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Un emendamento al ddl delega sulla Pa proposto da Hans Berger promuove il ricambio generazionale mediante la riduzione su base volontaria e non revocabile dei lavoratori prossimi al pensionamento. Ma costoro dovranno pagarsi i contributi.

Kamsin "Abbiamo riformulato l'emendamento che rimette in pista l'ipotesi della staffetta generazionale nelle pubbliche amministrazioni tenendo in considerazione i rilievi della Rgs". Lo ricorda in una nota diffusa in serata dal Senatore Hans Berger a proposito del lavoro svolto dal Gruppo delle Autonomie in Assemblea sul disegno di legge delega di Riforma della Pubblica Amministrazione dopo alcune indiscrezioni di stampa.

"Il governo e il relatore alla riforma della Pubblica amministrazione, Giorgio Pagliari, si sono detti disponibili a valutare la nostra proposta di staffetta generazionale perchè è facoltativa e soprattutto non comporta nuovi oneri nè a carico dell'amministrazione nè per l'Inps. Ma le votazioni sull'emendamento si svolgeranno nelle prossime sedute" precisa Berger e quindi "la misura non è stata ancora approvata".

"Ai dipendenti pubblici prossimi alla pensione diamo la possibilità di scegliere per un contratto di lavoro part-time con riduzione delle ore lavorate e della relativa retribuzione. Chi sceglie questa strada dovrà tuttavia sostenere il costo del versamento dei contributi previdenziali sino all'età di pensionamento effettivo. In cambio le amministrazioni pubbliche potranno assumere nuovo personale" conclude Berger.

L'ipotesi di Berger a ben vedere non è tuttavia molto conveniente per lo statale: se il progetto dovesse essere approvato, infatti, chi opta per la riduzione dell'orario di lavoro avrà una riduzione di stipendio e in piu' dovrà mettere mano al portafogli per versare la differenza dei contributi tra il part time ed il tempo pieno.

L'emendamento prevede "la facoltà, per le amministrazioni pubbliche, di promuovere il ricambio generazionale mediante la riduzione su base volontaria e non revocabile dell'orario di lavoro e della retribuzione del personale in procinto di essere collocato a riposo, garantendo, attraverso la contribuzione volontaria ad integrazione ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 564 del 1996, la possibilità di conseguire l'invarianza della contribuzione previdenziale, consentendo nel contempo, nei limiti delle risorse effettivamente accertate a seguito della conseguente minore spesa per redditi, l'assunzione anticipata di nuovo personale, nel rispetto della normativa vigente in materia di vincoli assunzionali. Il ricambio generazionale di cui alla presente lettera, non deve comunque determinare nuovi o maggiori oneri a carico degli enti previdenziali e delle amministrazioni pubbliche".

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Zedde

Una nota del Ministero del Lavoro precisa che non è possibile effettuare stage negli uffici pubblici nell'ambito della Garanzia Giovani.

Kamsin No agli stage per i giovani destinatari del Piano Garanzia Giovani con età ricompresa tra 15 e 29 anni all'interno delle Pubbliche Amministrazioni. Lo precisa il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la nota n.7435/2015. Nell'ambito della Garanzia Giovani sono infatti previsti appositi percorsi che prevedono la possibilità di poter fare esperienza in imprese/aziende per una durata massima di sei mesi, che si raddoppiano nei casi che si tratti di giovani diversamente abili o in sitazione di "svantaggio".

Il Ministero chiarisce però che il prinicipio per il quale l'accesso agli impieghi presso la PA debba avvenire per mezzo di concorsi, ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione, determina l'esclusione delle Amministrazioni Pubbliche dal poter ospitare tirocini nell'ambito del Programma suddetto proprio a causa dell'impossibilità che i periodi di tirocinio presso Soggetti/Enti Pubblici, nazionali o internazionali, consentano un successivo inserimento lavorativo come richiede il Programma. Lo scopo dei tirocini è infatti l'inserimento o reinserimento lavorativo del giovane e non può avvenire nella PA, in quanto l'unica modalità di accesso è quella del concorso pubblico.

