Fisco

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Debutta oggi il nuovo spesometro, uno strumento rinnovato, che dovrebbe consentire al fisco una più efficace lotta contro gli evasori. L’obbligo interessa chi liquida l’Iva con cadenza trimestrale: dovrà comunicare gli acquisti superiori ai 3.600 euro fatti nel 2013.

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Scatta oggi l’obbligo per chi liquida l’Iva con cadenza trimestrale di comunicare gli acquisti superiori ai 3.600 euro fatti nel 2013 mentre, il 30 aprile, l’obbligo sarà esteso agli operatori finanziari attraverso i quali passano i pagamenti effettuati con carta di credito e bancomat. Da oggi infatti - il termine cadeva di domenica, ed è quindi slittato a martedì - scatta l'obbligo di inviare la comunicazione, cosiddetto "spesometro", con i dati relativi al 2013, da parte dei contribuenti che effettuano la liquidazione Iva trimestrale.

Non uno strumento nuovo, ma decisamente rinnovato lo spesometro che debutta. Quella attuale è infatti una versione modificata dello spesometro che nel 2010 riguardava le spese da 25 mila euro in su, una ‘taglia’ ritenuta troppo alta per stilare delle griglie fedeli al reale. Abbassando la soglia a 3.600 euro l’obiettivo è quello di ottenere una fotografia dei contribuenti italiani più fedeli al reale. In questa soglia rientrano infatti beni come auto ma anche gioielli, iscrizioni annuali a palestre, mobili e viaggi.
 
All’Agenzia delle Entrate bisognerà comunicare sia le prestazioni rese che ricevute. I commercianti dovranno comunicare tutte le vendite emesse con fattura ma, nel caso dei commercianti al dettaglio, lo spesometro scatterà solo se le operazioni per le quali non c’è l’obbligo di fattura (ma documentate da scontrino o ricevuta fiscale) hanno un importo pari o superiore ai fatidici 3.600 euro. I commercianti, le imprese e gli operatori finanziari che venderanno beni “di lusso” o particolarmente costosi saranno obbligati a comunicarlo al Fisco. Nella comunicazione si devono indicare i dati del 2013, relativi alle operazioni per le quali sussiste l'obbligo di emissione della fattura, comunicando per ciascun cliente e fornitore, tutte le operazioni effettuate, a prescindere dall'importo.
 
Saranno esonerate dallo spesometro le cessioni all’esportazione effettuate dalle imprese, le importazioni e gli acquisti intracomunitari che sono già soggetti ad altre rilevazioni da parte dell’anagrafe tributaria.
 
Con le informazioni ottenuto attraverso questo strumento lo Stato italiano potrà controllare, come detto, le posizioni dei singoli contribuenti confrontando il loro reale tenore di vita con quanto dichiarato in sede di dichiarazione dei redditi. Ma lo spesometro servirà anche a fare un identikit delle aziende.
 
Banche ed operatori finanziari, il 30 aprile di ogni anno, dovranno comunicare i dati delle operazioni Iva (sempre superiori a 3.600 euro) effettuate l’anno precedente attraverso carta di credito o bancomat. Gli operatori dovranno comunicare al Fisco i dati di chi ha sostenuto l’acquisto, gli importi della transazione, la data e il codice fiscale dell’operatore attraverso il quale è avvenuto il pagamento elettronico. Le società di leasing e di noleggio che compilano l’apposita dichiarazione sono esonerate dallo spesometro.
 

Si riduce l'aliquota su interessi, plusvalenze e minusvalenze dei titoli emessi da enti territoriali di Stati white list.

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Passa dal 20 al 26% l'aliquota sulle rendite finanziarie con l'esclusione dei titoli di Stato. Tutte le imposte oggi fissate al 20% come gli interessi sui conti correnti, conti deposito ed obbligazioni, proventi azionari e polizze vita, dal prossimo 1° luglio passeranno al 26% per coprire il taglio Irap per le imprese.

Ci sarà solo un'eccezione che riguarderà gli interessi e redditi diversi di natura finanziaria sui titoli emessi dagli enti territoriali di Stati White list che vedranno applicata una aliquota fissata al 12,5% rispetto al 20%. Resterà fissa al 12,5% l'aliquota sui titoli di stato e resterà parimenti invariata la ritenuta dell'1,375% sui dividendi distribuiti a società residenti in Stati Ue o See white list e sugli interessi corrisposti a veicoli non residenti per l'emissione di obbligazioni sui mercati internazionali. I proventi dei fondi pensioni restano assoggettati a imposta sostitutiva dell'11%.

