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Nel piano proposto da Cottarelli compaiono, oltre al contributo di solidarietà, una stretta alle pensioni di reversibilità, l'indennità di accompagnamento e sussidi di guerra. 

La cura da cavallo che il commissario alla spending review Carlo Cottarelli ha in programma e che sarà utilizzata per finanziare la riduzione delle tasse si arricchisce di nuovi capitoli soprattutto per quanto riguarda il settore previdenziale. 

Nei giorni scorsi il commissario aveva indicato l'introduzione di un contributo temporaneo di solidarietà per gli assegni superiori ai 2500 euro lordi mensili. Misura che non appena annunciata aveva subito suscitato diverse reazioni da parte dei sindacati e dei lavoratori costringendo il premier Renzi a smentire la proposta. Ma nel menù dei tagli che Cottarelli ha predisposto non c'è solo il contributo di solidarietà. Ci sono anche molte altre misure sul piatto che, se approvate, potrebbero costare molto caro ai pensionati italiani.

Salta subito agli occhi la proposta di innalzare da 41 anni a 42 anni l'anzianità contributiva delle donne utile per l'accesso alla pensione anticipata. Se oggi sono necessari 41 anni e 6 mesi domani potrebbero diventare 42 anni e 6 mesi. In tal modo la pensione anticipata verrebbe parificata quella degli uomini con un risparmio di 200 milioni di euro quest'anno e di un miliardo a regime. Un'altra stretta è prevista riguardo alle pensioni di invalidità. Qui Cottarelli vuole inserire un tetto massimo al reddito per poterne fruire: 30 mila euro individuali e 45 mila euro in caso di reddito familiare.

Nel piano si mettono a bilancio anche tagli sulle pensioni di guerra che costano ancora 1, 5 miliardi di euro e sulle pensioni di reversibilità che dovrebbero essere legate a specifiche fasce di reddito. Ciliegina sulla torta il Commissario mette di nuovo sul tavolo la deindicizzazione delle pensioni con una stretta a partire dal 2015. Il risparmio previsto sarebbe pari a 600 milioni nel 2015 e di 1,5 miliardi nel 2016; si ricorda che le pensioni sono state appena "reindicizzate" dal governo Letta (totalmente fino a tre volte il minimo e poi misura decrescente).

Poi c'è il capitolo "macchina statale" che secondo i piani dovrà dimagrire in modo significativo con un consistente numero di esuberi nel pubblico impiego. Cottarelli spiega che gli esuberi dipenderanno dei piani di specifici di riforma anche se ammette che i numeri in gioco sono alti: almeno di 85 mila persone per un costo complessivo di oltre tre miliardi di euro.
Il problema è talmente delicato che nel documento diffuso la questione è indicata come critica. Per Cottarelli l'idea è di partire dai prepensionamenti con l'eliminazione delle posizioni superflue e fare ricorso, ove possibile, all'istituto dell'esonero dal servizio che garantisce ai lavoratori metà stipendio ma una contribuzione piena ai fini pensionistici. Possibile anche il collocamento in disponibilità del personale in esubero con un taglio della retribuzione oppure incentivi all'uscita dal settore pubblico con finanziamenti una tantum ed il rafforzamento della mobilità obbligatoria.

Tra le modifiche subito in vigore la semplificazione dell'apprendistato e l'abolizione della causale per i contratti a termine.

In materia di lavoro il Consiglio dei Ministri la settimana scorsa ha approvato un pacchetto di misure che dovrebbero incidere in modo profondo sulla legge 92/2012. Le novità sono contenute in un decreto legge, e dunque di immediata entrata in vigore, e in un disegno di legge delega che sarà attuato in un secondo momento dall'esecutivo. Tra i provvedimenti contenuti nel Dl ci sono in particolare le modifiche in tema di apprendistato e contratti a termine; l'idea di fondo dell'esecutivo Renzi è di agevolarne l'uso da parte delle aziende eliminando alcuni vincoli. 

Sul contratto a termine la novità principale riguarda l'abolizione della causale. Le imprese potranno sempre stipulare contratti a tempo determinato senza indicazione della causale, cioè senza indicare i motivi dell'assunzione fermo restando il limite massimo di durata pari a 36 mesi. Attualmente la facoltà di stipulare contratti a termine acausali è possibile solo relativamente al primo rapporto a termine, estensibile una sola volta, nel limite della durata massima di 12 mesi. Secondo la bozza del decreto legge invece la proroga del contratto a termine sarà possibile fino ad un massimo di 8 volte nell'arco dei 36 mesi a condizione però che la proroga sia riferita alla stessa attività.

