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Opzione donna, ancora pochi mesi prima della chiusura
Ultimi mesi prima della chiusura del regime sperimentale donna. Entro il 2014 le lavoratrici dovranno maturare i requisiti per l'accesso al regime.
Con l'approvazione della riforma Monti Fornero nel 2011 le lavoratrici che hanno deciso di accettare una pensione di importo più basso approfittando della possibilità offerta dal regime sperimentale è aumentata in modo deciso.
Secondo i dati diffusi dall'Istat tra il 2011 e 2012 il numero delle lavoratrici che hanno fatto ricorso all'opzione è praticamente quadruplicato superando oltre 5.500 prestazioni. Per comprendere il fenomeno basti pensare che prima della riforma le lavoratrici che optavano per il regime sperimentale superavano a malapena le mille unità l'anno. E il fenomeno è ulteriormente cresciuto nel 2013 quando il numero complessivo ha superato le 7mila domande.
I requisiti
La norma prevista dall'articolo 1, comma 9 della legge 243 2004 consente alle lavoratrici con 57 anni di età (58 le autonome) e 35 anni di contributi di accedere alla pensione entro il 31 dicembre 2015 a condizione tuttavia di accettare un assegno calcolato con il sistema contributivo perdendo pertanto circa il 25-30 per cento di quanto otterrebbero con le norme vigenti. Le lavoratrici perdono, con l'opzione donna, il beneficio di quella quota di pensione che veniva calcolata con le regole del sistema retributivo o misto in funzione dell'anzianità contributiva che potevano vantare al 31 dicembre 1995.
Dal 1° gennaio 2013 il requisito anagrafico di 57 anni, e dei 58 anni per le autonome, è stato tuttavia incrementato di 3 mesi per effetto dell'adeguamento alla speranza di vita Istat. Inoltre, secondo quanto rappresentato dall'istituto di previdenza nella circolare 35 2012, come condizione di accesso al regime, le lavoratrici devono perfezionare la decorrenza della prestazione pensionistica - cioè comprensiva dell'applicazione della finestra mobile di 12 o 18 mesi a seconda rispettivamente se dipendenti o autonome - entro il 31 dicembre 2015.
Tale interpretazione restringe di conseguenza di molto il campo delle potenziali beneficiarie.
Ecco quindi quali sono le scadenze in base ai diversi profili di ciascuna lavoratrice.
Per le lavoratrici dipendenti del settore privato i requisiti di 57 anni e 3 mesi di età e 35 di contributi devono essere perfezionati entro e non oltre il 30 novembre 2014. Ciò a causa del differimento, come detto, della finestra mobile di 12 mesi che comporterà una decorrenza fissata per il 1 dicembre 2015.
Va un po' meglio solo rispetto alle lavoratrici dipendenti iscritte all'ex Inpdap. I requisiti qui devono essere perfezionati entro il 30 dicembre 2014 in quanto nella gestione pubblica la decorrenza della pensione avviene il giorno seguente a quello di apertura della finestra. Inoltre per queste lavoratrici il requisito contributivo s'intende perfezionato anche con 34 anni, 11 mesi e 16 giorni.
Peggio di tutte le lavoratrici autonome. Per loro infatti la finestra mobile è di 18 mesi e i requisiti devono essere di 58 anni e 3 mesi di età con 35 anni di contributi. Tali requisiti devono essere pertanto perfezionati entro il 31 maggio 2014. Nella gestione Inps le decorrenze dei trattamenti pensionistici sono fissate il primo giorno del mese successivo a quello di maturazione dei requisiti per il pensionamento.
Esodati, la Camera adotta il testo unificato per estendere la salvaguardia
La Commissione Lavoro della Camera ha adottato il testo base delle proposte di legge volte ad introdurre la 6° salvaguardia in favore degli esodati.
