Pensioni

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Una parte dell'assegno, anche per chi era nel sistema totalmente retributivo, viene comunque ad essere calcolata sulla base del sistema contributivo. E' l'effetto della Riforma Fornero del 2011.

Kamsin Per determinare l'ammontare delle propria pensione bisogna tenere conto che il sistema di calcolo cambia a seconda dell'anzianità contributiva maturata al 31 dicembre 1995. Per chi può contare su almeno 18 anni di assicurazione si applica il tradizionale, e più favorevole, criterio retributivo, legato agli stipendi dell'ultimo periodo lavorativo.

Con l'ultima riforma, il calcolo retributivo interessa solo l'anzianità maturata sino al 31 dicembre 2011. Per chi ha meno di 18 anni di assicurazione, il criterio utilizzato è quello misto. Per l'anzianità maturata sino al 31 dicembre 1995 si applica il metodo retributivo, e per i periodi successivi vale il criterio contributivo, strettamente legato al valore dei versamenti effettuati. A chi è stato assunto dopo il primo gennaio 1996, per finire, si applica invece soltanto il criterio contributivo.

Metodo retributivo - Il cosiddetto sistema di calcolo «retributivo», definitivamente soppresso dal primo gennaio del 2012, si basa su due elementi: il numero degli anni di contribuzione e la media delle retribuzioni, aggiornate, riferite all'ultimo periodo di attività lavorativa. L'ammontare della pensione è pari al 2% del reddito pensionabile per ogni anno di contribuzione: con 25 anni si ha diritto al 50%, con 35 anni al 70% e così via, fino all'80% con 40 anni, massima anzianità presa in considerazione.

La misura della rendita è costituita dalla somma di due distinte quote (A e B): la prima (A) corrispondente all'importo relativo all'anzianità contributiva maturata sino al 31 dicembre 1992; la seconda (B) corrispondente all'anzianità acquisita dal primo gennaio z 993 al 31 dicembre 2011. La base pensionabile della quota A è data dalla media degli stipendi degli ultimi 5 anni che precedono la decorrenza. Mentre quella di riferimento della quota B (da utilizzare per l'anzianità acquisita dal primo gennaio 1993 in poi) si ricava dalla media annua delle retribuzioni degli ultimi 10 anni (sempre andando a ritroso dalla decorrenza).

Gli importi utilizzati per il conteggio non sono quelli effettivamente incassati con la busta paga, ma quelli rivalutati tenendo conto dell'inflazione, con esclusione dell'anno di decorrenza e di quello immediatamente precedente. Per una pensione con decorrenza 2014, la retribuzione di 30 mila euro percepita nel 2012 diventa pensionabile nella misura (rivalutata) di 30.600 euro.

Metodo contributivo - Il meccanismo è molto semplice. La legge stabilisce che il montante individuale dei contributi sia ricavato applicando alla base imponibile (retribuzione o reddito) una aliquota di computo, 33% per i lavoratori dipendenti, 22,20% per gli autonomi, e rivalutando la contribuzione così ottenuta su base composta al 31 dicembre di ogni anno, con esclusione della contribuzione dello stesso anno, al tasso di capitalizzazione dato dalla variazione media quinquennale del prodotto interno lordo (Pil) nominale.

Al momento del pensionamento, al montante contributivo, ossia alla somma delle quote accantonate (e rivalutate), si applica un coefficiente di conversione correlato all'età: 4,661% per chi sceglie di chiederla a 60 anni, 5,435% a 65 anni, e così via sino al massimo di 6,541% per chi lavora sino a 70 anni. Come si può notare, il meccanismo su cui si basa il calcolo contributivo premia attraverso una rendita crescente negli anni chi rimane al lavoro il più a lungo possibile.

La quota C - Per le pensioni con decorrenza dal 2012 in poi , il calcolo della rendita deve tener conto anche di una quota (C), riferita all'anzianità acquisita dopo il 31 dicembre 2011. La riforma Monti-Fornero ha infatti introdotto, a partire dal primo gennaio 2012, il criterio di calcolo contributivo per tutti, compresi coloro che potevano contare su 18 anni di versamenti al 31 dicembre 1995, i quali hanno finora beneficiato del solo (e più favorevole) criterio retributivo.