Il decreto inoltre introduce un vincolo del 20% dei contratti a termine rispetto all'organico complessivo dell'azienda; limite tuttavia che potrà essere "rimosso" tramite il ricorso alla contrattazione collettiva e non sarà operativo nei casi di stagionalità del rapporto di lavoro e con riguardo alle realtà imprenditoriali piu' piccole, cioè fino ad un massimo di 5 dipendenti. Nessuna modifica sembra invece profilarsi per il regime degli intervalli tra un contratto a tempo determinato e l'altro che resterebbero pertanto fissati a 10 o 20 giorni (a seconda della durata del rapporto, rispettivamente se inferiore o superiore a sei mesi).

Relativamente invece al contratto di apprendistato la novità è nell'eliminazione della forma scritta per il piano formativo del lavoratore. La forma scritta resterà solo per il primo contratto e per il patto di prova.

Inoltre viene eliminato il vincolo introdotto dalla precedente legge 92/2012 secondo il quale l'assunzione di nuovi apprendisti è possibile solo qualora alla fine del periodo formativo vengano confermati in servizio almeno il 30% degli apprendisti già impiegati (quota che passerebbe al 50% dal 2015). Per il datore viene altresì cancellato l'obbligo di integrare la formazione di tipo professionalizzante e di mestiere con l'offerta formativa pubblica che pertanto diventa del tutto discrezionale.

Non ci sarà invece l'introduzione del cosiddetto contratto di inserimento a tutele graduali. Almeno non nell'immediato. Il governo ha preferito prendersi più tempo per regolare la materia ed inserire questo provvedimento nel disegno di legge delega che avrà un iter necessariamente piu' lungo. L'intenzione dell'esecutivo è di introdurlo in futuro sulla base di una riorganizzazione delle forme contrattuali attualmente esistenti.

Il governo dovrà stabilire se la salvaguardia dei docenti che hanno raggiunto i requisiti di pensionamento nell'anno scolastico 2011/2012 è meritevole di tutela.

Oggi è previsto il voto in Commissione Bilancio alla Camera sulla proposta di legge Ghizzoni-Marzana di cui è relatrice Barbara Saltamartini. Nell'ultima seduta la Commissione aveva già espresso parere favorevole all'unanimità sul progetto di legge 249 che consente il mantenimento delle previgenti regole di pensionamento agli insegnanti che hanno raggiunto i requisiti per l'eta' pensionabile entro la fine dell'anno scolastico 2011/2012.

La vicenda delle pensioni della scuola va avanti ormai da oltre un anno e sta provocando una spaccatura profonda tra sostenitori e detrattori dell'intervento. Da un lato c'è infatti chi difende la proposta indicando inaccettabile la discriminazione di quei docenti che hanno maturato i requisiti dopo il 31 dicembre 2011 ma pur sempre all'interno dello stesso anno scolastico di riferimento che sono costretti a restare sul lavoro per almeno altri 4-5 anni; dall'altro c'è chi ritiene prioritario destinare le risorse ad avvantaggiare gli esodati piuttosto che quei lavoratori che avrebbero comunque un salario garantito a fine mese.

Ad ogni modo presto la questione rischia di diventare una grana del governo Renzi. Il Ministero dell'Economia e la Ragioneria generale dello Stato hanno dato parere negativo al progetto di legge nei giorni scorsi ma ancora una volta i componenti della Commissione Ncd, Pd, 5 Stelle, e Sel si dicono pronti a votare a favore della proposta. Muro contro muro. In definitiva sarà dunque Renzi a dover sbrogliare la matassa ed indicare soprattutto quali risorse destinare. La proposta infatti costa circa 400 milioni la cui copertura è quantomai incerta.

Nel provvedimento si scaricano i costi sul Fondo esodati istituito dalla legge 228 2012 ma la Ragioneria dello Stato ha bocciato tale intervento. Francesco Boccia presidente della commissione Bilancio si è detto tuttavia positivo: "chiederemo al governo di dare il via libera al provvedimento. In quel caso la Commissione indicherà eventualmente altre poste".

La deroga - La proposta introduce una deroga al regime introdotto dalla cosiddetta riforma Fornero estendendo le vecchie regole di pensionamento al personale della scuola che abbia maturato i requisiti per la pensione entro l'anno scolastico 2011/2012. In pratica vengono ricompresi nel beneficio gli insegnanti che maturano i vecchi requisiti tra il 1° gennaio 2012 ed il 31 agosto 2012. 

