Bernardo Diaz

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Bernardo Diaz, dottore commercialista collabora con PensioniOggi.it dal novembre del 2015.  

La leader della Cisl ribadisce la necessità di intervenire sulla Riforma Fornero per garantire maggiore flessibilità in uscita. Critico il giudizio sulla previdenza complementare colpita dal Governo con la Finanziaria 2015.

Kamsin Non si può rimettere in discussione la legge Fornero senza gravare sui conti pubblici. Abbiamo ben presenti le compatibilità di bilancio. Ma non meno che l'occupazione giovanile è in forte sofferenza e che il sistema previdenziale oggi è troppo rigido. E' quanto afferma il segretario della Cisl Furlan dalle pagine del quotidiano Avvenire. Occorre invece ripristinare una certa flessibilità in uscita e tener conto che non tutti i lavori, e non tutti i lavoratori, sono uguali: le persone hanno esigenze differenti e a 67 anni è diverso stare seduti a una scrivania o salire su un'impalcatura. Bisogna far sì, perciò, che sia possibile andare in pensione dopo un certo numero di anni di contribuzione, in combinazione a una certa età".

L'ipotesi della sindacalista è di ripristinare, insomma, il sistema delle quote, cioè la vecchia pensione di anzianità. Ma a che livello? La Furlan non fissa soglie specifiche, anche se l'ipotesi di partenza - sostiene la sindacalista - è quella che ha rilanciato il Presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano: cioè la quota 100 con un minimo di 60 anni e 35 anni di contributi. "Questa è la strada a condizione però che a 40 o 41 anni al massimo resti l'uscita indipendentemente dall'età anagrafica e si cancelli quel controverso sistema di penalizzazioni che colpisce oggi solo una parte dei lavoratori". Inoltre, - ricorda la Furlan - si possono incentivare  con contributi figurativi o sgravi fiscali  le "staffette" tra un lavoratore anziano che passa a part-time e un giovane che entra in azienda e impara un mestiere.

L'altro problema che sottolinea la Furlan è la stangata sulla previdenza complementare. La finanziaria 2015 rischia di far danni anche nel campo previdenziale, grazie all'aumento delle tasse sui fondi pensione. "L'impatto della nuova aliquota  balzata in un sol colpo dall'11,5 al 20%  sarà quello di assottigliare l'assegno integrativo nel futuro. Un'assurdità, vista la progressiva magrezza delle nuove pensioni, complice la frammentazione delle carriere, il passaggio al contributivo puro con stipendi in media bassi, il Pil depresso di questi anni.

Colpire la previdenza integrativa non sembra dunque una mossa furba. Basti pensare che tra il 50 e il 60% dei dipendenti privati versa il Tfr nei fondi, proprio per accumulare un tesoretto extra negli anni della vecchiaia. In tutto sono 6 milioni i lavoratori italiani iscritti, uno su quattro. L'effetto della stangata sarà quello di avere pensioni integrative più povere domani (fino al 13% in meno), oppure versamenti più salati oggi ( fino al 12% in più) per mantenere lo stesso assegno futuro. I più penalizzati saranno i giovani.  Renzi aveva promesso di intervenire. Ma la soluzione trovata, non ancora attiva, quella del credito di imposta ai fondi pensione, non sembra poter avere una ricaduta sul lavoratore" .

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Il Governo approva in extremis un decreto legge che rinvia il pagamento dell'Imu dei terreni montani. Nel provvedimento resta lo schema basato su esenzione totale e parziale, ma la distinzione non è più puramente altimetrica: si baserà sulla classificazione dei Comuni realizzata dall'Istat che individua quelli non montani quelli parzialmente montani e infine quelli totalmente montani.

Kamsin Pagamento spostato al 10 febbraio e criteri più larghi per l'esenzione. Così il governo in un consiglio dei ministri lampo che si è svolto venerdì scorso ha trovato la quadra al pasticcio dell'Imu agricola, l'imposta la cui scadenza di pagamento era stata fatta slittare dallo scorso 16 dicembre al 26 gennaio. C'è voluta la mobilitazione delle associazioni degli agricoltori, dei comuni e del mondo politico (da ultimo una lettera di 106 deputati Pd a Renzi e Padoan), per sbloccare la situazione dopo che lo scorso dicembre l'esecutivo aveva deciso di far slittare al 26 gennaio il saldo dell'imposta con la promessa di rivedere i criteri contestati. Che però, complice una sospensiva prima introdotta e poi ritirata dal Tar del Lazio, tardava a concretizzarsi. In un primo momento, infatti, l'imposta 2014 non teneva conto delle peculiarità territoriali, perchè prendeva come unico riferimento altimetrico quello della sede del municipio, con tre fasce (sotto i 280 metri, tra 280 e 600 e sopra i 600), nè delle coltivazioni.

