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La soppressione delle collaborazioni coordinate e continuative potrebbe avere ripercussioni sulla possibilità di utilizzare la contribuzione accreditata dagli iscritti nella gestione separata ai fini pensionistici.

Kamsin Il Consiglio dei Ministri del prossimo 20 Febbraio ha in programma di abrogare, probabilmente dal 1° gennaio 2016, la tipologia contrattuale della collaborazione coordinata e continuativa, il cui utilizzo improprio ha spesso provocato situazioni di precarietà che il Governo si propone di superare. Il venir meno di questa forma contrattuale avrà indubbie ripercussioni sul sistema pensionistico in generale e, soprattutto, su quello individuale degli iscritti nella gestione separata dell'Inps. Dai dati forniti dall'Inps per l'anno 2013 emerge che, su un totale di 1.239.198 iscritti alla gestione, i collaboratori a progetto sono 302.834. La soppressione della casistica potrebbe avere, quindi, conseguenze per la gestione in generale che perderà un pesante apporto contributivo annuo.

Non solo. L'abolizione di questa figura contrattuale avrà riflessi anche sugli stessi lavoratori le cui posizioni previdenziali rischiano di essere trasferite presso il Fpld, in quanto diventano titolari di un rapporto di lavoro subordinato; se così sarà la conseguenza è che questi lavoratori avranno maggiori difficoltà nella valorizzazione della contribuzione accumulata nella gestione separata accreditata sino al trasferimento.

La contribuzione della gestione separata non può, infatti, essere unificata alla contribuzione versata in altre gestioni dell'Ago, o nelle gestioni sostitutive, se non in base a specifiche disposizioni normative, fra cui rileva la disposizione introdotta dalla legge 228/2012, che dal 1° gennaio 2013 consente agli iscritti presso due o più forme di assicurazione obbligatoria dei lavoratori dipendenti, autonomi, degli iscritti alla gestione separata e alle forme sostitutive ed esclusive, di cumulare gratuitamente i periodi non coincidenti ai fini del conseguimento di un'unica pensione che può, però, essere, però, esclusivamente di vecchiaia, di inabilità assoluta ed ai superstiti.

Viceversa, gli iscritti alla gestione separata, in possesso di contribuzione in altri fondi precedente il 1° gennaio 1996, possono ai sensi dell'articolo 3 del Dm 282/1996 esercitare la facoltà di computare detta anzianità contributiva nella gestione accedendo al pensionamento di vecchiaia e anticipata, in base alle disposizioni previste per i soggetti, il cui primo accredito contributivo decorre dal 1° gennaio 1996.

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Per quanto riguarda, invece, i riflessi sulla gestione separata, è opportuno evidenziare che l'obbligo di iscrizione interessa diverse tipologie di lavoro autonomo, talvolta solo dopo il superamento di determinate soglie reddituali: • i liberi professionisti, per i quali nonèprevistaunaspecificacassa previdenziale;
• i titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa, anche con modalità a progetto o di ridotte dimensioni; • i venditori a domicilio, ex articolo 36 della legge 426/71; • gli spedizionieri doganali non dipendenti; • gli assegni di ricerca.. • i beneficiari diborse di studioper la frequenza ai corsi di dottorato di ricerca; • i lavoratori autonomi occasionali; • gli associati in partecipazione; • i medici con contratto di formazione specialistica; • i prestatori di lavoro occasionale accessorio (voucher).

Renzi promette un dietrofront in occasione del Cdm del 20 Febbraio. Sui contributi si pensa a una proroga dell'aliquota che resterebbe bloccata al 27% per il 2015 invece di salire al 30% e via via la 33% nel 2018. Novità in arrivo anche con i decreti attuativi del jobs act: stop dal 2016 i co.co.pro. e i contratti a termine non potranno durare più di due anni, contro i 3 attuali.  