Con la medesima nota il Dicastero di Via Veneto, sebbene non risulti una norma che lo vieti espressamente, suggerisce di fatto di non instaurare un tirocinio in presenza di un rapporto/vincolo di parentela tra il titolare dell'impresa ospitante e il tirocinante. Cio' al fine di evitare l'abuso nell'attuazione della misura.

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Zedde

Al via il portale della mobilità, nella pubblica amministrazione, indispensabile per garantire la ricollocazione del personale in esubero proveniente dalle province.

Kamsin Parte formalmente sul sito www.mobilita.gov.it l'applicazione informatica con la quale le amministrazioni interessate sono tenute a rendere disponibile l'elenco dei dipendenti da mettere in mobilità ai sensi dei commi 423 e seguenti della legge 23 dicembre 2014, n. 190. Dovrebbe così entrare nel vivo una procedura che per la verità ha già subito più di un ritardo anche per la difficoltà di sincronizzare le norme della riforma Delrio, integrata dall'ultima legge di Stabilità, con l'azione delle Regioni a cui toccherebbe assorbire una quota del personale in esubero.

Manca poi un altro tassello che l'esecutivo si è impegnato a completare quanto prima, ed è quello relativo al decreto ministeriale che conterrà i criteri per la ricollocazione dei lavoratori in mobilità con le relative tabelle di equiparazione che dovrebbero fare in modo che il trasferimento da un comparto all'altro avvenga a parità di stipendio.

Con la pubblicazione dell'applicativo informativo le varie amministrazioni provinciali potranno iniziare ad indicare nome e cognome di coloro che non ritengono più necessari, data la riduzione delle proprie funzioni e il conseguente taglio del 50 per cento degli organici (limitato al 30 per cento per i grandi centri, che si stanno trasformando in città metropolitane).

Per loro i percorsi possibili saranno principalmente quattro. Chi riesce a centrare la decorrenza della pensione, calcolata con le vecchie regole, entro il 2016 potrà essere avviato al pensionamento, in deroga alla Legge Fornero (articolo 22 del Decreto legge 95/2012). Ci sono poi i dipendenti attualmente impegnati nei servizi per l'impiego, che dovrebbero essere assorbiti dalla nuova Agenzia nazionale, anche se il punto è ancora oggetto di discussione con le Regioni. Quindi i componenti della polizia provinciale, il cui destino è legato al riordino dei corpi di polizia, in via di definizione nell'ambito della legge delega di riforma della Pubblica amministrazione. Infine restano i dipendenti che dovrebbero effettivamente essere trasferiti tra enti locali e amministrazioni pubbliche, poco meno della metà dei 20 mila complessivamente interessati dal processo di mobilità. Il futuro di queste persone dipende in buona parte dalle scelte delle Regioni, chiamate a decidere con proprie leggi quali funzioni in precedenza gestite dalle Province intendano assorbire.

In relazione alla necessità di ricollocare il personale, il legislatore vincola inoltre gli enti a destinare il 100% del turn over alla mobilità del personale degli enti di area vasta (salvaguardando però l'assunzione dei vincitori di concorso pubblico collocati nelle proprie graduatorie vigenti o approvate al 1° gennaio 2015). In sostanza le regioni e gli enti locali dovranno destinare il budget delle assunzioni relativo agli anni 2015 e 2016 (quello cioè riferito alle cessazioni 2014 e 2015) per ricollocare il personale soprannumerario proveniente dalle province. Le regioni, inoltre, valuteranno se estendere l'obbligo anche agli enti del Servizio sanitario regionale in relazione al loro fabbisogno di personale amministrativo e adotteranno al riguardo appositi atti di indirizzo per un'applicazione del comma coerente con il regime delle assunzioni degli enti del medesimo Servizio sanitario regionale.

seguifb

Zedde

L’obiettivo è verificare che l'importo complessivamente erogato non superi quanto sarebbe stato conseguito applicando il sistema retributivo vigente sino al 2011.