La pensione per i beneficiari sarà posta in pagamento dal 1° settembre 2014 nel limite massimo di 4.000 soggetti. La procedura di monitoraggio prevede che l'Inps definisca un elenco numerico delle domande dei lavoratori che intendono avvalersi del beneficio basato, ai fini dell'ordine di priorità, sul criterio progressivo risultante dalla somma dell'età anagrafica e dell'anzianità contributiva vantate dei singoli richiedenti al 31 dicembre 2012.

L'aumento delle tasse azioni sulle rendite finanziarie servirà sostenere taglio dell'Irap del 10 per cento alle imprese. Spunta però l'ipotesi di uno slittamento a luglio.

Matteo Renzi ha annunciato che la tassazione sulle rendite finanziarie passerà dal 20 al 26 % sui redditi di capitale e sui redditi diversi. La misura garantirà risorse che finanzieranno la riduzione dell'Irap del 10 per cento delle aziende private. Secondo il premier l'aumento di 6 punti percentuale delle aliquote sul capital gain, su interessi e dividendi garantirà un maggior gettito di circa 2,6 miliardi; cifra che verrà utilizzata per ridurre di circa 2,4 miliardi il peso dell'Irap sulle aziende private considerando anche un margine di sicurezza di 200 milioni di euro per contenere un eventuale calo del gettito.

Nel presentare la manovra fiscale sulle rendite finanziarie il premier Matteo Renzi ha anche sottolineato come l'aumento dal 20 al 26 per cento della tassazione ponga l'Italia in linea con gli altri paesi europei. In effetti con l'aumento delle aliquote l'Italia sarà allineata alla media degli altri paesi europei che si attesta intorno al 25 per cento, però è bene ricordare che a differenza degli altri Stati dell'Unione i risparmiatori italiani sono anche chiamati a pagare l'imposta del bollo del 2 per mille e la Tobin tax. 

La misura secondo quanto annunciato dal neo-premier dovrebbe scattare dal prossimo 1° maggio ma per consentire agli operatori e agli intermediari finanziari di adeguare le proprie procedure è possibile che il governo trovi un accordo per posticiparla al 1° luglio.

La stretta sulle rendite finanziarie riguarderà la tassazione di tutti i principali proventi derivanti da prodotti finanziari (conti correnti, conto deposito, certificati di deposito, azioni ed obbligazioni, fondi di investimento italiani e stranieri, gestioni individuali e derivati) ad eccezione però, come espresso dallo stesso Matteo Renzi, dei titoli di Stato, le cui aliquote resteranno ferme al 12,5%.

Cgil, Cisl e Uil attaccano il governo: i pensionati italiani sono allo stremo. In 15 anni gli assegni hanno perso il 30 per cento del loro potere d'acquisto.

Sventato per il momento la possibilità di un contributo di solidarietà i pensionati protestano contro le misure approvate da Renzi. Del resto il primo ministro è stato molto chiaro: "per il momento i soldi in tasca e pensionati non li metto. Per loro non cambia nulla, non prendono di più e non danno di più a meno che non incassino cifre come 8 mila euro al mese".

Terminata quindi la querelle sulle eventualità di un prelievo extra sulle fasce medie resta aperta la questione degli sgravi Irpef garantiti ai lavoratori che guadagnano fino a 1500 euro netti al mese e non riconosciuti anche ai pensionati. 

La questione non piace ai sindacati che attaccano il governo su questo fronte. La leader della Cgil Camusso ricorda che "per favorire la ripresa il governo deve guardare ai tanti pensionati che hanno trattamenti bassi. Anche a loro è dovuta una restituzione fiscale". Una linea condivisa anche da Cisl e Uil e per i pensionati lavoratori autonomi Cupla che precisano "come la stragrande maggioranza degli assegni stia sotto i mille euro, altro che pensioni d'oro".  

Dal loro punto di vista i sindacati fanno presente che negli ultimi 15 anni le pensioni hanno perso il 30 per cento del loro potere d'acquisto eroso dall'aumento generale delle tasse e dal fatto che sono state trasformate in un nuovo amortizzatore sociale per le famiglie. "Ora però gli anziani non ce la fanno più dato che negli ultimi due anni le vendite di nuda proprietà sono incrementate del 23 per cento" ha detto il segretario Camusso.

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