In extremis quindi l'esecutivo è corso ai ripari, approvando un decreto legge. Con i nuovi criteri, che si applicheranno ai pagamenti dovuti per il 2014 e poi andranno a regime a partire dall' anno in corso, il numero dei Comuni esenti in quanto situati in montagna passa da 1.498 a 3.456. Inoltre l'imposta non sarà applicata ai coltivatori diretti e agli imprenditori agricoli (purché iscritti al relativo fondo di previdenza) nei 655 Comuni definiti «parzialmente montani». E il 10 febbraio non pagheranno nemmeno coloro che sarebbero stati esenti con le precedenti norme e a maggior ragione lo sarebbero con quelle appena definite.

In pratica vengono esentati tutti i terreni, coltivati e non, ubicati nei comuni classificati come «totalmente montani» come pure i terreni posseduti e condotti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli ubicati nei comuni classificati come «parzialmente montani». Tutti gli altri terreni e soggetti saranno tenuti a pagare l'Imu entro entro il 10 febbraio. Ma chi era esente con le vecchie regole non dovrà pagare nulla anche se coi nuovi parametri dovesse risultare il contrario.

Con il decreto abbiamo risolto i problemi amministrativi sopravvenuti e tutelato ancora di più coloro che vivono di agricoltura nei territori rurali», ha osservato il ministro delle politiche agricole Maurizio Martina che per risolvere la vicenda si è incontrato con il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan trovando un'intesa a favore delle richieste del mondo agricolo, spalleggiato anche da un ampio schieramento politico. Secondo la stima del viceministro del Mipaaf Andrea Olivero la misura costerà circa 100 milioni. «E' giusto fare questo sforzo e non caricare di ulteriori pesi i comuni montani che mancherebbero all'appello degli incassi del Fisco», ha dichiarato.

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Il presidente della commissione Lavoro della Camera dei Deputati smentisce, ci sia un accanimento contro la nomina. «Assolutamente no" . Nella relazione di Pizzolante c'è apprezzamento della qualità accademica dello studioso e un rilievo sulle esperienze di carattere gestionale.

Kamsin La candidatura di Tito Boeri all'Inps è nella bufera. La questione è quella dei requisiti di Boeri, che era già stata sollevata quando Renzi lo nominò a sorpresa nel Cdm della vigilia di Natale. Il relatore di maggioranza Sergio Pizzolante (Area popolare) ha chiesto al governo di fornire chiarimenti sul requisito di «una specifica capacità manageriale e una qualificata esperienza nell'esercizio di funzioni attinenti al settore operativo dell'ente».

Le norme che regolano il funzionamento degli enti previdenziali, riviste su questo punto specifico nel 2010, prevedono che il presidente dell'Inps sia scelto «in base a criteri di alta professionalità, di capacità manageriale e di qualificata esperienza nell'esercizio di funzioni attinenti al settore operativo». Requisiti che  in particolare per quel che riguarda l'esperienza manageriale  potrebbero non essere riconosciuti al professor Boeri, che di previdenza e politiche sociali si è sempre occupato da accademico e da economista, senza però assumere incarichi di gestione diretta di una struttura attiva nel settore, anche meno complessa di quella dell'Inps.

Il presidente della commissione Lavoro di Montecitorio Cesare Damiano (esponente della minoranza Pd), su richiesta di Renata Polverini (Fi), ha quindi convocato Boeri, che dovrebbe essere ascoltato dai deputati martedì. Anche se si dà in qualche modo per scontata un'applicazione elastica della legge che, presa alla lettera, è troppo rigida.

La nomina di Boeri era arrivata a sorpresa nel consiglio dei ministri della vigilia di Natale. Non ne sapeva niente il ministro del Lavoro Giuliano Poletti e nemmeno Tiziano Treu, commissario straordinario dell'Inps. Il comitato di vigilanza dell'istituto ha già dato il via libera all'unanimità. Entro il due febbraio le commissione Lavoro di Camera e Senato dovranno dare un parere sulla nomina, che però non è vincolante. Poi il consiglio dei ministri dovrà ratificare la nomina, che sarà effettiva dopo un decreto del presidente della Repubblica firmato, in questo caso dal presidente supplente Pietro Grasso. Intorno alla metà di febbraio Boeri potrebbe entrare all'Inps.

