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Pensioni Flessibili, Treu rilancia l'uscita anticipata
Per le pensioni serve qualche forma di flessibilità in uscita. Tiziano Treu, commissario straordinario dell'Inps e probabilmente prossimo presidente rilancia il dibattito sul futuro della riforma Fornero.
Kamsin Il Commissario Straordinario dell'Inps, Tiziano Treu, ha rilanciato ieri l'opportunità di un intervento di "ampio respiro" sulla Riforma Fornero. Sino ad oggi sono stati approvati, infatti, solo interventi tampone volti a contenere le emergenze piu' gravi (in primis per gli esodati, coloro che erano rimasti senza lavoro già all'epoca della Riforma del 2011, ed in parte per i lavoratori precoci); ora però, complice anche il referendum popolare promosso dalla Lega Nord (ed all'esame della Corte costituzionale) gli animi si riaccendono. Treu ha chiarito che le novità non arriveranno con questa legge di Stabilità, ma il tema sarà «uno degli impegni dell'anno prossimo»: lo stesso istituto previdenziale farà delle proposte.
Secondo Treu, "quello della flessibilità è l'obiettivo ma in che misura riusciremo a raggiungerlo dipenderà anche dai conti: la flessibilità massima costa tantissimo". Sulle possibilità per quanto riguarda le risorse necessarie all'intervento, Treu ha ricordato che ci sono diverse opzioni sul tavolo del Ministero del Lavoro tra chi potrebbe pagare l'introduzione della flessibilità, ovvero la possibilità che si esca prima della data di vecchiaia, fissata attualmente a 66 anni e 3 mesi oppure della data per la pensione anticipata per la quale sono richiesti, attualmente 41 anni e 6 mesi di contributi (42 anni e 6 mesi per gli uomini).
Per quanto riguarda il referendum costituzionale contro la Riforma Fornero, il commissario ricorda che "sta seguendo il suo iter, ma mi pare che gli ultimi referendum approvati risalgono a vent'anni fa.."
Le proposte in materia sono molteplici e sono tutte accomunate dall'introduzione di una decurtazione dell'assegno con la prospettiva, però, di ottenerlo con l'anticipo di alcuni anni rispetto alle regole attuali. L'ipotesi quindi sarebbe quella di aggiungere un ulteriore canale di uscita (rispetto a quelli previsti attualmente), opzionale e quindi a discrezione dei lavoratori.
Vale la pena di ricordare che uno strumento simile, nella legislazione vigente, già esiste e concede la possibilità alle sole lavoratrici con almeno 57 anni di età e 35 di contributi di andare in pensione subito ma con un assegno calcolato con il sistema contributivo, dunque molto piu' leggero rispetto alle regole standard: si stima un taglio di almeno il 25% sulla rendita previdenziale. Ebbene, nonostante una decurtazione così significativa dell'assegno, in questi ultimi due anni c'è stato un boom di domande, numeri che dimostrano la disperazione di migliaia di lavoratrici che sono costrette, soprattutto per la mancanza di lavoro, ad accettare la riduzione pur agguantare un reddito che altrimenti arriverebbe dopo oltre 6-7 anni. Questa possibilità, la cd. opzione donna, terminerà il 31 Dicembre del 2015.
Viene da chiedersi ma se non si trovano i fondi per prorogare oltre il 2015 un regime così "penalizzante", che nel lungo periodo è comunque vantaggioso per le Casse dello Stato, come si troveranno i denari per le altre proposte, piu' soft, che pur circolano sui tavoli del Ministero del Lavoro?
Zedde
Fisco, Renzi: Stop agli scontrini Fiscali. Ora piu' tracciabilità
Renzi: “Lo scontrino sparirà e sarà sostituito dalla tracciabilità elettronica, l’Agenzia delle entrate non sarà più un avvoltoio”. Intanto la legge di stabilità cambia il ravvedimento operoso.
Kamsin "Eliminiamo gli scontrini fiscali e sostituiamoli con la tracciabilità elettronica". Così il premier Matteo Renzi, parlando alla presentazione dei Digital champions, ha indicato che si intende, con la delega fiscale, far sì che «l'Agenzia delle entrate smetta di essere un avvoltoio e diventi consulente delle imprese e delle persone».
L'apertura del Premier ha trovato subito d'accordo la Cgia di Mestre: "finalmente si e' capito che scontrini e ricevute fiscali non servono per combattere l'evasione fiscale" ricorda il segretario Giuseppe Bortolussi. "Nonostante il battage mediatico che hanno suscitato, i blitz fatti dagli uomini del fisco sono serviti a poco. In verita' lo sapevamo da un pezzo: gia' nel lontano 1996, l'allora ministro delle Finanze, Vincenzo Visco, sottoscrisse un protocollo di intesa con le Associazioni di categoria degli artigiani e dei commercianti che prevedeva, successivamente all'entrata a regime degli studi di settore, il superamento della valenza fiscale sia dello scontrino sia della ricevuta fiscale".
