Pensioni, Ecco il mix di strumenti per flessibilizzare le uscite nelle imprese

Bernardo Diaz Lunedì, 26 Marzo 2018
Tutti gli strumenti a disposizione delle imprese e datori di lavoro del settore privato per collocare in pensione anticipata la forza lavoro in prossimità dell'età pensionabile. 
Con il rafforzamento dell'assegno di esodo e il decollo dell'ape aziendale da quest'anno si completa il mix di strumenti a disposizione delle imprese per flessibilizzare le uscite della forza lavoro più anziana. Per limitare i danni della legge Fornero il legislatore ha introdotto diversi canali per incentivare il ricambio generazionale o per collocare in prepensionamento la forza lavoro eccedentaria o in esubero, accomunati dall'obiettivo di spostare a carico dell'azienda e/o del lavoratore la maggior parte dei costi economici dell'operazione. E' dunque utile avere un rapido quadro d'insieme della situazione aggiornato sulla base delle recenti disposizioni legislative. 

L'Esodo Fornero

Il primo strumento per flessibilizzare le uscite è l'isopensione, in vigore dal 2012, e consente alle imprese che mediamente occupano più di 15 dipendenti, di collocare a riposo, i lavoratori senior a non più di 4 anni alla maturazione del diritto alla pensione secondo il regime Fornero (sia pensione di vecchiaia che pensione anticipata) facendosi carico in cambio dell'intero costo dell'operazione. Recentemente il periodo di anticipo è stato portato temporaneamente a sette anni per il triennio 2018-2020 (qui i dettagli) consentendo un più ampio utilizzo a quelle imprese interessate ad ampliare il ricambio della forza occupazionale.

La solidarietà settoriale

Accanto all'isopensione ci sono gli assegni straordinari di sostegno al reddito, erogati dai fondi di solidarietà di settore che operano nei settori produttivi non coperti dall'integrazione salariale: questi sostegni possono accompagnare alla pensione quei lavoratori a cui mancano non più di 5 anni dal raggiungimento della pensione di vecchiaia o della pensione anticipata in esito ad un piano di riorganizzazione e/o di crisi aziendale delle aziende che rientrano nel perimetro di applicazione del fondo settoriale.  Con riferimento al fondo di solidarietà del credito cooperativo e del settore bancario il periodo di anticipo è stato portato a sette anni nel triennio 2017-2019 (qui i dettagli). Si tratta di due strumenti utilizzati però solo dalle imprese di maggiori dimensioni a causa degli alti costi economici dell'operazione, che vengono interamente sostenuti dai datori di lavoro e, pertanto, sono i più favorevoli per i lavoratori dal punto di vista della copertura pensionistica.

L'Anticipo sostenuto dalle imprese

Da quest'anno è in vigore, inoltre, l'ape aziendale, un meccanismo più versatile e meno oneroso per le imprese e che, soprattutto non richiede il raggiungimento di un accordo sindacale o la causale della crisi o riorganizzazione aziendale. Attraverso l'ape aziendale i datori di lavoro possono incrementare il montante contributivo del dipendente che sceglie di aderire al nuovo prestito pensionistico e sciogliere il rapporto di lavoro. Il contributo economico consentirà così di attutire la rata di ammortamento del prestito. L'anticipo però non è pagato, a differenza dall'impresa esodante ma dalla banca che eroga mensilmente il prestito sino al raggiungimento dell'età pensionabile. E pertanto è molto meno oneroso rispetto ai due strumenti pocanzi citati. La misura, essendo agganciata ai requisiti per l'ape volontaria è, tuttavia, disponibile solo per quei lavoratori che si trovino a non più di 3 anni e 7 mesi dalla pensione di vecchiaia e che abbiano compiuto i 63 anni. Considerando che la misura è sperimentale sino al 31 dicembre 2019 si rivolge ai nati entro il luglio del 1956. Dunque ha un perimetro di applicazione molto più ristretto all'isopensione o all'assegno di solidarietà straordinario. 

La solidarietà espansiva

Da citare anche una novità contenuta nell'articolo 41 del decreto legislativo che riforma degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro (dlgs 148/2015). La disposizione da utlimo citata consente, nell'ambito dei contratti di solidarietà espansiva, a quelle aziende che intendono assumere stabilmente nuova forza lavoro di trasformare, previo consenso degli interessati, in part-time il rapporto di lavoro dei dipendenti a non più di due anni alla pensione di vecchiaia con la contestuale attribuzione di parte del trattamento pensionistico in modo da garantire loro un reddito mensile pari a quello erogato prima della trasformazione del rapporto di lavoro. Parliamo, comunque, di una misura ancora non pienamente operativa in quanto carente delle disposizioni di dettaglio ma che avrà, probabilmente, scarso successo per le difficoltà applicative. 

Il Part Time Agevolato

Infine nel novero delle opportunità disponibili va segnalato anche il part time agevolato. I dipendenti del settore privato a tempo indeterminato a non più di tre anni dalla pensione di vecchiaia possono optare, previo accordo con il datore, per la trasformazione del rapporto di lavoro in part time con riduzione dell'orario di lavoro tra il 40 ed il 60%. In questa ipotesi il datore versa il differenziale della contribuzione dovuta tra l'orario pieno ed il part-time direttamente in busta paga al lavoratore (che non viene tassato) mentre lo Stato coprirà per intero la contribuzione per tale periodo. La misura, tuttavia, ha avuto uno scarso appeal: partita in forma sperimentale dal 2016 al 2018 ha registrato sino ad oggi poche centinaia di domande a causa dei costi elevati per i datori di lavoro. A fine anno, quindi, è molto probabile che non sarà rifinanziata.

La tavola sottostante elaborata da PensioniOggi offre un utile riepilogo degli strumenti di flessibilità a carico delle aziende per spedire in pensione la forza lavoro. 

Ricordiamo che questi strumenti possono essere utilizzati solo dai lavoratori del settore privato in costanza di attività lavorativa. E producono diversi vantaggi per le imprese le quali, oltre a ridurre il costo della forza lavoro, possono allo stesso tempo sostituire con i contratti a tutele crescenti i nuovi assunti. Nel settore pubblico non ci sono, invece, sostanziali forme di incentivazione all'esodo. 

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