La nomina del vertice dell'Inps è cruciale. Appena pochi giorni fa è stato dato il via libera alla convenzione con i centri di assistenza fiscale (Caf) che avevano lamentato l'impossibilità di applicare il nuovo Isee, l'indicatore di situazione economica che è stato profondamente rivisto ed è richiesto per una serie di prestazioni assistenziali, dall'accesso agli asili nido comunali alle riduzioni delle rette universitarie. Ora altre scadenze premono, a partire dall'avvio del bonus bebè, per il quale l'istituto è chiamato ad accogliere le domande dei genitori interessati (per i figli nati o adottati tra il primo gennaio di quest'anno e il 31 dicembre 2017) e poi provvedere  con relazioni mensili  al monitoraggio della spesa relativa al progetto, per evitare che ecceda le risorse finanziarie disponibili. Poi c'è la riapertura del capitolo previdenziale, punto sul quale la nomina di Boeri all'Inps potrebbe portare alcune innovazioni.

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Una norma contenuta nel disegno di legge di stabilità prevede lo stop alla possibilità di ottenere promozioni il giorno antecedente la cessazione dal servizio al fine ottenere una pensione e una buonuscita piu' succulenta.

Kamsin La legge di stabilità 2015 dopo il tormentato iter parlamentare conferma le novità della vigilia. Il comma 258 dell'articolo 1 della legge 190/2014 abroga le norme che prevedono la promozione alla vigilia il giorno precedente la cessazione dal servizio a favore del personale delle Forze armate e dei corpi di polizia ad ordinamento militare in determinate posizioni, nonché quella relativa ai Dirigenti generali e Dirigenti superiori della Polizia di Stato.

Nello specifico l'intervento dispone l’abrogazione delle norme del Codice dell’ordinamento militare che prevedono talune promozioni conferite al personale militare all’atto della cessazione dal servizio o alla vigilia del decesso per causa di servizio (individuate negli articoli 1076, 1077, 1082 e 1083 del D.Lgs. n. 66 del 2010).

Il Governo con la novella punta, quindi, ad abolire la possibilità di ottenere un trattamento di quiescenza (e una buonuscita) piu' elevato a seguito di una neo-promozione. Infatti, secondo quanto riportato nella relazione tecnica al provvedimento le richiamate promozioni hanno effetti economici sia sul trattamento pensionistico che su quello di buonuscita.

Per le Forze armate, compresa l’Arma dei carabinieri, ed il Corpo della guardia di finanza, per effetto dell’omogeneizzazione stipendiale che opera sino al grado di Colonnello e gradi equivalenti, gli ufficiali in servizio beneficiano già del trattamento economico del grado superiore e, pertanto, la promozione alla vigilia non ha conseguenze economiche. Invece, per i gradi di Generale di Divisione (con promozione a Generale di Corpo d’Armata e gradi equivalenti) e Generale di Brigata (con promozione a Generale di Divisione e gradi equivalenti), la promozione alla vigilia determina l’attribuzione dei predetti benefici economici (pensione e buonuscita).

Per quanto attiene invece il personale appartenente ai ruoli dei sottufficiali la promozione alla vigilia, nella quasi totalità dei casi, non produce effetti economici in quanto al momento dell’accesso al trattamento pensionistico riveste già il grado apicale e, quindi, non è promuovibile ulteriormente. Secondo l'ufficio Bilancio della Camera dei Deputati i risparmi annui lordi, in via prudenziale, derivanti dalla soppressione dell’istituto in parola, si aggirano tra uno e quattro milioni di euro a regime, nel 2020.

Per quanto riguarda i dirigenti generali di pubblica sicurezza la legge abroga il comma 260 della legge n. 266 del 2005 in base al quale, al personale in parola con almeno quattro anni nella qualifica al momento della cessazione dal servizio sono attribuiti il trattamento di quiescenza, normale e privilegiato e l'indennità di buonuscita spettanti ai dirigenti generali di pubblica sicurezza di livello B, con analoga anzianità di servizio; e ai dirigenti superiori della Polizia di Stato con almeno cinque anni di anzianità nella qualifica sono attribuiti la promozione alla qualifica di dirigente generale di pubblica sicurezza, a decorrere dal giorno precedente la cessazione dal servizio.

Ausiliaria. C'è poi una sforbiciata all'ausiliaria. Il comma 259 prevede, infatti, la riduzione dal 70 al 50 per cento dell’indennità di ausiliaria, calcolata quale differenza tra il trattamento di quiescenza e quello del parigrado in servizio, per il personale che transita nell'ausiliaria dal 1° gennaio 2015.

La categoria dell'ausiliaria comprende il personale militare che a seguito di cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di età previsto per il grado rivestito o a domanda ha manifestato la propria disponibilità a prestare servizio nell'ambito del comune o della provincia di residenza presso l'amministrazione di appartenenza o altra amministrazione.

Si ricorda che il personale militare permane in ausiliaria: a)  fino a 65 anni, se con limite di età per la cessazione dal servizio pari o superiore a 60 anni, ma inferiore a 62 anni; b)  fino a 67 anni, se con limite di età per la cessazione dal servizio pari o superiore a 62 anni e, comunque, per un periodo non inferiore ai 5 anni.