Secondo la CGIA, l'eventuale abolizione di scontrini e ricevute trova una sua "giustificazione" anche dalla lettura dei risultati emersi dall'attivita' di contrasto all'evasione effettuata dagli uomini del fisco. Negli ultimi 3 anni, ad esempio, oltre il 70 per cento dei controlli eseguiti dalla Guardia di Finanza sulla emissione di scontrini e ricevute fiscali ha dato esito negativo.
Intanto nella legge di stabilità in discussione alla Camera c'è un'altra misura che è destinata a cambiare il rapporto tra fisco e contribuenti. Passata in secondo piano, la novità è contenuta nell'articolo 44, commi 11-18 del ddl e prevede una rivoluzione del «ravvedimento operoso».
L’istituto è ben conosciuto e utilizzato dai contribuenti: chi omette di dichiarare o evade il fisco con una dichiarazione infedele del proprio reddito imponibile, attualmente ha tempo un anno per ravvedersi, pagare sanzioni fino al 12,5 per cento più gli interessi. Ad una condizione: il ravvedimento deve essere spontaneo, frutto di un ripensamento e della autonoma voglia di mettersi in regola con il fisco per evitare guai peggiori.
La novità che il Governo intende introdurre consentirà all’autore della violazione ed ai soggetti solidalmente obbligati di rimuovere le violazioni commesse beneficiando di riduzioni automatiche sulle misure minime delle sanzioni applicabili, attraverso una rimodulazione di tali riduzioni in ragione del tempo trascorso dalla commissione delle violazioni al comportamento resipiscente.
Tale comportamento potrà essere posto in essere non più entro il termine massimo per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione (ovvero entro l’anno dall'omissione o dall’errore, per le violazioni, ad esempio, in materia di imposta di registro) e potrà, soprattutto, realizzarsi a prescindere dalla circostanza che la violazione sia già stata constatata ovvero che siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento, delle quali i soggetti interessati abbiano avuto formale conoscenza, salvo ovviamente la formale notifica di un atto di liquidazione o accertamento e il ricevimento delle comunicazioni di irregolarità
Sempre nella legge di Stabilità il Tesoro è pronto a presentare un emendamento per modificare la stretta fiscale sulle slot machine il cui gettito era stato definito incerto da più parti. Al suo posto arriverà una sanatoria, da 500 milioni, per le slot non autorizzate che emergono dal nero (con pagamento di una tantum e 2 anni pregressi) e altri 500 milioni per le slot scollegate.
Zedde
Articolo 18, la reintegra sarà sempre piu' un'eccezione
Il testo presenta diverse modifiche rispetto a quello licenziato dal Senato, frutto per lo piu' della mediazione raggiunta all'interno delle due anime del Pd.
Kamsin E' arrivato l'atteso via libera della Commissione Lavoro della Camera al Jobs act. I deputati della maggioranza , dopo che le opposizioni hanno abbandonato i lavori della commissione due giorni fa' in segno di protesta - hanno dato il mandato al relatore e il provvedimento approdera' domani in Aula come previsto.
Il testo presenta diverse modifiche rispetto a quello licenziato dal Senato che quindi dovrà dare una terza lettura conforme nei prossimi giorni. La modifica piu' significativa rispetto al testo del Senato riguarda il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. Il Jobs act cancella - ma solo per i neo assunti - infatti l’articolo 18, il diritto al reintegro sul posto di lavoro in caso di licenziamento senza giusta causa. Restano due eccezioni, che riguardano i licenziamenti discriminatori e quelli disciplinari.
Il nuovo Articolo 18 - Per i licenziamenti discriminatori il reintegro resta tale e quale alla normativa vigente e quindi scatta sempre se l’allontanamento dal posto di lavoro è dovuto a motivi basati sul credo politico o sulla fede religiosa; il diritto a essere reintegrati sul posto di lavoro resta anche per i licenziamenti disciplinari, ovvero per "giustificato motivo soggettivo", ma solo per «specifiche fattispecie». Questi casi specifici saranno definiti nei decreti attuativi che riempiranno di contenuti la legge delega sul lavoro.
Secondo quanto si apprende da fonti vicine a Palazzo Chigi perchè il licenziamento disciplinare venga equiparato a quello discriminatorio sarà necessario dimostrare il carattere "calunnioso" della contestazione e che questa abbia ad oggetto un reato "grave". In tutti gli altri casi l'impresa potrà essere condannata solo al pagamento dell'indennizzo.
