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Il Jobs Act prevede l'introduzione del contratto unico per favorire l'assunzione dei giovani fino a 35 anni.

Nei prossimi mesi potremmo assistere ad una nuova rimodulazione del mercato del lavoro, l'ennesima in questi anni.  Secondo quanto previsto nel "Jobs Act" il governo Renzi varerà una mini riforma per agevolare le imprese ad assumere attraverso l'introduzione del cosiddetto contratto unico. Che in pratica è l'equivalente di un contratto di inserimento a tutele crescenti. E a tempo indeterminato, è questo l'elemento di novità.

Le tutele crescenti significano che in caso di licenziamento del lavoratore, in una prima fase verrano sterilizzati gli effetti dell'articolo 18, sostituendoli con indennità proporzionale al periodo lavorato. Il datore di lavoro sarà pertanto libero di licenziare per un periodo di tempo limitato, un periodo di sperimentazione. L'obbligo di reintegra - la cd. tutela reale - scatterà solo per il licenziamento discriminatorio. Superata la prima fase di applicazione del contratto unico, le regole ordinarie dell'articolo 18 vengono nuovamente ripristinate.

Ancora non chiaro invece il campo di applicazione del nuovo contratto unico. Secondo una prima ipotesi il contratto dovrà essere limitato solo al primo contratto ricomprendendo comunque i disoccupati di lunga durata. In alternativa il contratto potrebbe essere applicato senza vincoli a tutti giovani fino a 35 anni oppure ancora a tutti i rapporti di lavoro per facilitare ulteriormente l'accesso al lavoro.

Il programma di Renzi prevede anche una sforbiciata ad quelle forme di lavoro flessibile introdotte con la riforma Biagi nel 2001: in particolare l'abrogazione del lavoro a chiamata e del lavoro ripartito.

Secondo il Ministro della Pubblica Amministrazione e della Semplificazione, Marianna Madia, l'inefficienza delle Pubbliche Amministrazioni dovrà essere risolta attraverso piu' mobilità per i dipendenti pubblici. Peccato che le norme esistono già.

Il ministro Marianna Madia, fresca di nomina, ha dichiarato di voler accelerare sulla mobilità degli incarichi dirigenziali all'interno delle pubbliche amministrazioni. L'idea di base è quella di eliminare la figura del dirigente a tempo indeterminato nel settore pubblico: "un dipendente pubblico è a tempo indeterminato se vince un concorso. Il dirigente no. Stop allo strapotere delle burocrazie ministeriali", si legge nella bozza del cd. Jobs Act promosso dal nuovo esecutivo.

In realtà buona parte degli incarichi pubblici di livello dirigenziale già è a tempo determinato così come già ci sono diverse forme di mobilità per i dirigenti. E con le ultime riforme è anche passato il sistema di valutazione in base al merito richiesto oggi a gran voce dalla Madia e da Renzi. La mobilità nella pubblica amministrazione è infatti già pienamente regolata dal cd. "decreto Brunetta" e dalle sue svariate modifiche (contenute nel Dl 138/2010, nel Dl 78/2011, nella spending review del Dl 95/2012 e nel recente Dl 102/2013). Semmai dunque quello che dovrebbe fare Renzi è dare un impulso politico attraverso un confronto nuovo e aperto con il sindacato che tradizionalmente si è sempre opposto all'introduzione delle nuove regole. Insomma il punto vero è che queste norme non sono state mai applicate per interessi trasversali che tutelano la dirigenza del pubblico impiego.

La proposta di Renzi - Matteo Renzi vorrebbe creare un albo unico nazionale riservato ai dipendenti dirigenziali pubblici con un incarico massimo pari a 5 anni. Allo scadere del termine dovrà scattare la mobilità con la riassegnazione della risorsa all'interno della stessa o di un'altra amministrazione. Verrebbe inoltre introdotto un tetto massimo di 10 anni di permanenza nella stessa amministrazione. L'obiettivo è quello di rendere le amministrazioni pubbliche più produttive e più efficienti per favorire una ristrutturazione dello Stato. Produttività che dovrebbe essere raggiunta attraverso una revisione degli incarichi apicali, ricambio generazionale e la cultura dei risultati.

Nessuna agevolazione previdenziale per i lavoratori dipendenti che si assentano dal posto di lavoro per attività di protezione civile. E' questo quanto si legge in un comunicato del Patronato Inca della Cgil che ha rappresentato la risposta formulata dall'ex ministro del lavoro Enrico Giovannini al Parlamento lo scorso 20 Febbraio. Il ministro ha infatti confermato che non sono utili ad escludere le penalità della pensione anticipata (articolo 6, comma 2-quater del Dl 216/2011) le giornate in cui i lavoratori abbiano fruito di permessi speciali per assentarsi dal posto di lavoro come volontari nelle operazioni di soccorso e di assistenza alle persone in occasione delle calamità naturali e nelle attività di addestramento e simulazione.  Secondo l'ex ministro del Lavoro Giovannini è necessario reperire le risorse per la copertura del provvedimento.