In sostanza, chi avrà una pensione con il calcolo «misto», incasserà un assegno dato dalla somma di due quote: quella «retributiva» determinata sulla base dell'anzianità maturata al 31 dicembre 2011; quella «contributiva» riferita all'anzianità acquisita rispettivamente dal primo gennaio 2012, ovvero dal primo gennaio 1996.

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Possibile la soluzione della vicenda che vede protagonisti i 4 mila docenti e personale Ata della scuola. Si va verso lo sblocco degli scatti per il personale del comparto difesa e sicurezza. Retribuzioni ancora al palo per gli altri dipendenti pubblici.

Kamsin Nella manovra ci sarà anche un pacchetto di misure sul pubblico impiego e sulle pensioni. E' quanto si apprende da diverse agenzie di stampa che citano fonti vicine a Palazzo Chigi. Secondo quanto ha anticipato il Corriere della Sera la manovra potrebbe prevedere un taglio del 3% delle retribuzioni dei dirigenti pubblici. Praticamente sicuro invece lo stop al blocco degli scatti per il personale del comparto sicurezza, mentre - molto probabilmente - il blocco sarà prorogato per gli altri dipendenti pubblici, "anche se su questo punto è in corso un confronto tra i ministeri dell'Economia e della Pubblica amministrazione".

Secondo il Sole24Ore la manovra conterrà anche la soluzione alla questione delle uscite degli insegnanti con «quota 96» sulla quale si sta concludendo la valutazione tecnica da parte del Ministero dell'Economia. Mentre sullo stop alle penalizzazioni sino al 2017 per i lavoratori che hanno perfezionato i 42 anni e 6 mesi di contributi ma non hanno ancora raggiunto i 62 anni la partita è ancora aperta. Si tratta queste di due misure "critiche" sulle quali il Governo aveva fatto una brutta figura la scorsa estate quando fu costretto a stralciarle in fretta e furia dal decreto legge 90/2014 sotto i rilievi della Ragioneria Generale dello Stato.

I tecnici dell'Economia stanno lavorando anche all'altra misura annunciata da Renzi nelle scorse settimane. Si tratta dell'inserimento del Tfr in busta paga. Con il trascorrere delle ore aumentano le chances che questa misura possa trovare posto nella "stabilità". «Al 90 per cento riusciamo a realizzarla con la legge di Stabilità», dicono gli esperti del governo che hanno in mano il dossier. Che il nodo sia solo tecnico lo sottolinea anche il fatto che Renzi ha incassato anche il via libera delle piccole imprese industriali.  Sembra che ci sia anche la disponibilità delle banche a "sostituire" il Tfr con un credito a tassi agevolati.

Le banche, dunque, anticiperanno i soldi al lavoratore interessato e le aziende li restituiranno alle banche una volta che quel lavoratore cesserà il rapporto. L'ipotesi di un intervento della Cassa depositi e prestiti sembrerebbe meno probabile. Ci sono poi altre due questioni di non semplice soluzione. L'operazione Tfr non dovrà compromettere la stabilità del sistema dei fondi pensionistici integrativi. È possibile che i lavoratori che hanno optato per destinare il proprio Tfr nei fondi possano essere esclusi, ma questo genererebbe una differenza di opportunità. Ci sono poi quei circa 6 miliardi di euro che le aziende con più di 50 dipendenti versano a un fondo dell'Inps anziché tenerli come autofinanziamento.

Non ci dovrebbero essere invece problemi per la proroga dell'ecobonus del 65% e del bonus del 55% per le ristrutturazioni edilizie. Le due agevolazioni avranno una durata triennale ma dal 2016 dovrebbero gradualmente ridursi.

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L'Inps sta inviando le lettere che autorizzano il pensionamento con i requisiti ante 2012 nei confronti di quei lavoratori che nel corso del 2011 hanno fruito della legge 104/1992.