A parte questi due limiti, non è previsto il reintegro in caso di licenziamento senza giusta causa, ma un indennizzo economico: sarà «certo e crescente con l’anzianità di servizio» del lavoratore. Sarà l’indennizzo la tutela, quindi, in caso di licenziamenti economici, legati cioè all’andamento delle aziende.
Nella legge delega si specifica che le norme attuative devono «prevedere tempi certi per l’impugnazione del licenziamento». Oggi il limite è di 60 giorni. Potrebbe essere ridotto a 30, ma allo studio c’è una procedura espressa per agevolare le conciliazioni con l’azienda.
Controlli a distanza e Cig - Una seconda novita' rispetto al testo del Senato riguarda i controlli a distanza, che vengono circoscritti agli impianti e agli strumenti di lavoro. La commissione e' intervenuta poi sulla misura che prevedeva il venir meno dell'erogazione della cassa integrazione guadagni in caso di cessazione dell'attivita' aziendale, accogliendo la riformulazione fatta dal relatore d'accordo con il Governo che specifica che, perche' s'interrompa la Cig, la cessazione dell'attivita' dell'impresa deve essere "definitiva", mentre nel caso in cui sussistano concrete prospettive di proseguimento o di ripresa dell'attivita' l'erogazione puo' proseguire.
Pari opportunita' - La delega nella versione approvata dalla commissione Lavroro accoglie un emendamento del Governo che semplifica e razionalizza gli organismi le competenze e i fondi operanti in materia di parita' e' pari opportunita' nel lavoro e riordina le procedure connesse alla promozione di azioni positive di competenza del ministero del Lavoro, ferme restando le funzioni in materia della Presidenza del Consiglio.
Zedde
Pensioni Quota 96, Ghizzoni (Pd) chiede chiarimenti al Ministro Poletti
La parlamentare modenese del Pd Manuela Ghizzoni, componente della Commissione Istruzione della Camera, chiede chiarimenti al Governo con un’interrogazione sulla questione “Quota 96 scuola”.
Kamsin Dopo la sentenza del Tribunale di Salerno che ha riconosciuto a 42 professori del cd. "movimento quota 96", la possibilità di andare in pensione in deroga alla Riforma Fornero del 2011, la deputata Manuela Ghizzoni, che già si era battuta piu' volte in passato per la vicenda, presenta una interrogazione parlamentare al ministro del Lavoro Giuliano Poletti. Lo ha annunciato la stessa deputata dal suo blog ricordando che "se su questa vertenza si lascia la parola ai vari Tribunali, il rischio è che lo Stato perda credibilità e 4mila lavoratori la parità di diritto e trattamento".
La vicenda, è nota da tempo, e riguarda i circa 4mila lavoratori del comparto scuola, tra docenti e personale ATA, che pur avendo maturato i requisiti per il pensionamento nel corso dell’anno scolastico 2011/2012, sono rimasti sul posto di lavoro. "Dal gennaio 2012 - ricorda la deputata - sul pensionamento del personale “Quota96″ sono intervenuti diversi gruppi parlamentari con atti, proposte di legge ed emendamenti che non hanno conseguito esito positivo, poiché i diversi Governi che si sono succeduti non hanno voluto trovare una soluzione, a partire dalle coperture finanziarie. Ora la vicenda è passata nelle mani dei Tribunali e ancora una volta gli organi giudiziari decidono al posto di quelli legislativi.
La giustizia però, nell’incertezza della materia e in mancanza di un dettato governativo, sta rispondendo con sentenze diverse e spesso opposte, creando una disparità di trattamento tra lavoratori con gli stessi diritti al pensionamento, ai quali viene così negata sia una risposta politica che un giusto processo”.
