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Il ministro ha spiegato che anche il governo sa il contratto dei dipendenti pubblici bloccato da sei anni "e' un problema", ma ha scelto di "concentrare le risorse su chi stava peggio".

Kamsin La riapertura del contratto e' nell'agenda del governo ma nel 2015 non sono previste in bilancio risorse per i rinnovi contrattuali. E' quanto ha detto il ministro della Funzione pubblica Marianna Madia ai sindacati al tavolo in corso a Palazzo Chigi. Che tuttavia assicura come la riapertura del contratto del pubblico impiego sia nell'agenda del governo, «ma nel 2015 non sono previste in bilancio risorse per i rinnovi».  Per scongelare il contratto nazionale di lavoro del pubblico impiego, previsto dalla legge di stabilità, servirebbero solo per un anno circa 2 miliardi di euro. Una cifra che l'esecutivo, secondo quanto riferiscono fonti sindacali, rimanda al futuro.

Ma il governo prende comunque degli impegni: «Nessuno perderà il posto per effetto della riorganizzazione della Pa. Nessuno andrà a casa», assicura Madia. E ancora, garantisce, «l'assunzione dei vincitori di concorso e dei precari della scuola». I sindacati dopo la riunione si mostrano delusi con lo sciopero del pubblico impiego che si fa probabilmente più vicino. «Qualche auspicio sul futuro, nessuna risposta» né sul contratto né sull'occupazione, spiega la leader della Cigl, Susanna Camusso. Sulla stessa linea il segretario generale della Cisl, Annamaria Furlan: «Al di là del bel modo con cui vengono detti i 'no' non abbiamo alcuna novità positiva», il «ministro Madia ci ha detto cose deludenti». E così anche il candidato a numero uno della Uil, Carmelo Barbagallo, che parla di «chiusura sul merito».

Il ministro ha spiegato che anche il governo sa il contratto dei dipendenti pubblici bloccato da sei anni "e' un problema", ma ha scelto di "concentrare le risorse su chi stava peggio". Il bonus di 80 euro andra' ad un lavoratore pubblico su quattro - ha spiegato - circa 800mila dipendenti pubblici.

Con una nota diffusa in serata, il governo auspica che l'occasione di confronto di merito sul lavoro pubblico con i sindacati «non venga sprecata e, assieme all'auspicata ripresa economica già a partire dal 2015, sia condizione importante per un concreto confronto sul rinnovo della parte economica del contratto che si augura avvenga nel più breve tempo possibile».

Zedde

 

La leader della Cisl, Annammaria Furlan, chiede l'avvio di un confronto con le forze politiche per una revisione complessiva della Riforma Fornero del 2011.

Kamsin Il governo dovrebbe mettere mano alla riforma Fornero sulle pensioni convocando le parti sociali. Affidare a un referendum la questione sarebbe troppo semplice. A sottolinearlo e' il leader della Cisl, Annamaria Furlan, rispondendo a una domanda sulla posizione della Cisl rispetto al referendum per abrogare la legge Fornero proposto dalla Lega nord. "Rifare una legge pensionistica - ha detto Furlan - e' qualcosa di un po' piu' complesso di dire si' o no a un referendum. Qualora ci fosse un referendum, comunque, ogni iscritto e' libero di decidere se votare o no". La Cisl si aspetta che "prima del referendum, il governo, invece di dare giudizi negativi sulla riforma Fornero, si decida a rimetterci le mani. Cosa aspetta il governo a riunire le parti sociali e vedere come va corretta quella legge?", ha concluso.

La proposta della Lega di abrogare la legge Fornero con un referendum trova invece d'accordo Massimo Battaglia, segretario generale della Confsal-Unsa, sindacato autonomo dei lavoratori delle pubbliche amministrazioni centrali: Per noi, è un atto conseguente a quanto già fatto un anno fa, quando abbiamo provato in tutte le piazze d’Italia - ricorda - a raccogliere le firme per un referendum. Allora, ne abbiamo raccolte circa 70mila, poche ovviamente rispetto alle 500mila. E siccome c’è un partito politico, che oggi è la Lega, che ha raggiunto le 500mila firme, ha mandato gli atti alla Corte costituzionale, e ci auguriamo che questa decida che il referendum è legittimo, noi chiederemo ai nostri di aderire. Ce lo consente la nostra autonomia sindacale, la nostra distanza da qualsiasi ideologia politica e da qualsiasi partito".

"Un'adesione contro una riforma - avverte - che riteniamo vergognosa e in controtendenza rispetto a quello che dice il governo, cioè di dare spazio ai giovani: le modifiche fatte dalla Fornero, invece, ti fanno stare a lavoro finché non muori sul campo".

Sulla legittimità del referendum si attende il giudizio della Corte Costituzionale. Se la Consulta lo ammetterà la consultazione popolare potrebbe avvenire già nella prossima primavera.

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Al via l’incontro con i sindacati per il pubblico impiego. Nel 2015 niente aumenti ma c'è l'apertura ad una parziale attenuazione del blocco degli scatti. Parte anche il confronto sulla parte normativa.

Kamsin Il Governo conferma che i soldi per gli aumenti contrattuali nel pubblico impiego non ci sono, almeno per il 2015. Ma se, da un lato, la parte economica del contratto non potrà essere rinnovata stasera il governo cercherà di mediare con i sindacati del pubblico impiego su alcuni punti delle misure contenute nella legge di stabilità.