Kamsin L'Inps ha comunicato questa settimana di aver esaurito il plafond delle 2500 posizioni disponibili per la salvaguardia dei lavoratori che nel corso del 2011 hanno fruito dei congedi e/o permessi per l'assistenza di un familiare con disabilità. L'ultimo lavoratore incluso nella graduatoria, formulata sulla base della data di maturazione di un diritto a pensione secondo la vecchia disciplina pensionistica, ha perfezionato il diritto entro il 31 Ottobre 2012

L'Inps sta pertanto ultimando l'invio delle lettere di certificazione del diritto alla fruizione della salvaguardia in parola. 

Per i dipendenti pubblici le regole per il pagamento dell'indennità di buonuscita risultano essere quelle indicate nella Circolare Inps 73/2014. E cioè nei casi di dimissioni volontarie (ipotesi prevalente perchè il lavoratore che ha ricevuto la lettera di salvaguardia in genere presenta le dimissioni dall'ente in cui lavora) il pagamento avverrà non prima di 24 mesi mentre nei casi di risoluzione da parte della pubblica amministrazione per raggiungimento del limite ordinamentale (65 anni) i termini vengono accorciati a 12 mesi. Scaduti questi termini, l’istituto ha l'onere di porre in pagamento la prestazione entro 3 mesi (quindi il termine di pagamento è pari a 27 o 15 mesi) pena il pagamento degli interessi.

Per importi superiori a 50mila euro ma inferiori a 100mila euro il pagamento sarà frazionato secondo quanto previsto dalla legge 147/2013. L'erogazione avverrà in due rate di cui la prima erogata con i termini sopra citati e la seconda trascorsi ulteriori 12 mesi. Se la prestazione dovesse risultare superiore a 100mila euro, l'erogazione avverrà in tre rate con l'ultima rata pagata dopo ulteriori 12 mesi dalla seconda erogazione.

Si ritiene, peraltro, che i dipendenti che grazie alla salvaguardia riescano a conseguire un diritto a pensione entro il 2013 i frazionamenti di 50mila e 100mila siano portati rispettivamente a 90mila e 150mila euro. Una precisazione sul punto da parte dell'Istituto nazionale di Previdenza sarebbe tuttavia utile a chiarire la vicenda.

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L'Inps sta avviando la liquidazione delle prestazioni pensionistiche in regime di salvaguardia in favore dei lavoratori beneficiari della quinta procedura di salvaguardia (cd. salvaguardia dei 17mila).

Kamsin L'istituto nazionale di previdenza con il messaggio interno numero 7450 del 6 Ottobre 2014 ha reso noto di aver avviato la liquidazione delle pensioni nelle gestioni private in favore dei lavoratori salvaguardati di cui all’articolo 1, comma 194 e ss., della legge 147/2013 (c.d. salvaguardia dei 17.000).

L'Inps comunica che il sistema di gestione del conto Unicarpe e le procedure di liquidazione delle pensioni sono state aggiornate per consentire la liquidazione della pensione in favore dei lavoratori salvaguardati di cui all’articolo 1, comma 194 e ss., della legge 147/2013. La liquidazione in oggetto è ammessa per le pensioni dirette di categoria VO, VOS, VR, VRS, VOART, VOARTS, VOCOM, VOCOMS, VDAI, VOBANC, VGAS, VES, DZ, e fondi speciali di tipo “V” ET, EL, TT, VL, FS e VPT (ex-IPOST).

"Al momento è possibile la liquidazione delle pensioni in salvaguardia ex L.147 solo per le categorie di fondi che sono liquidate con la nuova procedura reingegnerizzata (EL, TT, VL ed ET per tutto il territorio nazionale, FS e PT per le sole sedi pilota di Milano, Torino, Trieste, Reggio Calabria e Bologna)". L'Inps raccomanda quindi "alle sedi che ancora utilizzano la procedura non reingegnerizzata per la liquidazione delle pensioni FS e PT di non procedere alla liquidazione di questa tipologia di pensioni".

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Con la sesta salvaguardia vengono estesi di un anno tutti i profili di tutela attualmente aperti. Controlla qui se rispetti i requisiti per accedere ai benefici.

Kamsin Con l'approvazione al Senato la settimana scorsa del disegno di legge 1558 il legislatore ha confermato l'estensione delle vecchie regole di pensionamento in favore di ulteriori 32.100 lavoratori. L'intervento, come già anticipato da pensionioggi.it nei giorni scorsi, allunga di un anno i vari profili di tutela aperti spostando il paletto della decorrenza, dal 6 gennaio 2015 al 6 gennaio 2016.