Da qui la richiesta di un chiarimento governativo. Di seguito pubblichiamo il testo dell'interrogazione:
Zedde
Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali e al Ministro della Funzione pubblica, per sapere –
premesso che:
la riforma pensionistica nota come riforma Fornero, introdotta dal decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214, non ha tenuto conto della specificità del comparto scuola nel quale, l’accesso al pensionamento è concesso un solo giorno all’anno, il 1 settembre, in considerazione della continuità didattica che deve essere garantita agli studenti;
più specificatamente, l’articolo 1, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 351 del 1998, vincola la cessazione del servizio nel comparto scuola «all’inizio dell’anno scolastico o accademico successivo alla data in cui la domanda è stata presentata»; al contempo, l’articolo 59 della legge n. 449 del 1997, tuttora vigente, dispone che per “il personale del comparto scuola resta fermo, ai fini dell’accesso al trattamento pensionistico, che la cessazione del servizio ha effetto dall’inizio dell’anno scolastico e accademico con decorrenza dalla stessa data del relativo trattamento economico nel caso di prevista maturazione del requisito entro il 31 dicembre dell’anno”. Inoltre, a normativa Fornero vigente, anche nella circolare n. 2 dell’8.3.2012 del dipartimento Funzione Pubblica al punto 6) si fa riferimento alla particolarità del comparto scuola, affermando espressamente che rimane ferma la vigenza degli specifici termini di cessazione dal servizio stabiliti in relazione all’inizio dell’anno scolastico per le esigenze di servizio;
l’assenza di una disposizione riferita alla specificità della scuola nella riforma Fornero, che non era mai mancata nella normativa pensionistica precedente, ha prodotto effetti negativi su circa 4.000 lavoratori del comparto scuola, tra docenti e personale ATA – noti come “Quota96Scuola” – che avrebbero maturato i requisiti per il pensionamento nel corso dell’a. s. 2011/2012 e che avrebbero quindi avuto diritto alla quiescenza a far data dal 1 settembre 2012, ma che invece sono rimasti e restano in servizio;
considerato che:
dal gennaio 2012 sul pensionamento di questo personale sono intervenuti diversi gruppi parlamentari con atti di sindacato ispettivo, proposte di legge ed emendamenti a testi in esame delle Camere che però non hanno conseguito esito positivo, poiché i diversi governi, succedutisi nel frattempo, non hanno convenuto sulle coperture finanziarie individuate dai parlamentari per dare soluzione alla questione;
preso atto che:
con la sentenza numero 31595 del 3 novembre 2014, il giudice del lavoro del Tribunale di Salerno, dr.ssa Ippolita Laudati, ha accolto il ricorso di 42 docenti salernitani appartenenti alla suddetta platea dei “Quota96Scuola”, accertando e dichiarando “il diritto dei ricorrenti tutti ad esser collocati in quiescenza alla data dell’1.9.2012″. Nella sentenza, il giudice fonda il proprio pronunciamento proprio sulla richiamata specificità della scuola “laddove il DPR n. 358/98 stabilisce una sfasatura tra data di maturazione del diritto e data di collocamento a riposo che coincide con la fine dell’anno scolastico, ossia il 31.8.2012 nel caso di specie”. Al contempo egli ravvede una incongruenza insita nella citata circolare n. 2 dell’8.3.2012 del dipartimento della Funzione Pubblica che “non sembra invece preoccuparsi dei problemi relativi ad eventuali sfasature temporali tra il momento in cui si verificano i fatti costitutivi del diritto (età-anzianità contributiva) ed il termine dal quale si può far valere tale diritto (cessando di fatto la prestazione lavorativa). La circolare della quale si sta discorrendo distingue la data di maturazione del diritto dai termini di cessazione dei servizio, ossia distingue i fatti costitutivi del diritto a pensione dai momento afferente la decorrenza. Dunque, se la legge nuova non si occupa della decorrenza, avendo presente come discrimen il momento di maturazione dei requisiti di età/anzianità, il termine di decorrenza è regolato dalla vecchia normativa… Poiché per evitare un disservizio e garantire la continuità didattica al docente viene “imposto” di continuare a lavorare fino al 31.8.2012, appare irragionevole che proprio in forza di questa esigenza egli subisca gli effetti (negativi o positivi poco importa) di leggi successive che modificato il suo diritto già acquisito e non ancora esercitato”;
ad analoghe considerazioni era giunto nel 2012 il giudice dr.ssa Baroncini del Tribunale di Roma, collocando in quiescenza due docenti in deroga alla vigente riforma Fornero, senza che il M.I.U.R. proponesse specifico ricorso in appello;
altri giudici del Lavoro si sono espressi differentemente da quelli di Roma e Salerno: in taluni casi hanno respinto la richiesta dei ricorrenti; in altri si sono dichiarati incompetenti per materia e hanno rinviato alla Corte dei Conti; in altri, ancora, hanno rinviato alla Corte Costituzionale per eventuali profili di incostituzionalità. La detta Corte si è espressa sull’inammissibilità del ricorso per la sua formulazione: conseguentemente, due ricorsi sono stati ripresentati (da parte dei tribunali di Siena e Ragusa) e sono in attesa di sentenza della Corte stessa. Si ricorda, inoltre, che inizialmente era stato presentato ricorso anche al Tar del Lazio e che anch’esso aveva dichiarato la sua incompetenza, dando così inizio alla serie di rinvii alle varie giurisdizioni – a cui si è fatto accenno – che di fatto, dopo tre anni, privano dei cittadini anche del diritto della certezza di una sentenza, positiva o negativa che sia;