La commissione Lavoro della Camera continua l’esame della proposta di legge che punta a modificare la disciplina dei requisiti per la fruizione delle deroghe riguardanti l’accesso al trattamento pensionistico ed ha adottato questa settimana come testo base il testo unificato messo a punto dal Comitato ristretto. Il testo unifica la proposta di legge n.1336 presentata lo scorso 9 luglio dai deputati Airaudo, Placido e Di Salvo e le altre sei presentate presso la Commissione Lavoro della Camera.
La proposta unificata - tra l'altro - consente il mantenimento delle previgenti regole a coloro che maturano i requisiti pensionistici entro 24 mesi dalla scadenza dell'indennità di mobilità e ai prosecutori volontari che maturano la decorrenza del trattamento pensionistico entro il 2018. Il testo elimina anche alcuni paletti previsti per i cessati dal servizio e riconosce la salvaguardia per i lavoratori autorizzati alla prosecuzione della contribuzione prima del 20 luglio 2007.
Il presidente Cesare Damiano ha spiegato che, una volta esaminate le proposte di modifica, si potrà valutare l’opportunità di procedere alla deliberazione circa la richiesta di una relazione tecnica per acquisire, in tempi brevissimi, elementi in ordine alla quantificazione dei relativi oneri e di poter valutare conseguentemente la copertura finanziaria del provvedimento. A suo avviso sarebbe opportuno procedere all’audizione, in via informale, dei vertici dell’Inps al fine di fare il punto sulla situazione complessiva dei cosiddetti ”esodati”.
Pensioni d'oro e d'argento nell'occhio del "ciclone Renzi"
Nel mirino i trattamenti superiori a cinque o sei volte il minimo Inps. Anche se per il momento Renzi rassicura che non ci saranno nuovi prelievi.
L'ipotesi presentata dal commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, alcuni giorni fa in Senato ha riacceso i riflettori sulle pensioni d'oro. La proposta è quella di introdurre un contributo di solidarietà temporaneo sugli assegni pensionistici superiori ad una determinata soglia per ricavare una mini-dote che consentirebbe di finanziare gli oneri sulle nuove assunzioni.
Per Cottarelli la soglia può essere individuata intorno ai 2.500 euro al mese ma Renzi, preso in contropiede, ha smentito lo stesso commissario. La proposta però, come ha confermato il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio, è comunque sul tavolo e tutto ruota intorno alla soglia oltre la quale si potrebbe applicare il "taglio".
Prima di vedere chi potrebbe essere interessato è bene ricordare che sulle pensioni d'oro già è stato reintrodotto un prelievo di solidarietà. L'ultima legge di stabilità infatti ha fatto scattare da gennaio un contributo di solidarietà sulle pensioni più elevate nel triennio 2014-2016. La novità ha colpito i trattamenti pensionistici superiori a 90.000 euro l'anno; si tratta in particolare delle rendite superiori a 14 volte il trattamento minimo Inps, cioè sopra i 6.936,02 euro lordi mensili sui quali è in vigore una decurtazione del 6% relativamente alla parte superiore a tale importo.
Il taglio sale al 12 % per gli importi superiori a 9.908,60 euro e fino a 14.862,90 euro; e ancora il contributo sale al 18% per gli assegni superiori a tale ultima soglia. Contributi importanti che tuttavia portano alle Casse dello Stato risorse modeste pari a circa 12 milioni l'anno al netto delle varie fiscalità.
Innalzare quindi ulteriormente tale contributo su questa fascia, cioè oltre i 90mila euro l'anno, potrebbe quindi non portare molti altri denari in quanto la numerosità di questo insieme è piuttosto scarsa.