L’obiettivo è evitare lo sciopero prospettato non solo dalla Cgil ma anche da Cisl e Uil, nella giornata di protesta della categoria dello scorso 8 novembre. Al tavolo, convocato per le ore 19, ci saranno da una parte Marianna Madia, ministro della Pubblica amministrazione, e il sottosegretario alla presidenza Graziano Delrio; dall’altra i segretari generali di Cgil e Cisl, Camusso e Furlan, quello designato della Uil Barbagallo, il segretario generale dell’Ugl Capone e i vertici di categoria.

Nell'incontro si discuterà soprattutto di legge di Stabilità con il Governo che spiegherà la parziale ripresa degli scatti di anzianità nel comparto pubblico. Infatti se sulle risorse finanziarie per i rinnovi contrattuali, che valgono 2,1 miliardi di euro per il solo 2015, Renzi non è in grado di dare garanzie, ci sarebbero aperture su altri fronti. Ad iniziare proprio dagli scatti. Non è un mistero, infatti, che nella relazione governativa al disegno di legge di stabilità viene messo nero su bianco, la ripresa, almeno, della dinamica legata alla carriera permettendo agli stipendi di salire nel caso in cui siano previsti scatti automatici o di promozioni di carriera.

Lo sblocco tuttavia non avverrà per tutti. Sempre secondo la relazione illustrativa, gli stipendi, l'indennità integrativa speciale e gli assegni fissi e continuativi del personale non contrattualizzato (cioè dei docenti e dei ricercatori universitari, del personale dirigente della Polizia di Stato e gradi di qualifiche corrispondenti, dei Corpi di polizia civili e militari, dei colonnelli e generali delle Forze armate, del personale dirigente della carriera prefettizia, nonché del personale della carriera diplomatica) continueranno a non essere adeguati nel 2015; inoltre, lo stesso anno non sarà utile ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio, correlati all’anzianità di servizio.

Come dire che gli scatti continueranno ad essere bloccati per alcune categorie del personale pubblico non contrattualizzato (peraltro la categoria dovrebbe essere meglio individuata, come suggerito anche dall'ufficio studio della Camera dei Deputati). Nell'incontro di stasera il Governo dovrà spiegare ai sindacati se resta confermata questa impostazione oppure se sono possibili ulteriori aperture.

Tra le altre novità è possibile che venga prospettato l’avvio del negoziato sulla sola parte normativa dei contratti: una offerta che può essere resa più credibile con l’impegno a rivedere alcune parti della legge Brunetta sul pubblico impiego, quelle più indigeste ai rappresentanti dei dipendenti pubblici.

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E' iniziato l'esame dei 480 emendamenti al disegno di legge delega sulla Riforma del Mercato del Lavoro. Il Provvedimento è atteso venerdì in Aula per il voto finale.

Kamsin Delega sul Jobs Act al rush finale. I lavori in Commissione a Montecitorio dovranno concludersi entro giovedì in quanto il giorno successivo il provvedimento è atteso dall'Assemblea per il voto finale. Poi il testo della delega dovrà poi tornare al Senato per la terza lettura. E' questa la tempistica con cui il provvedimento vedrà la luce secondo il calendario di marcia fissato da Palazzo Chigi. Una volta ottenuto il via libera dal Parlamento sulla delega, il governo intende approvare, entro la fine di dicembre, almeno un paio di decreti attuativi che daranno sostanza e contenuto al Jobs act. Soprattutto per quanto riguarda l'introduzione del contratto a tutele crescenti.

Ed è su questo terreno il nodo più difficile con lo scontro sui licenziamenti disciplinari. Il governo si prepara a compilare una lista di fattispecie che comporteranno il reintegro invece che l’indennizzo. Ma sull’estensione della casistica dentro la maggioranza si scontrano filosofie opposte. L’Ncd chiede che il reintegro sia limitato a pochi casi assimilabili alla discriminazione mentre la minoranza Pd auspica che il licenziamento sia confinato alle violazioni più gravi. 

Secondo quanto anticipato dal Governo i casi specifici in cui sarà ammissibile il reintegro dipenderà dalla “procedibilità”: se il reato di cui è ingiustamente accusato il dipendente licenziato è “procedibile d’ufficio” allora il giudice potrà anche disporre il reintegro; se invece il reato di cui si è accusati è procedibile solo a querela, allora - sempre casomai fosse un’accusa falsa e insussistente - il licenziato avrà solo l’indennizzo monetario.

I capitoli su cui si interverrà, oltre all'articolo 18, riguardano il controllo a distanza, il sostegno alle cure parentali e una tutela aggiuntiva per le donne che hanno subito violenza.

Cesare Damiano, presidente pd della commissione, tra i protagonisti della mediazione, è ottimista: «Se tutto fila liscio, si va spediti». Quanto ad altri aggiustamenti: «Se c’è qualcosa che non mette in discussione l’impianto della delega, si fa». Terreno minato, perché l’Ncd sembra intenzionato a resistere, come spiega il capogruppo in commissione Sergio Pizzolante: «I contenuti dell’articolo 18 sono quelli concordati tra il ministro Poletti e il senatore Sacconi e non quelli interni al Pd. Le modifiche al testo del Senato possono riguardare solo limitatissimi casi assimilabili ai licenziamenti discriminatori». Riferimento alla novità (rispetto al Senato) del reintegro per i licenziamenti disciplinari. Fattispecie che sarà dettagliata solo nei decreti delegati (emanati dal governo, dopo il via libera dato dal Parlamento con la legge delega).

Ieri è stato respinto un emendamento M5S che chiedeva la soppressione della delega, con 23 voti contrari e 15 a favore. In commissione, il governo conta su una maggioranza di 26 membri su 46 (21 pd, 2 ncd e 3 centristi).

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