Nel perimetro ci sono cinque profili di tutela: lavoratori in mobilità, autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione, cessati dal servizio (con accordi con il datore o licenziati in via unilaterale); lavoratori in congedo per assistere soggetti con disabilità; nonchè (ed è la vera novità della sesta salvaguardia) lavoratori cessati dal servizio per la scadenza naturale di un contratto a tempo determinato.

Per aiutare i lettori a districarsi in questo continuo divenire di norme, pensionioggi.it ha aggiornato, in attesa che venga pubblicata il ddl 1558 in Gazzetta Ufficiale e che seguano le istruzioni operative, il nuovo programma per verificare, in anteprima, la possibilità di entrare nella sesta salvaguardia con l'individuazione della corretta data di decorrenza della rendita previdenziale. Vai al programma: Controlla se sei salvaguardato

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Un disegno di legge bloccato al Senato da oltre un anno consentirebbe ai lavoratori invalidi con invalidità superiore al 46% di ottenere fino a 5 anni di contribuzione figurativa per anticipare l'accesso alla pensione. Le associazioni a tutela dei lavoratori invalidi: "fare presto".

Kamsin Possibilità per gli invalidi per qualsiasi causa, ai quali sia stata riconosciuta un’invalidità superiore al 46 per cento, ma inferiore al 74 per cento, di richiedere per ogni anno di lavoro effettivamente svolto, il beneficio di un mese di contribuzione figurativa. Fino ad un massimo 5 anni valutabili ai soli fini del diritto alla pensione e dell'anzianità contributiva. E' quanto prevede il ddl 682 presentato al Senato da Nicoletta Favero (Pd) Stefania Pezzopane (Pd), Laura Puppato (Pd) e Laura Bignami (Gruppo Misto).

Il ddl si pone l'obiettivo di rimediare alla situazione di difficoltà in cui si trovano i lavoratori a cui sia stata riconosciuta un’invalidità superiore al 46% ma inferiore al 74% - che la legge attuale tratta al pari dei lavoratori sani - dando loro la possibilità di richiedere per ogni anno di lavoro effettivamente svolto, il beneficio di un mese di contribuzione figurativa, fino al limite massimo di cinque anni di contribuzione figurativa utile ai soli fini del diritto alla pensione e dell’anzianità contributiva. I lavoratori potenziali beneficiari, secondo quanto si legge nella relazione al ddl,  sono stimabili in circa 400 mila unità.

La proposta è "vecchia" in quanto giace in Senato da oltre un anno e la sua discussione non è stata ancora calendarizzata in Commissione Lavoro di Palazzo Madama. Un ritardo che "pesa" ricorda l'Aduc e varie altre associazioni che tutelano i lavoratori invalidi civili: "l'approvazione del testo sarebbe un segnale importante dato che la Riforma Fornero del 2011, che ha previsto un notevole innalzamento dell’età pensionabile, non ha adeguato la normativa alla realtà dei lavoratori invalidi che dovranno continuare a lavorare fino a quasi 70 anni di età nonostante le loro condizioni di salute".

Con il ddl infatti sarebbero estesi benefici previsti dal comma 3 dell’articolo 80 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 che attualmente consente, a decorrere dal 1º gennaio 2002, ai lavoratori sordomuti e agli invalidi per qualsiasi causa, ai quali sia stata riconosciuta un’invalidità superiore al 74 per cento, di richiedere per ogni anno di lavoro effettivamente svolto, il beneficio di due mesi di contribuzione figurativa. Il beneficio, nella forma attualmente vigente, è riconosciuto fino al limite massimo di cinque anni di contribuzione figurativa utile ai soli fini del diritto alla pensione e dell’anzianità contributiva.

La proposta prevede l'estensione di tali benefici anche in favore dei lavoratori ai quali sia riconosciuta un’invalidità superiore al 46 per cento, ma inferiore al 74 per cento. "Questi lavoratori, per i quali è riconosciuto il collocamento obbligatorio, ai fini pensionistici sono equiparati, di fatto, ai lavoratori sani" si legge nella relazione al testo del provvedimento.

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