Ecco quindi che il nuovo prelievo, se mai vedrà la luce, dovrà necessariamente interessare anche le fasce al di sotto di tale soglia ed intaccare le cd. pensioni d'argento. La tagliola, come accennato, potrebbe scattare su quelle superiori a 5 o 6 volte il trattamento minimo Inps. Stando ai ultimi dati ufficiali dell'Inps sui trattamenti erogati nel 2012, il numero delle persone che hanno percepito l'importo lordo superiore a cinque volte il trattamento minimo, 2.405 euro lordi al mese, è stato pari all'8,6% del totale dei pensionati (l'equivalente di 1.428.219 soggetti). Se si prendono in considerazione gli assegni superiori a 6 volte il trattamento minimo, oltre i 2.886 euro lordi al mese, la platea si restringe al 4,8% del totale (l'equivalente di 800.650 soggetti).
Su questi assegni si potrebbe immaginare, similmente a quanto stabilito dalla legge di stabilità per le pensioni oltre 90mila euro lordi annui, un taglio del 5 per cento sulla parte eccedente 5 o 6 volte il trattamento minimo.
Ma l'esecutivo potrebbe, come è stato fatto osservare, anche applicare un contributo di solidarietà basato su un ricalcolo dell'assegno in chiave contributiva per le pensioni che superino quelle soglie. In tal modo si otterrebbe un "riequilibrio di solidarietà" che potrebbe portare allo Stato risparmi anche più ingenti.
È questa l'ipotesi promossa da diversi esponenti politici tra cui Giuliano Cazzola. L'idea tuttavia dovrà tenere conto inevitabilmente dei paletti fissati dalle sentenze della Corte Costituzionale che si è detta "sfavorevole a forme di prelievo coattivo di ricchezza che vadano a colpire solo taluni fonti di reddito" anche se la stessa sentenza aveva indicato l'esigenza di interventi solidali "a carico dei percettori di importi pensionistici ingiustificatamente elevati".
Declinare queste condizioni tenendo conto anche delle reali esigenze delle fasce medie sarà un'operazione molto difficile e delicata per Matteo Renzi.
Pensioni, ecco i coefficienti Istat per rivalutare le retribuzioni
L'istat ha pubblicato i coefficienti necessari per calcolare con esattezza una rendita con decorrenza 2015.
L'Istituto Nazionale di Statistica ha da poco comunicato i coefficienti che consentono di rivalutare le retribuzioni - oppure i redditi per i lavoratori autonomi - utili per determinare la base annua pensionabile nel regime retributivo.
Con i nuovi coefficienti i pensionati possono dunque calcolare con precisione l'assegno con decorrenza 2015.
Anno | Quota A | Quota B |
2015 | 1,0000 | 1,0000 |
2014 | 1,0000 | 1,0000 |
2013 | 1,0020 | 1,0120 |
2012 | 1,0110 | 1,0211 |
2011 | 1,0420 | 1,0628 |
2010 | 1,0700 | 1,1021 |
2009 | 1,0870 | 1,1305 |
2008 | 1,0950 | 1,1498 |
2007 | 1,1300 | 1,1978 |
2006 | 1,1500 | 1,2305 |
2005 | 1,1720 | 1,2658 |
2004 | 1,1920 | 1,2993 |
2003 | 1,2160 | 1,3376 |
2002 | 1,2460 | 1,3831 |
2001 | 1,2760 | 1,4291 |
2000 | 1,3110 | 1,4814 |
1999 | 1,3440 | 1,5322 |
Nella colonna A sono indicati i coeffidenti di rivalutazione delle retribuzioni da utilizzare per il calcolo della quota di pensione riferita alla contribuzione versata a tutto il 31/12/1992 (quota A). Nella colonna B sono riportati i coefficienti da utilizzare per il calcolo della quota di pensione maturata sulla base della contribuzione successiva al 1° gennaio 1993 (quota B). Dalla rivalutazione sono escluse le retribuzioni dell'anno di decorrenza della pensione e di quello precedente. |
Il sistema retributivo - Il calcolo retributivo è stato definitivamente soppresso dal 1° gennaio 2012 e si basa principalmente su due elementi. Il primo è quello del numero degli anni di contribuzione unito alla media delle retribuzioni lorde aggiornate e riferite all'ultimo periodo di attività lavorativa.