Kamsin L'Inps sta procedendo al ricalcolo degli assegni liquidati dopo il 2012 per quei lavoratori che hanno almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995. L'obiettivo è verificare che l'importo dei trattamenti erogati non superi quanto sarebbe stato corrisposto con il sistema retributivo in ossequio al nuovo "tetto" introdotto dall'articolo 1, comma 707 della legge 190/2014 (legge di stabilità 2015). La misura avrà, infatti, effetti anche sugli assegni già liquidati ante 2015 e, pertanto, l'istituto dovrà effettuare il raffronto su tutti i lavoratori usciti dal 2012 in poi con le regole Fornero e procedere, eventualmente, al recupero delle somme indebitamente corrisposte a decorrere dal 1° gennaio 2015.

Il Doppio Calcolo. La Circolare Inps 74/2015 chiarisce che dovrà essere messo in pagamento l'importo minore tra la cifra determinata con il sistema di calcolo vigente (cioè retributivo sino al 2011 e contributivo pro rata dal 1° gennaio 2012) e quella determinata applicando il calcolo interamente retributivo per tutte le anzianità contributive maturate dall’assicurato.

L'assegno determinato con questa seconda modalità di calcolo sarà tuttavia meno penalizzante rispetto a quanto si riteneva all'indomani dell'approvazione della misura. Infatti da un lato l'Inps precisa che potranno essere valorizzate con l'aliquota di rendimento prevista con il sistema retributivo (2% e poi mano mano decrescente al crescere dell’importo della stessa retribuzione pensionabile) anche le anzianità contributive eccedenti i 40 anni di contributi (superando il concetto di massima anzianità contributiva); dall'altro l'istituto indica che possono essere valorizzati tutti i periodi lavorativi accreditati compresi quelli eventualmente maturati dalla data di conseguimento del diritto a quella di effettiva corresponsione della pensione.

Insomma per confrontare l'importo dell'assegno in essere si utilizzerà un calcolo retributivo diverso da quello in vigore fino al 31 dicembre 2011 e piu' favorevole potendosi derogare al limite massimo di anzianità contributiva valorizzabile. Rimarranno invece inalterati i criteri per la determinazione della retribuzione pensionabile e delle aliquote di rendimento per la generalità dei lavoratori che, com'è noto, decrescono al crescere dell’importo della stessa retribuzione pensionabile.

L'Inps, come indicato, metterà in pagamento l’importo minore determinato dal raffronto fra i due sistemi di calcolo.

Gli effetti - I lavoratori maggiormente colpiti dall'innovazione, cioè quelli per i quali l'importo del trattamento determinato attraverso il secondo sistema di calcolo è inferiore a quello attualmente vigente, sono coloro che cessano con un'anzianità anagrafica superiore all'età prevista per la pensione di vecchiaia (cioè oltre i 66 anni e 3 mesi) e con retribuzioni medie superiori a circa 46mila euro annui, cioè superiori al tetto pensionabile vigente nel sistema retributivo. 

Costoro, infatti, non avendo nessun massimale sulle retribuzioni, riescono a valorizzare, con il sistema contributivo, l'intera cifra sulla terza quota di pensione (quota C) ottenendo, quindi una prestazione superiore a quella determinata con il secondo sistema di calcolo grazie anche all'attivazione di coefficienti di trasformazione piu' succulenti perchè calcolati sino al 70° anno di età.