La Cgil esorta quindi nuovo esecutivo e il nuovo Ministro del Lavoro Giuliano Poletti ad approvare una correzione alla riforma Fornero per tutelare il mondo del volontariato. Nel comunicato la Cgil ricorda che negli ultimi anni le richieste presentate al governo sono state in buona parte accolte. Ad esempio è stata ricompresa nella contribuzione utile ad escludere la penalizzazione per l'accesso alla pensione anticipata la contribuzione figurativa attribuita ai donatori di sangue, quella derivante dalla fruizione dei congedi parentali di maternità e paternità e a chi ha usufruito dei permessi e dei congedi per coloro che assistono parenti in situazioni di grave disabilità.

L'Inps ha confermato che il monitoraggio delle domande pervenute per la fruizione del beneficio di cui all'articolo 18, comma 22-quater del Dl 98/2011 convertito in legge 111/2011 è quello della data di cessazione del rapporto di lavoro dei potenziali beneficiari. E' quanto afferma una nota interna dell'istituto pubblicata venerdì scorso.

Qualora dal predetto monitoraggio risulti il superamento di 5mila domanda di ammissione al beneficio, l'Istituto non potrà prendere in esame ulteriori domande di pensionamento finalizzate a fruire dei benefici previsti.

I 5mila potenziali beneficiari della salvaguardia della legge 111/2011 -  L'articolo 18 comma 22 ter della legge 111/2011 ha incrementato le finestre di decorrenza per i lavoratori cosidetti quarantisti - cioè coloro che raggiungono i requisiti per la pensione di anzianità indipendentemente dal requisito anagrafico secondo la vecchia disciplina, in pratica i vecchi 40 anni di contributi. L'intervento ha comportato un incremento nella finestra di decorrenza variabile da 1 a 3 mesi a seconda della data di maturazione del requisito contributivo. Se i 40 anni sono raggiunti nel 2012 la finestra avrà una durata pari a 13 mesi, se il requisito è raggiunto nel 2013 la finestra sarà di 14 mesi, se raggiunto nel 2014 ed oltre la finestra sarà di 15 mesi. Per i lavoratori autonomi la finestra sarà rispettivamente pari a 19, 20 e 21 mensilità.

Il successivo comma 22-quater ha tuttavia esentato dallo slittamento 5mila soggetti che si trovino nelle seguenti situazioni: lavoratori collocati in mobilità ordinaria o lunga sulla base di accordi sindacali stipulati prima del 30 giugno 2011 a condizione che maturano i requisiti per la pensione in quel periodo di fruizione dell'indennità di mobilità; b) lavoratori titolari della prestazione straordinaria a carico di fondi di solidarietà di settore al 6 luglio 2011.

L'Inps ha pertanto confermato che la formazione della graduatoria dei 5mila beneficiari verrà effettuata sulla base della data di cessazione del rapporto di lavoro come peraltro accaduto per altre salvaguardie. I lavoratori per usufruire del beneficio possono indicare nella domanda di pensione la richiesta di fruire dei benefici previsti ex articolo 18 comma 22-quater del DL 98/2011 convertito in legge 111/2011.

Gli ammessi in posizione utile nella graduatoria terranno pertanto ferma la finestra di decorrenza a 12 mensilità (18 se autonomi) anche se perfezioneranno i 40 anni di contribuzione dopo il 31.12.2011.

È pari a 0,265056 il coefficiente per la rivalutazione delle quote per il trattamento di fine rapporto TFR accantonate al 31 dicembre 2013 relativo al mese di gennaio.  L'indice dei prezzi al consumo calcolato dall'Istituto nazionale di statistica, con esclusione del prezzo dei tabacchi lavorati, è al valore di 107,3.

Tramite i dati resi noti dall'Istituto di statistica è possibile calcolare quindi il dato del trattamento di fine rapporto, introdotto dalla legge n. 297/82. Il calcolo viene fornito mensilmente per permettere di rivalutare le somme accantonate al 31 dicembre dell'anno precedente, nel caso di cessazione di rapporti di lavoro e/o conteggi in sede di bilanci infrannuali.

Secondo quanto stabilito dal codice civile (articolo 2120) il trattamento di fine rapporto accantonato al termine di ogni anno deve essere rivalutato mensilmente sommando due elementi: il 75% dell'aumento del costo della vita rispetto al mese di dicembre dell'anno precedente (colonna rival. 75%); e l'1,50% annuo, frazionato su base mensile.

In caso di corresponsione di un anticipazione del TFR il tasso di rivalutazione si deve applicare su l'intero importo accantonato fino al periodo di paga in cui l'erogazione del trattamento viene effettuata. Relativamente al resto dell'anno l'aumento si applica in bici solo sulla quota al netto della situazione è quella che rimane a disposizione del datore di lavoro. Non si rivaluta invece la quota di TFR versata dei lavoratori ai fondi di previdenza complementare. Dal primo gennaio 2001 la rivalutazione del trattamento di fine rapporto è soggetta all'imposta sostitutiva del 11 per cento.

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