Kamsin Ancora pochi giorni prima di conoscere le intenzioni del Governo sul regime dei minimi delle partite Iva. Con un tweet ieri il premier Matteo Renzi ha tranquillizzato i professionisti penalizzati dalla legge di stabilità: il Consiglio dei ministri del 20 febbraio rimedierà a quello che lo stesso presidente del Consiglio ha definito il «più clamoroso autogol» del governo, cioè la stangata fiscale e contributiva ai danni delle partite Iva, soprattutto nel caso dei giovani professionisti free lance. In realtà la stangata contributiva non è opera diretta del Governo in quanto l'aumento era stato già programmato prima della legge di stabilità ma all'esecutivo va la responsabilità di non aver messo un argine all'aumento (l'aliquota è passata in un sol colpo da dal 27 al 30%).

I nuovi minimi. La correzione annunciata da Renzi riguarderà la norma della legge di stabilità che ha innalzato dal 5% al 15% l'aliquota forfettaria per le partite Iva introducendo soglie diverse di ricavi (da 15 mila dei professionisti a 40 mila euro dei commercianti) per accedere al regime agevolato (prima c'era una soglia unica di 30 mila euro). L'intervento prospettato è di modificare la soglia dei 15 mila euro prevista peri professionisti portandola almeno a 20 mila euro, avendo verificato che in molti denunciano ricavi tra i 15 e i 20 mila euro l'anno.

Si allarga così la platea dei beneficiari. Ma non basta. Si sta valutando anche l'ipotesi di ridurre l'aliquota al 10 contro il 15% disposta con la legge di stabilità. E, in questo caso, la modifica andrebbe a beneficio di tutte le partite Iva ammesse alla tassazione agevolata. Il nodo da sciogliere riguarda l'entrata in vigore delle modifiche, che potrebbero partire da gennaio 2016 perché il Tesoro vorrebbe evitare un cambio di aliquote in corso d'anno. In questo caso, nel Mileproroghe verrebbe prorogato per il 2015 il vecchio regime del 5% con la libertà di optare per quello previsto dalla legge di stabilità se ritenuto più favorevole. Sui contributi si pensa a una proroga dell'aliquota del 27% anche il 2015 invece di salire al 30%

I nuovi contratti. Cambio di passo anche per i contratti "flessibili" con i nuovi decreti del jobs act. Cambierà il regime per i co.co.co, che saranno meno convenienti dei nuovi contratti a tutele crescenti, mentre si va verso un superamento per i collaboratori a progetto (i co.co.pro.), che dovrebbero scomparire da gennaio 2016. Potrebbero sparire anche i contratti di associazione in partecipazione usati soprattutto nel commercio per mascherare come soci i lavoratori dipendenti. Qualche problema in più per i "lavori a chiamata", molto usati nei settori del commercio e della ristorazione.

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Molti parlamentari sia di maggioranza che di opposizione chiedono al Governo di mantenere gli impegni assunti dal presidente del Consiglio e di intervenire. 

Kamsin Settimane chiave per la soluzione della stangata sulle partite Iva arrivata con la legge di stabilità con l'anno nuovo. Il provvedimento che ha elevato dal 5% al 15% l'aliquota forfettaria per il regime agevolato «dei minimi» riducendo il tetto di fatturato per l'accesso al meccanismo da 30 mila a 15 mila euro è stata una vera batosta per centinaia di migliaia di professionisti che si affacciano sul mercato quest'anno. 

I relatori al decreto milleproroghe hanno annunciato la presentazione di alcuni emendamenti al provvedimento all'esame della Camera dei Deputati. I relatori Marchi e Sisto hanno avvertito che sul versante fiscale si sia ragionando su due ipotesi di aggiustamento: «O prorogare la normativa precedente o consentire la scelta» tra vecchio regime (al 5%) e il nuovo (al 15% ma senza limiti, né di durata né di età).

Caccia anche alle risorse per evitare o almeno limitare l'aumento dei contributi per professionisti e freelance iscritti alla gestione separata Inps. Servono non meno di 180 milioni di euro per riuscire a coprire il congelamento del rincaro dal 27% al 30% (a cui va aggiunto lo 0,72% di quota maternità).  Alla fine potrebbe anche spuntare una situazione di compromesso, che consentirebbe non di impedire del tutto l'aumento ma almeno di contenerlo in un solo punto percentuale. In realtà, non bisogna dimenticare che la progressività dei rincari dovrebbe portare a raggiungere addirittura quota 33% nel 2018.

