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Un impreditore edile di Bergamo ha preferito pagare gli stipendi agli operai piuttosto che gli oneri Inps.

Lo stato di crisi può escludere il reato di "evasione contributiva". E' quanto è successo a Giacomo C. titolare di una piccola impresa edile in provincia di Bergamo che era finito sotto processo perché, vista la scarsità delle risorse, aveva scelto di continuare a pagare gli stipendi ai propri operai e di non versare le relative ritenute previdenziali e assistenziali all'Inps. 

Il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Bergamo gli ha dato ragione osservando che la "perdita della retribuzione agli operai sarebbe stata molto più pesante rispetto all' omesso versamento degli oneri inps nella situazione attuale di crisi economica ed avrebbe causato un danno grave ed irreparabile per le loro famiglie".  È quanto si legge nelle motivazioni alla sentenza depositata lo scorso 15 febbraio. "Il fatto non costituisce reato perchè ricorrono gli estremi dello stato di necessità, quantomeno putativo".

In altri termini, secondo il giudice, l'imprenditore ha agito in buona fede ritenendo prioritario pensare allo stato di necessità dei suoi operai e delle loro famiglie. 
L'imprenditore era in una situazione di grave crisi di liquidità ed ha ommesso di versare contributi assistenziali e previdenziali su retribuzioni pari a circa 120mila euro tra il 2010 e il 2011.

Secondo il Gup l'imprenditore ha ritenuto "probabilmente per errore, che la spendita delle ormai scarne liquidità di cui disponeva per far fronte agli obblighi contributivi, avrebbe comportato per i lavoratori un pericolo attuale di danno grave e provocato il collasso di numerose questioni familiari. Cio' è sufficiente ad escludere il dolo".

I lavoratori interessati dalle nuove decorrenze della legge 122/2010 chiedono la pubblicazione dei decreti che stanziano i fondi per l'anno 2014.

Nell'incontro che si è svolto ieri nella sede della Cgil di Roma è stato di nuovo affrontato il problema dei lavoratori che hanno subito lo scivolamento della finestra di decorrenza per effetto della legge 122/2010. L'incontro, patrocinato dalla Cgil e dall'Inca, ha denunciato con forza il ritardo nella pubblicazione dei decreti che devono coprire le annualità dal 2014 in poi.

"Chiediamo innanzitutto che il nuovo governo pubblichi i relativi decreti in tempo utile per evitare periodi di discontinuità economica ai lavoratori interessati" afferma Bruno Palmieri del patronato Inca. "Ad oggi infatti i provvedimenti vengono approvati con forte ritardo rispetto alle reali esigenze e ciò comporta un periodo di vuoto economico che può durare anche 11 mesi. E' un comportamento inaccettabile".

Palmieri ha ricordato anche che "l'ultimo decreto (il DM 76353 del 16 ottobre 2013 pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 16 dicembre 2013, ndr) è l'ennesimo imbroglio perché ha previsto, a differenza dei precedenti,  l'erogazione delle prestazioni sostegno al reddito solo sino al 31 dicembre 2013 lasciando di fatto a metà del guado quei lavoratori che avrebbero avuto la nuova decorrenza nel 2014. Si tratta di una nuova ed inutile complicazione che sta creando disagi e confusione per tutti gli interessati" ha concluso il rappresentante sindacale. 

La questione - L'articolo 12, comma 5-bis, del DL 78/2010 convertito con legge 122/2010 ha concesso la proroga del sostegno del reddito ai lavoratori collocati in mobilità ordinaria o lunga e cessati dal servizio nel periodo ricompreso tra il 31 ottobre 2008 e il 30 aprile 2010; e ai lavoratori titolari di assegno straordinario a carico dei fondi di solidarietà di settore con decorrenza compresa tra il 1° novembre 2008 e il 31 maggio 2010.

Tali soggetti possono ottenere il prolungamento dell'intervento di tutela del reddito per un numero di mensilità pari al periodo di tempo intercorrente tra la data di decorrenza, calcolata in base alle disposizioni vigenti prima dell'entrata in vigore della legge 122 del 2010, e quanto risultante dall'applicazione di tale legge.

In pratica si tratta di un periodo di slittamento della prestazione pensionistica variabile che può passare da 2 a 11 mesi a seconda delle situazioni. In attuazione della disposizione il governo ha pubblicato sino ad oggi tre decreti: il DM 63665 del 2012; il DM 68225/2012 e, infine, il DM 76353/2013. I citati decreti hanno erogato le prestazioni in favore dei soli lavoratori che avrebbero avuto la finestra pensionistica - calcolata con le vecchie regole - entro il 31 dicembre 2013. Si attende dunque la pubblicazione dei decreti che coprano gli anni seguenti.

L'Inps ha stabilito i nuovi valori degli assegni famigliari per il 2014 con la circolare 29/2014. L'importo degli assegni erogati dai comuni in favore delle famiglie in condizioni economiche disagiate sale di circa l'uno per cento. Relativamente all'anno 2014 l'assegno mensile di maternità è pari a 334,50 euro, quello per il nucleo familiare vale 141 euro; i limiti ISEE, per il diritto alle prestazioni, vengono fissati rispettivamente in euro 35.257, per l'assegno di maternità, e in euro 25.385 per l'assegno al nucleo familiare.