valutato che:
le sentenze di Roma e Salerno sanciscono liceità, correttezza, validità e fondatezza della aspettativa del personale della scuola denominato “Quota96Scuola” che, in presenza di requisiti economici, professionali, giuridici ed anagrafici identici e speculari a quelli dei colleghi mandati in pensione dal giudice del lavoro ritengono di dover ottenere una estensione degli effetti delle sentenze richiamate;
l’incertezza nell’individuazione del giudice naturale così come l’eccessiva alternanza di sentenze opposte tra loro e la collocazione in pensione da tre anni di due docenti in esecuzione di sentenza, nonché la mancata approvazione di una soluzione politica – attesa da tre anni ma mai conseguita nonostante le iniziative parlamentari e i pronunciamenti dei diversi governi in favore di una risoluzione alla questione – esprimono una situazione di grave pregiudizio al diritto dei cittadini di avere un “giusto processo”, testimoniando una disparità di trattamento tra lavoratori con identici titoli e medesimi diritti al pensionamento, ed accentuano il senso di distacco dalle Istituzioni, le quali creano aspettative senza poi assumere adeguate decisioni in merito;
riconoscere e garantire la specificità della scuola in relazione ai requisiti per il pensionamento come descritto in premessa, consentirebbe di incrementare le immissioni in ruolo di personale giovane, riducendo il precariato e contrastando un’anomalia propria dell’Italia, che risulta essere il Paese dell’Unione europea con la percentuale più alta di insegnanti ultra cinquantenni e quella più bassa di insegnanti al di sotto dei 30 anni;
la “finestra fissa” per il pensionamento dei lavoratori della scuola è stata dettata dalla salvaguardia della qualità e continuità del servizio scolastico e per questo non un privilegio di pochi ma un esigenza legata ad un bene comune: l’istruzione dei nostri alunni;
uno Stato che si dica affidabile e credibile agli occhi dei cittadini non può non provvedere alla correzione di errori che pesano sulla vita delle persone. –
quali iniziative o atti il Governo intenda assumere – concretamente e con la sollecitudine dovuta dopo tre anni di attesa – in ordine ai lavoratori della scuola della cosiddetta «quota 96», per risolvere le problematiche interpretative e applicative della riforma Fornero e per sanare la diseguaglianza di trattamento generata dalle sentenze di Roma, che hanno concesso il pensionamento già a due docenti – mentre quella di Salerno, se passasse in giudicato, lo concederebbe ad altri 42 ricorrenti – al fine di non creare ulteriore pregiudizio al principio di uguaglianza nel diritto nonché alla dignità umana e professionale dei lavoratori coinvolti.
Riforma Pensioni, Treu: nel 2015 il Governo riveda l'età pensionabile
Il Commissario Straordinario dell'Inps annuncia che il prossimo anno il Governo dovrebbe avere il coraggio di mettere mano al capitolo previdenziale per garantire maggiore flessibilità in uscita.
Kamsin Sono convinto che sia necessaria qualche forma di flessibilita'" in uscita. E' quanto ha detto il commissario straordinario dell'inps, Tiziano Treu, a chi gli chiedeva un commento sul referendum indetto dalla Lega nord per abrogare la legge Fornero sulle pensioni.
Secondo Treu la riforma Fornero "si puo' migliorare". Rispetto alla modulazione della flessibilita' in uscita, a chi gli chiedeva da chi dovesse essere pagata, se dal lavoratore o dallo Stato, Treu ha spiegato: "Ci sono varie opzioni, anche far pagare un po' l'uno e un po' l'altro". L'Inps, comunque, e' impegnato "a collaborare a qualche miglioramento" della riforma Fornero. Sulla questione "si decidera' dopo la legge di stabilita', ma secondo me - ha concluso - dovrebbe essere uno degli impegni dell'anno prossimo".
L'Ipotesi Damiano - Tra le varie ipotesi in materia, ricordiamo che in Parlamento giace la proposta di legge "Damiano" (pdl 857) presentata il 30 aprile 2013 alla Camera dei Deputati firmata, tra l'altro, dagli onorevoli Damiano, Baretta e Gnecchi e viene rilanciata dall'area di minoranza del Partito Democratico come strumento "strutturale" per garantire maggiore flessibilità in uscita.
Va detto che si tratta di una soluzione simile alla vecchia pensione di anzianità (che prevedeva il raggiungimento di un quorum tra anzianità contributiva ed età anagrafica) dalla quale tuttavia si differenzia per la presenza di un meccanismo di penalità e premialità: piu' si anticipa l'uscita maggiore sarà la decurtazione che il lavoratore subisce sulla rendita previdenziale. Il taglio si arresta all'età di 66 anni e al di sopra di questo valore - per chi riesce a rimanere sul posto di lavoro - si matura una pensione piu' succulenta. Vediamo più da vicino di che cosa si tratta.
In pensione a 62 anni e 35 di contributi - La proposta di legge prevede che le lavoratrici e lavoratori (pubblici, privati ed autonomi) che hanno raggiunto i 62 anni di età che abbiano maturato un' anzianità contributiva di almeno 35 anni, possono accedere a forme di pensionamento flessibili sempre che l'importo dell'assegno pensionistico, secondo l'ordinamento previdenziale di appartenenza, sia pari ad almeno 1,5 volte l'importo dell'assegno sociale.