Tra le altre misure che potrebbero vedere la luce nel milleproroghe c'è la riapertura dei termini per il pagamento rateale dei debiti con Equitalia: il piano di rientro rateale potrà durare fino a 72 mesi e essere chiesto fino a luglio 2015 da tutti i contribuenti decaduti entro fine 2014. Sempre i relatori hanno annunciato un emendamento per la proroga di tre mesi degli sfratti. Ma è subito intervenuto il Ministro Lupi che ha chiarito: «Nessuna proroga o miniproroga degli sfratti. Si sta studiando una norma che tuteli i nuclei familiari che rientrano in quei casi di sfratto per fine locazione di particolari categorie di inquilini».

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Il peso del fisco resta più alto sul lavoro dipendente e sulle pensioni. Quasi il 50% dello stipendio se ne va in tasse e contributi previdenziali. 

Kamsin Tra fisco e contributi lo stipendio dei lavoratori viene dimezzato. Parola dell'Istat. Secondo gli ultimi dati pubblicati dall'Istituto di Statistica nel 2012 il costo medio del lavoro dipendente, al lordo delle imposte e dei contributi sociali, è stato di 30.953 euro all’anno, mentre il lavoratore ha percepito una retribuzione netta pari a poco più della metà (il 53,3%), per un importo medio pari a 16.498 euro. Il reddito medio da lavoro autonomo, al lordo delle imposte e dei contributi sociali, è stato invece pari a 23.432 euro annui.

Il Cuneo Fiscale supera il 45%. La differenza tra il costo sostenuto dal datore di lavoro e la retribuzione netta del lavoratore dipendente, il cosiddetto cuneo fiscale e contributivo, si attesta al 46,7% in media: i contributi sociali dei datori di lavoro ammontano al 25,6% e il restante 21,1% è a carico dei lavoratori in termini di imposte e contributi. Il peso del fisco è comunque più alto sul lavoro dipendente; l’incidenza media delle imposte dirette sul totale dei redditi individuali lordi, al netto dei contributi sociali, è pari al 19,4% ma si attesta al 21,3% per il reddito da lavoro dipendente, al 17,5% per le pensioni e al 17,1% (Irap inclusa) per il reddito da lavoro autonomo. Le persone sole di età inferiore a 64 anni sono nello specifico la tipologia familiare su cui grava il maggiore peso fiscale, con un’aliquota media del 21,6%. 

Il carico fiscale è inferiore tra le famiglie del Mezzogiorno (16,3%), essendo il reddito mediamente più basso e il numero di familiari a carico più elevato, rispetto a quelle del Nordest (19,9%) del Centro (20,1%) e del Nordovest (21%). Per le famiglie con un solo percettore, il più basso livello di reddito determina un’aliquota media fiscale inferiore di oltre mezzo punto percentuale (18,9%) a quella delle famiglie con due o più percettori (19,6%).

Fra il 2011 e il 2012, l’aliquota media fiscale è passata passa dal 17,9% al 18,3% per le famiglie con unico percettore di reddito se si tratta di un reddito (prevalente) da lavoro autonomo, con una crescita inferiore rispetto a quanto registrato per le restanti due tipologie di famiglie monopercettore (lavoro dipendente dal 19,5% al 20,5% e redditi non da lavoro dal 16,8% al 17,4%).

Oltre la metà entro 30mila euro. Secondo la rilevazione, condotta sulle dichiarazioni dei redditi 2012, oltre la metà dei redditi lordi individuali (54%) si colloca tra 10.001 e 30.000 euro annui, il 25,8% è al di sotto dei 10.001 euro e il 17,6% risulta tra 30.001 e 70.000, mentre solo il 2,4% supera i 70.000 euro. Più del 40% dei redditi da lavoro autonomo e il 35% di quelli da pensione si collocano al di sotto dei 10.000 euro annui, contro il 27,5% dei redditi lordi da lavoro dipendente, e il 15% dei lavoratori autonomi dichiara redditi compresi tra i 15 mila e i 30 mila euro annui, mentre solo il 3,2% dichiara redditi superiori ai 70 mila euro annui.