Riduzione delle indennità dei piloti. Una ulteriore disposizione prevede la riduzione del 50% degli importi previsti dagli articoli 1803 e 1804 del Codice dell’ordinamento militare (d.lgs. n. 66 del 2010) che regolano, rispettivamente, gli incentivi da riconoscere agli ufficiali piloti in servizio e al personale addetto al controllo del traffico aereo.

Infine si prevede, altresì, la riduzione del 50% del premio attualmente riconosciuto dal comma 4 dell’articolo 2161 del Codice dell’ordinamento militare agli ufficiali in servizio permanente del Corpo della guardia di finanza ammessi ai corsi di pilotaggio per il conseguimento del brevetto di pilota militare ed ammessi a contratte ferma volontaria di durata biennale.

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La durata sarà pari alla metà delle mensilità contributive versate fino a un massimo di 6 mesi. Si rimanda un futuro decreto la conferma o meno della tutela dopo il 2015.

Kamsin La bozza di decreto legislativo adottata dal Consiglio dei Ministri lo scorso 24 dicembre 2014 introduce, dopo la Naspi e l'assegno di disoccupazione ordinaria (Asdi), una indennità di disoccupazione specifica per i co.co.pro, nome in codice Dis-Coll, in attesa del riordino dei contratti che porterà al superamento graduale di questa forma già oggi in fase di riduzione.

L'indennità di disoccupazione per i collaboratori coordinati e continuativi sarà operativa solo per il 2015 in via sperimentale.  Ne avranno diritto i collaboratori coordinati e continuativi con o senza modalità a progetto, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata, non pensionati e privi di partita Iva, che abbiano perduto involontariamente l'occupazione nel periodo che va dal 1° gennaio al 31 dicembre del 2015.

Requisiti. Per il diritto alla Dis-Coll, nel 2015, occorrerà essere in possesso congiuntamente dei seguenti requisiti: a) stato di disoccupazione al momento della domanda; b) almeno tre mesi di contributi tra il 1° gennaio 2014 e il giorno di disoccupazione; c) almeno un mese di contributi oppure un rapporto di collaborazione di durata di almeno un mese (purché con compenso pari ad almeno 649 euro, cioè la metà dell'importo che dà diritto all'accredito di un mese di contribuzione nel 2015).

La Misura. La misura della DisColl dipenderà dal reddito dichiarato ai fini previdenziali (ciò in base al principio, comune anche alla Naspi, per cui chi più paga contributi ha diritto a prestazioni più pesanti). In particolare, la misura sarà pari al 75% del reddito dichiarato ai fini contributivi per l'anno della cessazione dal lavoro e per quello precedente, diviso per il numero di mesi di contributi, con i seguenti limiti: se il reddito medio non supera i 1.195 euro mensili, l'indennità sarà pari al 75 per cento di tale reddito; se si superano i 1.195 euro mensili l'indennità sarà pari al 75 per cento di tale reddito più il 25 per cento della differenza tra reddito medio e 1195.

L'indennità mensile, in ogni caso, non potrà superare i 1.300 euro mensili, l'importo, inoltre, andrà ridotto progressivamente di un 3 per cento a partire dal quarto mese di fruizione dell'ammortizzatore.

La Durata. La tutela spetterà, infine, per un numero di mesi pari alla metà di quelli di contributi accreditati dal primo gennaio 2014 al giorno di cessazione dal lavoro.

Qualora il beneficiario si impieghi con rapporto di lavoro subordinato, l'indennità viene sospesa d'ufficio a seguito della comunicazione obbligatoria presentata dal datore di lavoro. Se il periodo di sospensione duriameno di cinque giorni l'indennità riprende a decorrere dal momento in cui era rimasta sospesa.

Qualora, invece, il beneficiario intraprenda un' attività lavorativa autonoma deve informarne l'Inps e se da tale attività deriva un reddito inferiore al limite utile ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione, la DisColl è ridotta di un importo pari all'80% del reddito previsto, rapportato al periodo di tempo intercorrente tra la data di inizio dell'attività e la data in cui termina il periodo di fruizione dell'indennità o, se antecedente, la fine dell'anno. La perdita dello stato di disoccupazione comporta il venir meno dell'indennità.

Inoltre, per il periodo di vigenza, la DisColl fa venire meno il diritto all'indennità una tantum di cui all'articolo 2, commi 51-56, della legge 92/2012, prevista a favore dei collaboratori coordinati e continuativi a progetto iscritti esclusivamente alla gestione separata dell'Inps, operanti in regime di monocommittenza ed in possesso, nel 2013, di un reddito fino a 20.220 euro.

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