Nel documento si specifica anche che per la determinazione dell'importo della pensione si consideri l'importo massimo conseguibile, secondo l'ordinamento previdenziale di appartenenza, e si applichi una riduzione o una maggiorazione sulla quota di trattamento pensionistico calcolata con il sistema retributivo a seconda che l'età del pensionando sia inferiore o superiore ai 66 anni (ed in funzione dei contributi versati).
Le penalità e la premiazione - In pratica viene previsto un sistema di penalizzazioni e di premialità a seconda se il lavoratore scelga di cessare l'attività lavorativa prima dei 66 anni o dopo 66 anni entro comunque un range che va dai 62 anni ai 70 anni. Il taglio massimo sull'importo pensionistico è pari all'8% per cento per i lavoratori che decidono di uscire con 62 anni e 35 di contributi e man mano si riduce del 2 % l'anno fino ad annullarsi all'età di 66 anni. Analogamente, qualora il lavoratore decidesse di rimanere sul posto di lavoro oltre i 66 anni subirebbe un incremento dell'assegno pensionistico del 2% l'anno sino ai 70 anni. Pertanto il beneficio massimo conseguibile sarà dell' 8% per cento in corrispondenza dei settant'anni.
Le penalizzazioni e le premialità si applicano sulle anzianità maturate con il sistema retributivo (dunque sulle anzianità maturate sino al 31.12.2011 per chi era nel sistema misto o sino al 31.12.95 per chi ne era rimasto escluso).
Zedde
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Pensioni, Esodati in Piazza il 27 Novembre per chiedere una soluzione definitiva
La manifestazione indetta per chiedere l'approvazione di una soluzione strutturale al fenomeno riguardante i lavoratori che hanno perso il lavoro ed hanno un'età troppo bassa per accedere alla pensione.
Kamsin I Comitati degli esodati tornano in piazza il prossimo 27 novembre a Montecitorio. E' quanto si legge in un comunicato stampa diffuso dalla "Rete dei Comitati degli Esodati" che dichiara di aver programmato la mobilitazione per denunciare l'inottemperanza del Governo agli impegni presi da suoi rappresentanti per l'inserimento nella legge di stabilità della soluzione definitiva e previdenziale al dramma, del quale il prossimo 6 dicembre ricorrerà il terzo triste anniversario della sua insorgenza.
La Rete dei Comitati degli "Esodati" scende in piazza - si legge nel comunicato - anche per protestare, con il massimo sdegno e la più forte risolutezza, contro i tentativi in atto nelle ultime settimane, da parte dei dirigenti INPS e di esponenti politici, di negare il drammatico perdurare dell'"affaire esodati" e l'esistenza di decine di migliaia di ancora non salvaguardati, (almeno 49.500 secondo gli ultimi dati diffusi dal Governo) nonostante i 6 provvedimenti di salvaguardia emanati.
La Rete dei Comitati degli "Esodati" manifesta giovedì 27 novembre perché la Politica non osi far cadere il silenzio sull'ingiustizia del mancato riconoscimento del diritto alla pensione.
Un diritto gravemente leso a decine di migliaia di "esodati" che saranno ancora una volta in piazza per chiedere a gran voce alla Politica di adempiere al suo dovere nei confronti di questi cittadini, ripristinando con urgenza il patto che lo Stato aveva sottoscritto con questi lavoratori e che poi ha vilmente rotto, devastando l'esistenza loro e delle loro famiglie.
Zedde
Esodati, Cgil: Governo approvi la settima salvaguardia
Una nota del Sindacato Cgil conferma che resta alta l'attenzione sulla vicenda dei lavoratori esodati. Nello sciopero del prossimo 12 Dicembre la Cgil chiederà l'approvazione di un nuovo provvedimento strutturale che consenta l'uscita agli ultimi 47mila lavoratori rimasti fuori dalle tutele.
Kamsin “La questione degli esodati non è affatto conclusa e l'Inps, dichiarando il contrario, non fa che smentire se stesso”. E' quanto ricorda Vera Lamonica, segretario confederale della Cgil, commentando le dichiarazioni rese il 12 novembre dal direttore generale dell'Istituto, nel corso dell'audizione alla sottocommissione esodati della Commissione Lavoro del Senato. “Abbiamo atteso prima di prendere posizione sulle parole di Mauro Nori, avremmo voluto leggere il resoconto ufficiale perché ci sembrava assurdo quanto riferito dalla stampa - spiega Lamonica - ma ad oggi non è stato pubblicato alcun documento in merito”.
