la Circolare 17/2015 con la quale ha illustrato il nuovo incentivo all'occupazione, previsto dalla legge Stabilità 2015. Possono accedere al bonus tutti i datori di lavoro (imprenditori e non, tra cui anche gli studi professionali) del settore privato che assumono a tempo indeterminato durante tutto il 2015 (ammessi anche i dirigenti, i soci di cooperative se subordinati, i somministrati nonché part time e job sharing). Restano fuori, invece, colf, apprendisti e intermittenti. Tra le condizioni di accesso viene confermata la necessità del rispetto delle leggi, dei contratti e la verifica della regolarità contributiva (Durc). L'esonero è pari al 100% dei contributi dei datori di lavoro, per tre anni, fino a 8.060 euro l'anno.
Per fruirne, però bisognerà aspettare: l'Inps rimanda a futura circolare le istruzioni applicative. Intanto, spiega che il bonus spetta a tutti i datori di lavoro, imprenditori e non (tra cui studi professionali), soltanto per assunzioni a tempo indeterminato, anche se parttime o job sharing, ma non per apprendistato, rapporti domestici e lavoro a chiamata.

Quanto ai soggetti (lavoratori) che possono essere assunti, non è previsto alcun requisito se non la disoccupazione. In particolare: 1) nel corso dei sei mesi precedenti l'assunzione non deve risultare occupato a tempo indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro; 2) nel corso dei tre mesi antecedenti l'entrata in vigore della legge Stabilità 2015 (dal 1° ottobre 2014 al 31 dicembre 2014), non deve aver avuto rapporti di lavoro a tempo indeterminato con il datore di lavoro richiedente l'incentivo.
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Inps, un bonus sino a 1200 euro al mese per assistere i disabili
La durata dell'assegno è pari a 9 mesi. Dal 1° marzo al 30 Novembre 2015. L’ammontare del bonus oscilla tra un minimo di 200 euro ad un massimo di 1200 euro al mese; il beneficio può essere ottenuto solo dai dipendenti pubblici.
Kamsin Ai nastri di partenza il bonus per assistere anziani non autosufficienti. E' stato pubblicato, infatti, ieri dall'Inps il bando ufficiale, riservato ai dipendenti e i pensionati pubblici, ai loro conviventi, ai loro familiari di primo grado, non autosufficienti che eroga un bonus mensile sino a 1200 euro in via sperimentale per il 2015. Per la presentazione delle domande c'è tempo dal prossimo 2 Febbraio sino al 27 Febbraio alle ore 12; dovrà avvenire tramite canale telematico. La durata dell'assegno è di 9 mesi: decorre dal 1° marzo 2015 e termina, salvo proroghe, il 30 Novembre 2015.
Il progetto, denominato Home care premium, è un premio che spetta a chi si prende cura, assiste e supporta a domicilio familiari con handicap gravi, è promosso dall'Inps e rivolto a tutti i dipendenti e pensionati pubblici. Del progetto possono beneficiare anche i minori disabili figli di dipendenti pubblici o pensionati deceduti.
Il contributo mensile è ancorato all'Isee e ad un punteggio che indica il grado di autosufficienza del soggetto beneficiario del trattamento e oscilla tra 300 e 1200 euro, qualora i redditi annuali siano inferiori ad 8mila euro all'anno. Nel bando è previsto anche l'assegnazione di un trattamento integrativo sino ad un massimo di 2400 euro a supporto del percorso assistenziale del beneficiario
La pagina del bando Home Care Premium 2015
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Pensioni, nelle Province tornano in pista i prepensionamenti
Città metropolitane e nuove Province avranno tempo fino al 1° marzo per attuare il taglio delle dotazioni organiche, rispettivamente del 30 e 50% calcolato sulla spesa e non sul numero dei dipendenti, per poi arrivare entro la fine di marzo all'individuazione del personale in soprannumero. Che sarà gestito con prepensionamenti e mobilità obbligatoria.
Kamsin Un piano per ricollocare oltre 20 mila lavoratori delle Province entro il 2016. E' quanto prevede una Circolare della Funzione Pubblica che sarà pubblicata da Palazzo Vidoni nei prossimi giorni. L'obiettivo è gestire la transizione del personale impiegato nelle province, gli enti che sono stati svuotati delle proprie funzioni con la Riforma Delrio della scorsa primavera.