Gli 80 euro al mese andranno nelle tasche di circa 6 milioni di lavoratori dipendenti con un reddito che si attesta tra 16 e 24 mila euro all'anno. Per gli altri il bonus sarà pari al 4 per cento del reddito complessivo se la dichiarazione è sotto quota 16mila.

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Sono esclusi gli incapienti del bonus Irpef approvato ieri dal Consiglio dei Ministri presieduto dal premier Matteo Renzi. L'unica certezza è che il governo è impegnato ad intervenire con il contributo anche il favore di quei quattro milioni di lavoratori dipendenti che oggi hanno un reddito inferiore ad 8000 euro.

Insomma una sola e semplice dichiarazione di intenti che ha deluso tutti quanti coloro che nei giorni scorsi immaginavano un' estensione del decreto taglia Cuneo a 14 milioni di interessati. 

Secondo il premier la scelta di non includere gli incapienti al bonus è stata dettata in particolare dal fatto di voler mantenere fede all'annuncio fatto nelle scorse settimane circa l'arrivo di un bonus di 80 euro nelle buste paga di 10 milioni di lavoratori dipendenti che dichiarano fino a 24 mila euro. L'estensione del credito anche agli incapienti avrebbe coinvolto altri 5 milioni di contribuenti ma avrebbe comportato un effetto economico nelle buste paga più ridotto e dunque inferiore alla promessa di 80 euro. Per il premier quindi l'intervento sugli incapienti sarà contenuto in un successivo provvedimento.

Il decreto legge ha previsto che il premio Irpef vada a 3 categorie di contribuenti: a) a coloro che hanno reddito non superiore a 16 mila euro (che prenderanno il 4 per cento di bonus del reddito complessivo); b) a coloro che hanno reddito fra 16 e 24 mila euro (che conseguiranno un bonus di 640 euro); c) a coloro che hanno un reddito superiore a 24 mila euro ma non oltre 26.000 euro.

L'operazione varata dal Consiglio dei Ministri si aggiunge al ritocco all'insù delle detrazioni previste a fine 2013 dall'esecutivo Letta che avevano però interessato una platea più ampia costituita da tutti i dipendenti fino 55.000 euro di reddito. Ciò significa che dalla somma di queste misure il guadagno netto per i lavoratori che oscillano tra i 15 e 18 mila euro l'anno arriverà intorno ai 100 euro al mese.

Il premier ha anche spiegato che gli 80 euro in più non sono nè detrazione, né contributi previdenziali ma esclusivamente un credito. Si tratta cioè di un bonus che verrà attribuito dal datore di lavoro direttamente in busta paga.

La data per il versamento dell'acconto di giugno della Tasi dipenderà dalle scelte dei Sindaci. Per le prime case il rischio è uno slittamento a dicembre.

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Per quest'anno i comuni hanno la facoltà nella determinazione delle aliquote della Tasi di effettuare un incremento ulteriore dell'aliquota non superiore allo 0,8 per mille a condizione che vengono finanziate detrazioni d'imposta sulla prima casa o sulle unità immobiliare ad essa equiparata tali da generare effetti sul carico d'imposta Tasi equivalenti a quelli previsti con l'applicazione dell'Imu. In pratica il carico fiscale generato dall'aumento dell'aliquota non deve essere superiore a quello che i contribuenti pagavano con l'Imu nel 2012. 

A seguito delle modifiche apportate dal Parlamento al decreto legge 16 2014 gli effetti per i contribuenti potranno divergere a seconda se il Comune abbia fissato o meno le aliquote Tasi per il 2014.  Pochi problemi nel caso in cui il Comune abbia, entro il 31 maggio, pubblicato le delibere di approvazione delle aliquote e delle detrazioni. In tal caso il contribuente si presenterà la cassa il 16 giugno per l'acconto e il 16 dicembre per il saldo dell'imposta pagando in base delle aliquote fissate dal comune.

Più complesse le regole se il comune non rispetta la data del 31 maggio. Se entro tale data il Comune non abbia determinato l'aliquota per gli immobili diversi dall'abitazione principale il versamento della prima rata per il primo anno di applicazione della Tasi dovrà essere eseguito sulla base dell'aliquota standard, pari all'1%; il versamento della rata a saldo dell'imposta dovuta per l'intero anno verrà eseguito a conguaglio sulla base delle aliquote fissate dal comune.

Per gli immobili adibiti ad abitazione principale, in assenza di una fissazione dell'aliquota entro il 31 maggio, il primo anno di applicazione della Tasi prevede invece che il versamento dell'imposta venga effettuato in un'unica rata entro il termine del 16 dicembre 2014. 

Renzi promette che gli 80 euro di bonus sono solo un antipasto. Presto misure in favore degli incapienti e dei pensionati con pensioni al di sotto dei mille euro.