L'assegno familiare - L'assegno familiare spetta ai nuclei famigliari italiani e comunitari su richiesta che deve essere presentata al Comune di residenza. Il trattamento viene concesso dall'ente locale e viene pagato materialmente dall'Inps. Per fruire dell'assegno devono essere soddisfatti due requesiti: nel nucleo familiare devono essere presenti almeno tre figli minori e il valore dell' indicatore della situazione economica familiare, cioè l'Ise, non deve superare i 25.384,91 euro (per l'anno 2014). L'importo che viene erogato mensilmente è pari a 141,02 euro e su base annua la prestazione è pari a 1.833,26 euro.

L'assegno di maternita' - L'assegno di maternità viene concesso alle donne cittadine italiane, comunitarie o straniere in possesso di carta di soggiorno per le nascite, gli affidamenti preadottivi e le adozioni senza affidamento. Per il 2014 l'assegno è pari a 1.691,05 euro cioè 338,21 euro al mese fruibile per 5 mensilità. Il beneficio va richiesto al Comune di residenza entro sei mesi dall'evento (cioè dalla nascita, dell'affidamento o dall'adozione) e spetta in misura intera qualora la madre non percepisca altre indennità di maternità obbligatoria. In caso contrario la madre ha diritto alla quota differenziale purché il nucleo familiare possegga un ISEE non superiore a 35.256,84 euro.

I contratti collettivi devono prevedere l'assunzione a tempo indeterminato dei collaboratori abusivi. Le imprese dovranno versare il 5 per cento della contribuzione.

Com'è noto la recente legge di stabilità 2014 ha riaperto i termini per la sanatoria degli associati in partecipazione ammettendo al beneficio tutte quelle imprese che stipulano accordi entro il 31 marzo 2014 e che depositano i relativi atti presso l'Inps entro il 31 luglio 2014.

Possono beneficiare della sanatoria le imprese che hanno abusato dei contratti di associazione in partecipazione sostenendo dei costi piuttosto contenuti. La procedura ha lo scopo di incentivare l'assunzione a tempo indeterminato di tutti gli ex collaboratori delle imprese; dal canto loro i datori ottengono diversi benefici che comprendono anche la possibilità di sanare gli illeciti sulle questioni contributive ed amministrative pregresse.

La procedura per fruire della sanatoria - Le imprese che vogliano fruire della sanatoria devono stipulare entro il 31 marzo 2014 un contratto collettivo che preveda  l'assunzione, con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, entro i successivi 3 mesi, dei collaboratori che hanno lavorato con l'impresa in forma abusiva.

Attraverso la stipula del contratto collettivo l'impresa ottiene la garanzia di chiudere le questioni pendenti con il passato: il lavoratore "regolarizzato" ha infatti l'onere di rinunciare a qualsiasi potenziale rivendicazione in merito al rapporto abusivo. L'assunzione del collaboratore dovrà essere accompagnata dal versamento, da parte dell'impresa, di un contributo pari al 5 per cento della quota di contribuzione prevista carico degli associati per i periodi di durata del rapporto pregresso entro un tetto massimo pari a 6 mesi.

Una volta concluso il versamento il datore dovrà depositare l'accordo collettivo comprensivo degli atti di conciliazione individuale e dei contratti di assunzione presso la sede Inps competente per territorio. L'adempimento deve essere completato entro il 31 luglio 2014. Una volta asssunto l'azienda non può licenziare il collaboratore regolarizzato per un periodo pari a 6 mesi a meno che non sussista una giusta causa o giustificato motivo soggettivo.

Completata la procedura, il datore di lavoro consegue l'estinzione degli illeciti in materia di versamenti contributivi, assicurativi e fiscali; inoltre beneficia della revoca di provvedimenti amministrativi emanati in conseguenza delle contestazioni riguardanti i medesimi titoli.

Lo sforzo è insufficiente. Secondo i magistrati contabili le risorse messe a disposizione dalla legge di stabilità 2014, approvata lo scorso dicembre dal governo Letta per tentare di ripianare il rosso in bilancio dell'Istituto previdenziale, non appaiono in grado di incidere sul deficit strutturale che l'Inps ha riportato sia nella gestione del lavoro pubblico sia di quello privato.

E' quanto hanno sostenuto questa settimana i rappresentanti della Corte dei Conti nel corso di un'audizione presso la Commissione parlamentare di controllo sugli enti previdenziali. Secondo gli esperti, le misure approvate nella legge di stabilità costituiscono "solo un alleggerimento del quadro ma non rappresentano la soluzione ai problemi economici dell'Istituto previdenziale".

L'Inps ha una situazione patrimoniale in forte peggioramento dopo l'incorporazione dell'Inpdap nel 2011. Quest'anno l'istituto previdenziale dovrebbe chiudere con un rosso di 4,5 miliardi di euro. A rendere insufficienti le misure approvate nella legge di stabilità, secondo i magistrati contabili, "sono i conti in profondo rosso della cassa dei dipendenti statali che continueranno a pesare gravemente sui bilanci dell'INPS per i prossimi anni nonostante il recente intervento abbia cancellato le passività accumulate dall'ex Inpdap per 25 miliardi di euro".

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