“L'Inps, dichiarando conclusa con la sesta salvaguardia la questione esodati avrebbe addirittura smentito se stesso: il 15 ottobre 2014, infatti, per rispondere a una interrogazione alla Commissione Lavoro di Montecitorio, il ministro Poletti ha consegnato ai parlamentari due tabelle elaborate dall'Istituto di previdenza, da cui risultano almeno altri 46.200 esodati da salvaguardare”. Secondo le elaborazioni dell'Istituto, togliendo alcuni dei paletti previsti dalle attuali salvaguardie (come la decorrenza della pensione entro il 6 gennaio 2016), sarebbe questa la platea di persone ancora nel limbo originato dalla riforma Fornero. “Ci auguriamo quindi - continua il segretario del sindacato di corso d'Italia - che le affermazioni di Nori di sei giorni fa siano state male interpretate, anche perché, purtroppo, il dramma sociale degli esodati non è per niente finito”.
“La Cgil ha sempre sostenuto che la questione deve essere risolta con una norma di principio che riconosca in maniera definitiva e strutturale il diritto alla pensione per tutti. Una norma che il governo avrebbe dovuto inserire nel disegno di legge di stabilità 2015”. Per Lamonica “non si può pensare di arrivare ad una soluzione creando ulteriori disparità tra lavoratori ugualmente colpiti dalla manovra Monti-Fornero: non possono esserci diversità di trattamento per soggetti a cui sono stati negati diritti e che, a distanza di tre anni, si trovano ancora senza lavoro, senza ammortizzatori sociali e senza pensione”.
“E' possibile e doveroso scrivere la parola ''fine'' su questa vicenda – conclude Lamonica – ma deve esserci la volontà politica di farlo. La Cgil continuerà a lottare per i diritti di questi lavoratori, anche con lo sciopero generale del prossimo 12 dicembre”.
Zedde
Fisco, il reato nella dichiarazione infedele scatterà oltre 200mila euro
La Dichiarazione infedele sarà penalmente rilevante solo se l'imposta evasa supera i 200mila euro e non più 50mila euro così come avviene ora. Le novità sono contenute nella bozza del provvedimento di attuazione delle Delega Fiscale.
Kamsin Il Governo cambia le carte anche per alcune fattispecie di reati tipici dell'evasione fiscale depenalizzando quelle piu' lievi. Nel provvedimento attuativo della Delega Fiscale sull'abuso del diritto, secondo quanto si apprende dalle bozze che saranno discusse nel Cdm della prossima settimana, alcune fattispecie di evasione fiscale saranno perseguibili solo in via amministrativa e non costituiranno piu' un reato.
L’articolo 4 della bozza del provvedimento prevede che nel caso di dichiarazione infedele, il reato penale scatti solo dopo il superamento della soglia dei 200 mila euro. Attualmente questo tetto è molto più basso, 50 mila euro. Per chi deciderà di collaborare con il Fisco, sottoponendosi al tutoraggio dell’Agenzia delle Entrate, il tetto oltre il quale scatta il reato sarà ancora più elevato e pari a 400 mila euro. Non solo. Nel computo della soglia non si terrà conto della non corretta classificazione o valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, della violazione dei criteri di determinazione dell'esercizio di competenza, della non deducibilitá di elementi passivi reali.
Significa che se nei conti viene indicato un costo realmente sostenuto, ma che il Fisco non considera deducibile, non potrà configurarsi un reato. Su questo punto, tuttavia, ci sarebbero ancora dei dubbi dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza, che avrebbero chiesto di rivedere la norma.
Confermate le altre novità del provvedimento. L'elusione fiscale, ovvero l'abuso del diritto, non sarà più reato, ma sarà sanzionata solo amministrativamente; quanto all'applicazione della nuova normativa sui comportamenti abusivi, il testo prevede, che saranno sanzionabili le infrazioni già commesse alla data di entrata in vigore delle nuove regole ma solo a condizione che il fisco non abbia già notificato un avviso di accertamento.
Confermata la non punibilità penale delle false fatture inferiori a mille euro. Altra novità è che i beni (escluso denaro e titoli), sequestrati dalla magistratura nell’ambito di indagini fiscali, potranno essere affidati alla gestione dell’Agenzia delle Entrate e del Demanio invece che agli amministratori giudiziari.
Zedde
Statali, Sciopero generale il 12 dicembre. La Cisl non partecipa
Solo Cgil e Uil proclameranno lo sciopero generale, mentre la Cisl si tira fuori e lascia la parola alla categoria del pubblico impiego, che annuncia la protesta per il 1 dicembre.
Kamsin La Cgil e la Uil proclameranno insieme a dicembre lo sciopero generale. E' quanto ha riferito il leader della Uil, Carmelo Barbagallo, dopo aver incontrato i segretari generali di Cgil e Cisl, Susanna Camusso e Annamaria Furlan. «Con la Uil abbiamo convenuto di fare lo sciopero generale il 12 dicembre», ha confermato il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, a margine del XVI congresso della Uil. Parlando con i giornalisti Camusso ha sottolineato «l'importante convergenza» trovata con la Uil sulla legge di Stabilità e sul Jobs act.