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Nel testo definitivo del decreto legge taglia Irpef uscito dal consiglio del ministri della scorsa settimana, il credito d'imposta da 640 euro netti per otto mesi sarà erogato ai lavoratori dipendenti con eccezione dei lavoratori incapienti e abbia un reddito fino a 24 mila euro. Da 24 mila e fino a 26 mila euro, invece, ii bonus scenderà arrivando rapidamente a zero. Renzi, insomma, ha voluto un'operazione chiara, che non prestasse fianchi deboli a critiche come è avvenuto in passato per il bonus Letta, quello basato sul sistema delle detrazioni e che, alla fine, si era risolto in pochi spiccioli in busta paga.

Il bonus dunque dal prossimo mese di Maggio sarà di 80 euro netti per tutti i 10,4 milioni di contribuenti che hanno un reddito compreso tra 8 mila e 24 mila euro. Nel bozza del decreto legge si prevede anche che in caso di mancanza di capienza del sostituto d'imposta per versare il bonus, questo potra essere recuperato sui contributi Inps.

Con questa nuova misura si può iniziare anche a fare qualche calcolo di quanto i lavoratori si troveranno ad avere in più nelle buste paga grazie al doppio bonus, quello di Renzi e quello del governo Letta. Se il primo è fisso, il secondo, essendo basato sul sistema delle detrazioni, ha una curva che raggiunge il suo massimo intorno ai 15 mila euro di reddito. Chi si trova in questa fascia di reddito ha già ottenuto un bonus di 19 euro mensili con Letta. Ora con gli 80 euro che arriveranno dalla misura approvata da Renzi la somma raggiunge i 100 euro.

Renzi dovrà ora sciogliere il nodo degli incapienti, cioè coloro che guadagnano meno di 8 mila euro annui che sono stati esclusi dai benefici. Per loro il premier ha promesso un nuovo intervento in un secondo momento. Intervento che dovrebbe arrivare anche per i pensionati che hanno una pensione inferiore a mille euro al mese. Ma il grande punto interrogativo è se il governo riuscirà a rendere "strutturale", il bonus di 80 euro. Per ora la copertura basta solo per il 2014 e il suo rifinanziamento richiede 10 miliardi per il 2015. Ci penserà la prossima legge di stabilità che dovrà individuare le risorse. 

In assenza di una precisazione nel decreto legge taglia irpef anche i rendimenti delle casse professionali potrebbero essere tassati al 26%.

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L'innalzamento delle aliquote sulle rendite finanziarie potrebbe interessare anche le Casse di previdenza dei professionisti. Nella bozza del decreto legge, infatti, non è contenuta alcuna esenzione per le casse professionali, enti che contano oltre due milioni di iscritti. Dal prossimo 1° luglio, quindi, anche tali enti vedranno passare la tassazione dei rendimenti dal 20 al 26 per cento

La denuncia arriva da Andrea Camporese, presidente dell'associazione degli enti previdenziali privati, che sottolinea il rischio di un aggravio per i conti e i rendimenti delle Casse e l'ampliamento ulteriore del divario rispetto ad altre forme previdenziali: "Se fosse confermata la tassazione al 26% anche per le Casse, si realizzerebbe una gravissima lesione del diritto, per gli iscritti, a essere considerati uguali agli altri cittadini italiani ed europei, dato che chi versa all'Inps non è soggetto ad alcuna tassazione, mentre in Europa chi è iscritto alle Casse private ha una tassazione compresa tra lo zero e il tre per cento".

Inoltre si amplierebbe la differenza di trattamento con i fondi di previdenza complementare che, pur non obbligatori, fruiscono di una tassazione sulle rendite all'11% per cento. Le Casse privatizzate, invece di vedersi ridurre questa forbice, da luglio rischiano di assistere a un incremento delle disparità, oltre al fatto che da tempo lamentano il peso fiscale della doppia tassazione: quella a loro carico sui rendimenti e quella sulle prestazioni, gravante sugli iscritti, al lordo dei rendimenti già tassati.

Il conto a carico degli enti rappresentati dall'Adepp determinato dal previsto aumento delle aliquote è presto fatto: già oggi la tassazione delle rendite al 20% costa alla previdenza privata circa 450 milioni di euro che equivale a una riduzione dell'8% delle prestazioni; con l'aliquota al 26% si sale a circa il 12% delle prestazioni attese. Nel caso in cui fosse confermato l'aumento – sostiene Camporese – reagiremo in tutte le sedi sia sul piano giuridico che legislativo, considerando questo atto un vero e proprio scandalo che non ha nulla a che vedere con l'equità sociale affermata dal Presidente del Consiglio dei ministri".

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