Il perimetro di applicazione del taglio risulta quindi interessare potenzialmente soprattutto i professori universitari, i dirigenti, i medici, i magistrati e alti funzionari delle forze militari o dello stato (i cd. grand commis) che com'è noto possono restare in servizio sino a 70-75 anni sfruttando retribuzioni medie lorde ben superiori ai 100mila euro; mentre non dovrebbero sussistere effetti negativi per i lavoratori con retribuzioni medio-basse che magari si trattengono oltre il 40° anno di versamenti sul posto di lavoro. Cio' in virtu' proprio del superamento del concetto di massima anzianità contributiva che, altrimenti, avrebbe costituito un ulteriore limite alla crescita degli assegni nel sistema retributivo determinando la spiacevole conseguenza di travolgere anche gli assegni di importi bassi.

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Zedde

Le domande delle lavoratrici che maturano i requisiti nel corso del 2015 non dovranno essere respinte in attesa che il Ministero del Lavoro decida sull'estensione di un anno del regime.

Kamsin "L'INPS sta raccogliendo le domande delle lavoratrici che maturano i requisiti anagrafici e contributivi nel corso del 2015 per l'esercizio della cd. opzione donna. Saremo quindi a breve in grado di valutare le risorse economiche e le condizioni per risolvere questo nodo, che, come è noto, è pendente da un po’ di tempo". Lo ricorda il Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, in una nota inviata alla nostra redazione. "La stessa legge istitutiva (articolo 1, comma 9 della legge 243/04, ndr) prevede che al termine della sperimentazione il Governo verifichi i risultati della stessa, al fine di una sua prosecuzione".

"Il tema è all'attenzione del nuovo presidente dell'Inps Tito Boeri" ha indicato Poletti assieme all'altro punto sul quale stiamo lavorando "cioè la possibilità di intervenire nei confronti di quei cittadini che, vicini al pensionamento, perdono il lavoro e non raggiungono la maturazione dei requisiti, nonostante gli ammortizzatori sociali". "Abbiamo diverse criticità da risolvere e l'intenzione del Governo è quella di dare una risposta a questi problemi."

La Questione. Com'è noto si tratta della possibilità offerta alle lavoratrici di conseguire prima la pensione in presenza cioè di almeno 35 anni di contributi e un'età non inferiore a 57 anni e tre mesi (lavoratrici dipendenti) ovvero 58 e tre mesi (autonome). Unica condizione: optare per il calcolo di tutta la pensione con la regola contributiva.

L'opzione è stata salvata dalla riforma Fornero del 2012 che ha allungato l'età per la pensione a 63 anni e 9 mesi (dipendenti del privato) e a 66 anni e 3 mesi (impiegate pubbliche). Nella circolare Inps 35/2012 l'Istituto ha precisato però che le lavoratrici possono avvalersene soltanto se, entro il termine del 31 dicembre 2015, riescono a ricevere la liquidazione della pensione (cioè la decorrenza) e non solamente a maturare i requisiti (cioè il diritto). In pratica, nel calcolo del termine per l'opzione (31 dicembre 2015), deve tenersi conto anche della finestra mobile di 12 mesi per i dipendenti e 18 mesi per gli autonomi. E ciò lascia fuori tutte le lavoratrici che non hanno agguantato i requisiti nel 2015.

L'Inps con gli ultimi messaggi di dicembre diramati in proposito, ha indicato, tuttavia, che le donne che maturano i requisiti nel 2015 possono comunque presentare la domanda di pensione. Nello specifico nei messaggi, l'Ente assicuratore ha precisato che le donne lavoratrici con un'età anagrafica di 57 anni e 3 mesi e 35 di contributi, conseguiti nel corso del 2015, anche se la decorrenza del trattamento pensionistico è successiva al 31 dicembre 2015, non devono essere rigettate ma "tenute in evidenza" in attesa che il Ministero del Lavoro decida sull'eventuale stralcio dei limiti imposti dalle attuali Circolari. Sul punto pende anche il ricorso collettivo al Tar del Lazio avviato dal Comitato guidato da Dianella Maroni.

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