La logica da seguire resta quella indicata nella legge 56/2014 e confermata nella recente legge di Stabilità, due testi su cui la circolare propone una sintesi operativa indicando il destino dei dipendenti delle province: una parte resterà in servizio seguendo le funzioni che restano attribuite ai nuovi enti di Area Vasta oppure alle Regioni; l'altra dovrà essere "riassegnata". Ma andiamo con ordine.
La dichiarazione di Soprannumero. La prima tappa è quella del 1° marzo, data entro la quale gli enti dovranno attuare il taglio delle dotazioni organiche, rispettivamente del 30 e 50% calcolato sulla spesa e non sul numero dei dipendenti, per poi arrivare entro la fine di marzo all'individuazione del personale in soprannumero. Per farlo, spiega la circolare in arrivo, dovranno assumere come base di riferimento la spesa «fotografata» all'8 aprile scorso, calcolando per i dirigenti e le singole posizioni economiche il costo medio, rappresentato da trattamento fondamentale e media degli accessori per ogni categoria. La seconda tappa sarà, quindi, l'individuazione dell'esatto numero del personale in soprannumero che dovrà essere gestito tramite prepensionamenti e mobilità.
I Prepensionamenti. Anche se sono ancora in corso chiarimenti a livello ministeriale torna, infatti, in pista la possibilità di prepensionare tutti coloro che, dichiarati in esubero, entro il 2016 avranno, con le regole ante-fornero, i requisiti per andare in pensione. Nella Pubblica amministrazione, come noto, fino al 2016 è in vigore una norma inserita nel cosiddetto «Decreto D'Alia» che permette in caso di dichiarazione di esuberi, di poter mandare in pensione il personale con i requisiti più favorevoli previsti dalle vecchie norme (articolo 2, comma 11 del decreto legge 95/2012). Tale normativa consente alle pubbliche amministrazioni di collocare in pensione con le vecchie regole i lavoratori, in esubero, che avrebbero maturato la decorrenza della pensione (cioè comprensiva della finestra mobile di 12 o 15 mesi) entro il 31 dicembre 2016. Dato che la norma si applica anche nei confronti degli enti territoriali il personale dichiarato in soprannumero che ha raggiunto entro il 31 dicembre 2015 la quota 97,3 con almeno 61 anni e 3 mesi di età (oppure entro il 30 Settembre 2015 i vecchi 40 anni di contributi) potrebbe pertanto essere collocato in pensione in deroga alla disciplina Fornero.
La mobilità. Per tutti gli altri scatterebbe, invece, la mobilità volontaria o obbligatoria. Il personale dei servizi per l'impiego sarà impiegato per far partire l'Agenzia nazionale per l'occupazione, prevista dal Jobs Act. Una strada a sé sarà riservata poi a chi svolge i compiti di polizia provinciale, che sarà escluso dagli elenchi degli "esuberi" per essere coinvolto in una riorganizzazione ad hoc in rapporto con le altre forze di polizia sul territorio, mentre gli altri potranno essere indirizzati a seconda dei casi alle Regioni o alle Pa centrali (uffici giudiziari in primis). Per assorbire il personale delle Province entreranno in campo, in prima battuta, proprio le Regioni. Quelle che negli anni scorsi hanno trasferito delle loro funzioni agli enti provinciali, dovranno riprendersele indietro con tutto il personale adibito a quelle stesse funzioni. Nel caso in cui questo trasferimento di deleghe non ci sia stato, allora le Regioni dovranno destinare tutte le risorse per le assunzioni del biennio 2015-2016, al netto solo di quelle necessarie per i vincitori di concorso, per assorbire i dipendenti provinciali. In pratica tutto il turn over sarà vincolato all'assunzione dei lavoratori delle Province. Un'altra parte di personale andrà, come detto, nelle altre amministrazioni dello stato.
Il Licenziamento. Se alla fine di questo processo dovessero rimanere dei lavoratori in esubero il Ministero punta al ricorso dei «contratti di solidarietà», con riduzione per tutti delle paghe e dei tempi di lavoro, oppure al collocamento in disponibilità cioè l'anticamera del licenziamento: due anni all'80% dello stipendio e poi risoluzione del rapporto di lavoro.
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