Milano resta la provincia più ricca in termini di valore aggiunto per abitante prodotto nel 2012, con 46,6 mila euro, seguita da Bolzano con 35,8 e Bologna con 34,4. La media nazionale è pari a 24,2 mila euro per abitante. Le province con il valore aggiunto per abitante più basso sono Medio Campidano e Agrigento (con circa 12 mila euro) e Barletta-Andria-Trani e Vibo Valentia (con meno di 13 mila euro).

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Dal nuovo regime forfettario sarà possibile dedurre totalmente solo i contributi previdenziali versati nell'anno in cui si applica il regime. 

Kamsin Il nuovo regime forfettario introdotto dalla legge di stabilità 2015 prevede il pagamento di un'imposta del 15% che sostituisce l'irpef, le addizionali regionale e comunale e l'Irap. Ma soprattutto esonera il contribuente da molti adempimenti amministrativi particolarmente insidiosi, come la compilazione del modello degli studi di settore, la dichiarazione Iva e naturalmente la dichiarazione Irap. Chi si avvale infatti del nuovo regime non applica l'Iva sulle proprie prestazioni, siano esse cessioni di beni o prestazioni di servizi, e di conseguenza non detrae l'Iva sugli acquisti (niente diritto alla rivalsa e alla detrazione).

Da considerare anche che il nuovo regime esonera anche dall'essere soggetti alle ritenute d'acconto. Questo significa che la fattura fatta da un professionista per motivi inerenti l'attività economica al contribuente che applica il nuovo regime sarà scevra da ritenuta d'acconto. Non rivestendo la qualifica di sostituto d'imposta, il contribuente sarà perciò esonerato da tutti gli adempimenti connessi cioè il versamento delle ritenute operate, la loro certificazione e la trasmissione telematica del modello 770.

Il contribuente agevolato non ha poi l'obbligo di effettuare le registrazioni contabili e di tenere i registri obbligatori ai fini delle imposte dirette e dell'iva. Il reddito infatti viene determinato applicando l'imposta sostitutiva del 15% su una percentuale a forfait dei ricavi o compensi. Rimane invece l'obbligo di conservare i documenti contabili sia emessi che ricevuti: i primi serviranno proprio a verificare che il reddito sottoposto all'imposta sostitutiva sia corrispondente alle fatture emesse.

L'agevolazione per i giovani. Per chi inizia un'attività però è prevista una particolare agevolazione con la riduzione del reddito imponibile ad un terzo nei primi tre anni. Per avere diritto a questa opportunità occorre però che si verifichino tre circostanze: a) il contribuente, nei tre anni procedenti, non deve aver svolto attività artistica, professionale o d'impresa, neanche in forma associata o familiare; b) l'attività da esercitare non dove costituire mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta, anche sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, a meno che non si tratti del periodo di pratica obbligatoria richiesto per l'esercizio dell'arte o della professione; c) se si tratta di prosecuzione di attività svolta in precedenza da un altro soggetto, l'ammontare dei ricavi/compensi realizzati nel periodo d'imposta precedente non deve essere superiore alla soglia indicata per quell'attività.

Le soglie. Le soglie di ricavi e compensi che non devono essere superati per accedere al regime agevolato variano a seconda del settore economico. Ad esempio, gli intermediari del commercio e i professionisti non dovranno totalizzare ricavi per più di 15mila euro, mentre chi svolge attività di servizi di alloggio e di ristorazione la soglia sale fino a 40mila euro. Su questi parametri si deve applicare il coefficiente di redditività (anch'esso variabile a seconda del settore economico, si veda tabella).  Al reddito così determinato, si sottraggono i contributi previdenziali versati nell'anno, e si applica un'imposta sostitutiva di Irpef, addizionali e Irap pari al 15 per cento.