«La Cisl - ha riferito Barbagallo - ci ha comunicato che non aderirà». «Sulle modalità di come fare lo sciopero generale - ha proseguito - dovremo approfondire, comunque non il 5 dicembre». «La Cgil ha aderito alla nostra richiesta e la data verrà spostata. Quanto al pubblico impiego «noi speriamo ancora che si possa fare una mobilitazione unitaria», ha aggiunto.
«Noi non ci siamo sfilati, non abbiamo mai valutato di dichiarare lo sciopero generale», ha spiegato il leader della Cisl, Annamaria Furlan. La confederazione sindacale ha invece indetto uno sciopero nazionale di tutte le categorie del pubblico impiego (dalla scuola alla sanità) per il primo dicembre. Dopo questa data, il comitato esecutivo del sindacato ha deciso di proseguire la mobilitazione mettendo in campo tre manifestazioni in tre città il 2, 3 e 4 dicembre, rispettivamente a Firenze, Napoli e Milano. Al centro le richieste di politica economica e sociale.
La scelta di Cgil e Uil suscita invece reazioni negative nel governo e nel Pd: uno sciopero contro la legge di stabilita' e contro il jobs act non ha motivazioni, sostiene il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, presente al Congresso; "un errore" lo giudica Filippo Taddei.
Zedde
Riforma Pensioni, nel ddl stabilità salta l'emendamento sui Quota 96
Salta una delle proposte emendamentive presentate per i quota 96 della scuola. Ma il Viceministro Enrico Morando ha dato la disponibilità del Governo a rivedere il tema sollevato dalle forze politiche.
Kamsin Nella giornata di ieri la Commissione Bilancio di Montecitorio è tornata a votare sulle modifiche proposte al ddl di stabilità dalle minoranze. In particolare sono state respinte le proposte formulate dalla minoranza Dem sul bonus degli 80 euro e sul TFR in busta paga. "Il Governo - ha detto tuttavia il viceministro all'Economia Enrico Morando - e' favorevole a prendere in considerazione modifiche della struttura del bonus bebe' previsto dalla legge di stabilita' in rapporto all'esigenza di una piu' efficace iniziativa per i minori poverissimi, in condizione di poverta' assoluta".
E' stato respinto anche l'emendamento sui quota 96 della scuola a firma Prataviera (6.04), cioè in favore dei lavoratori che hanno maturato un diritto previdenziale entro l'anno scolastico 2011/2012. La partita per il comparto non è tuttavia chiusa. Anzi. Il Viceministro Morando ha indicato che il Governo è disponibile a valutare "con attenzione le altre proposte emendative che affrontano lo stesso tema" (all'esame della Commissione Bilancio ci sono, infatti, anche altre due proposte emendative sulla stessa materia, a firma dei deputati Pannarale e DiSalvo). Il Governo, pertanto, vuole "discutere nel merito la questione nell'ambito dell'esame delle suddette proposte emendative, nel corso del quale i partiti di maggioranza e il Governo potranno esprimere le proprie valutazioni politiche circa l'opportunità di allocare risorse a questo fine".
Il Governo ha poi presentato emendamenti per eliminare l'esenzione dalle spese di notifica per gli atti e le conciliazioni sino a 1.033 euro. Via libera anche alla non cumulabilità del bonus degli 80 euro con il bonus per il rientro dei cervelli dall'estero. Per questi ultimi si prevede di incrementare da quattro a cinque anni la durata dell'incentivo previsto, l'esenzione irpef sul 90% dello stipendio purchè restino in Italia almeno per sette anni consecutivi (contro i 5 anni previsti).
Inoltre il governo ha depositato in commissione Bilancio alla Camera un emendamento all'articolo 17 della legge di stabilita' per estendere l'applicazione dell'aliquota Iva al 4% ai libri e periodici in formato elettronico (e-book), equiparandoli a quelli in formato cartaceo. Attualmente, gli e-book scontano l'aliquota ordinaria del 22%. L'applicazione dell'aliquota al 4%, si legge nella relazione tecnica all'emendamento, determina una perdita di gettito su base annua di 7,2 milioni di euro, considerando un fatturato di circa 40 milioni di euro e ipotizzando prudenzialmente che il fatturato sia destinato tutto al consumo finale.
Non sono stati affrontati i temi piu' caldi come la riduzione del prelievo sui fondi pensione, il taglio ai patronati, l'introduzione della local tax, il Canone Rai. Punti sui quali il Governo dovrebbe presentare emendamenti al Senato. La discussione in Commissione Bilancio proseguirà oggi.
Zedde