Pensioni, Alla Camera arriva il DDL che taglia gli assegni d'oro

Bernardo Diaz Mercoledì, 19 Settembre 2018
Ritoccate al rialzo di 10mila euro le soglie di reddito pensionistico oltre il quale scatterebbero le riduzioni in funzione dell'età di ritiro. All'interno del provvedimento sale anche l'abolizione dei privilegi ai sindacalisti.
Arriva alla Camera il disegno di legge di Cinque Stelle e Lega sul taglio alle pensioni d'oro. La proposta è stata depositata ufficialmente ieri in Commissione Lavoro alla Camera dei Deputati con alcuni accorgimenti rispetto alla bozza circolata agli inizi di Agosto.

Se da un lato resta invariato il meccanismo del taglio dell'assegno basato sull'età di pensionamento il provvedimento presentato alla Camera lima verso l'alto la soglia di reddito oltre il quale scatterebbero le riduzioni. Nella prima versione il limite era di 80 mila euro lordi annui; la proposta depositata ieri dai due capigruppo della maggioranza alla Camera, D’Uva e Molinari, innalza questa cifra a 90mila euro. Gli assegni colpiti sarebbero, quindi, quelli superiori a 4500 euro netti al mese rispetto ai 4mila euro netti precedenti, una correzione volta ad arginare le ampie critiche piovute nelle scorse settimane.  

Resta invariato, come accennato, il meccanismo di calcolo delle riduzioni pari al rapporto tra il coefficiente di trasformazione vigente all'età di decorrenza della pensione e quello previsto all'età per la pensione di vecchiaia (67 anni dal 2019). Per le pensioni aventi decorrenza anteriore al 1° gennaio 2019 - data in cui dovrebbe entrare in vigore il progetto di legge - si utilizzerà come divisore un coefficiente minore rimodulato ad un'età anagrafica variabile a seconda dell'anno di decorrenza della pensione secondo una apposita tabella allegata al disegno di legge. Un congegno che consente di scomputare gli effetti della speranza di vita per coloro che sono andati in pensione sin dalla metà degli anni '70 riducendo quindi l'erosione del trattamento in corrispondenza della medesima età anagrafica. Per chi è andato in pensione prima del 1996 i raffronti si effettueranno, invece, sui coefficienti di trasformazione forniti in origine con la legge 335/1995. Il taglio così calcolato si applicherà sulla sola quota retributiva dell'assegno ed in ogni caso è prevista una salvaguardia in base alla quale il trattamento all'esito della decurtazione non possa terminare al di sotto dei 4500 euro netti al mese (circa 90mila euro lordi annui). Il disegno di legge conferma poi l'esclusione dalla decurtazione i trattamenti di invalidità, di reversibilità e quelli riconosciuti alle vittime del terrorismo o del dovere.

La tavola sottostante - elaborata da PensioniOggi - consente di visualizzare la riduzione del trattamento pensionistico a cui si andrebbe incontro a seconda dell'età dell'assicurato al momento della decorrenza della pensione e dell'anno di decorrenza della stessa. Come si nota quanto maggiore è l'anticipo (rispetto alla data della pensione di vecchiaia ricalcolata a ritroso sin dagli anni '70) maggiore è la riduzione della pensione, che in taluni casi può superare anche il 20%, mediamente il taglio per ogni anno di anticipo è intorno al 2-3%.

Stop ai privilegi dei sindacalisti

Nel provvedimento sale anche l'abolizione dei privilegi per i sindacalisti promessa dal Ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, a Luglio. L'articolo 5 del provvedimento reca, infatti, una norma di interpretazione autentica (quindi con efficacia retroattiva) dell'articolo 3, commi 5 e 6, del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, stabilendo che la contribuzione aggiuntiva versata dalle organizzazioni sindacali destinata ad integrare la contribuzione figurativa o effettiva versata a favore dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, dirigenti sindacali o componenti degli organismi direttivi statutari delle confederazioni ed organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative nel comparto o area di riferimento non sia più utile ai fini della determinazione della quota A di pensione riferita alle anzianità maturate sino al 31 dicembre 1992. Tale incremento sarà utile ai fini della determinazione della quota B di pensione limitando, pertanto, di gran lunga il beneficio conseguibile in pensione a differenza di quanto accade attualmente. La modifica è stata trasposta nel DDL su indicazione dell'Inps.

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Documenti: La Proposta di Legge numero 1071 di Lega e CinqueStelle

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