Ad esempio un professionista con 12mila euro di ricavi e compensi deve applicare su tale somma il coefficiente 78% e quindi sottrarre i contributi previdenziali versati (immaginiamo 600 euro). 12.000 x 78% = 9.360 euro - 600 euro = 8.760 euro. Su tale reddito si applicherà l'imposta sostitutiva del 15% e quindi l'importo da pagare sarà di 1.314 euro.

Per essere ammessi al regime agevolato del 2015 occorre rispettare anche altri requisiti: le spese per il personale non devono eccedere 5mila euro e il valore lordo dei beni strumentali al 31 dicembre 2014 non deve superare 20mila euro. Se poi si svolgono contemporaneamente attività diverse, occorre considerare il limite più elevato dei ricavi e compensi relativi alle diverse attività esercitate.

Le modifiche. Il regime sarà comunque oggetto di un restyling ulteriore nelle prossime settimane. Dopo le polemiche il Governo sta studiando l'innalzamento delle soglie e risorse permettendo  l'abbassamento dell'imposta sostitutiva dal 15% anche fino al 10 per cento oppure la possibilità di far convivere sia il vecchio regime (imposta sostitutiva al 5%) che il nuovo. 

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La riforma dell'Isee agevola i nuclei familiari con Isee superiori a 7800 euro. Chi ha fatto domanda entro fine gennaio potrà beneficiare dell'assegno con le nuove regole, cosa impossibile invece in base alla vecchia disciplina, se avesse fatto domanda entro il 31 dicembre 2014.

Kamsin E' scaduto il 31 Gennaio scorso il termine per presentare le domande per l'assegno mensile per il nucleo familiare pagato dai Comuni relative al 2014 da parte delle famiglie con almeno tre figli minori. Tuttavia occorre prestare attenzione: se le domande sono corredate di una dichiarazione sostitutiva per l'Isee sottoscritta nel 2015, l'indicatore della situazione economica equivalente è determinata dall'Inps con le nuove regole diverse rispetto al passato. E' quanto ha comunicato la presidenza del Consiglio dei ministri, in una nota diffusa sulla «Gazzetta Ufficiale il 30 Gennaio.

L'assegno al nucleo familiare. Come noto, l'assegno in parola spetta ai nuclei con almeno tre figli minori previa richiesta al comune di residenza, per anno solare, entro il 31 gennaio dell'anno successivo. Per l'anno 2014, per il quale le domande si potevano presentare sino al 31 gennaio scorso, l'assegno è di 141,01 euro e su base annua (13 mesi) vale quindi 1.833,26 euro.

La riforma del riccometro, però, ha cambiato dal 1° gennaio 2015 l'indice di riferimento: non più l'Ise ma l'Isee. Ebbene, applicando la «nuova» disciplina al nucleo standard (due genitori che lavorano e 3 figli minorenni), per l'anno solare 2014, l'assegno spetta al nucleo con Isee fino a 8.538,91 euro (risultato della rivalutazione dell'1,1% della soglia fissata per legge a 8.446 euro per il 2013) che corrisponde a un Ise di 27.751,45 euro (per l'applicazione del coefficiente 3,25 nella scala di equivalenza). In base alla «vecchia» disciplina, per l'anno solare 2014, l'assegno invece spettava al nucleo con un Ise fino a 25.384,91 euro corrispondente ad un Isee fino a 7.800 euro. La riforma dell'Isee, quindi, includerà ulteriori soggetti alla fruizione degli assegni in parola. 

Secondo quanto comunicato dalla Presidenza del Consiglio, pertanto, chi ha presentato domanda nel corso dell'anno 2014 l'assegno spetta in base alla vecchia disciplina Ise, ma solo per un semestre (per l'altro semestre si applica, invece, la nuova disciplina Isee); chi ha presentato domanda entro il 31 gennaio l'assegno viene calcolato in base alla nuova disciplina Isee.

L'Isee vale anche per le domande presentate nel 2015 per l'assegno mensile di maternità 2014 (338,21 e Isee 16.921,11 euro).

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