L'ammontare della prestazione pensionistica è pari al 2 % del reddito pensionabile per ogni anno di contribuzione: con 25 anni di contributi si ha diritto al 50% della pensione, con 35 anni di contributi si ha diritto al 70% della pensione sino a raggiungere l'80% con 40 anni di contribuzione.
La rendita è costituita dalla somma di due distinte quote, la quota A e la quota B. La prima corrisponde all'importo relativo alle anzianità contributive maturate fino al 31 dicembre 1992; l'altra, la B, si riferisce alle anzianità acquisite dal 1° gennaio 1993 sino al 31 dicembre 2011.
La base pensionabile della quota A è costituita dalla media degli stipendi degli ultimi 5 anni che precedono la decorrenza della pensione. La base pensionabile della quota B si determina invece dalla media annua delle retribuzioni degli ultimi 10 anni.
Tuttavia gli importi impiegati per il conteggio non sono quelli effettivamente incassati nella busta paga dal lavoratore ma sono quelli rivalutati tenendo conto dell'inflazione ed escludendo l'anno di decorrenza e quello immediatamente precedente. Per esempio uno stipendio di 20mila euro nel 2012 in pensione ne vale 20.220 euro se riferito alla quota A e 20.422 euro se deve essere calcolato per la seconda quota, la B, riferita all'anzianità maturata dopo il 1992.
Il contributivo - Il sistema contributivo è diverso. La legge stabilisce che il montante individuale dei contributi sia determinato applicando alla base imponibile (retribuzione o reddito) una aliquota di computo, 33% per i lavoratori dipendenti, 22,20% per gli autonomi, e rivalutando la contribuzione così ottenuta su base composta al 31 dicembre di ogni anno, con esclusione della contribuzione dello stesso anno, al tasso di capitalizzazione dato dalla variazione media quinquennale del prodotto interno lordo (Pil) nominale.
Al momento dell'accesso alla pensione, al montante contributivo, cioè alla somma delle quote accantonate (e rivalutate), si applica un coefficiente di conversione correlato all'età del pensionando: 4,661% per chi sceglie di chiederla a 60 anni, 5,435% per chi decide di farlo a 65 anni, e così via sino al massimo di 6,541% per chi esce a 70 anni. Il metodo contributivo si applica interamente a chi ha iniziato a lavorare dal 1996 in poi. E in forma pro-quota per chi era in possesso di meno di 18 anni di contributi entro il 1995 (il metodo si applica sulle anzianità successive al 1996).
La Quota C - Per le pensioni con decorrenza dal 2012, il calcolo della rendita deve tener conto, oltre alle due fette di pensione calcolala con il metodo retributivo, anche di una ulteriore quota (C), riferita all'anzianità acquisita successivamente al 31 dicembre 2011 per tutti coloro che potevano contare su 18 anni di versamenti al 31 dicembre 1995, i quali avevano in precedenza beneficiato del solo criterio retributivo.
Pensionati delusi dalle misure di Renzi
Nel piano annunciato da Matteo Renzi gli sgravi Irpef non verranno estesi ai pensionati. I sindacati in una nota congiunta denunciano: i pensionati non sono persone di serie B.
L'anno nuovo e il nuovo governo non riservano buone notizie per i titolari di reddito da pensione. Gli oltre 16 milioni di pensionati italiani sono infatti rimasti fuori dal taglio dell'Irpef annunciato questa settimana dal primo ministro Matteo Renzi. Quindi, almeno per ora, l'aumento di 100 euro al mese in busta paga non ci sarà. Anzi in vista potrebbero esserci dei nuovi tagli sui trattamenti pensionistici che superano i 3mila euro al mese, un intervento questo che se non calibrato correttamente potrebbe ulteriormente comprimere il potere d'acquisto di pensioni già fortemente indebolite dall'acuirsi della crisi e dalla mancata indicizzazione.
La preoccupazione dei sindacati è stata espressa in un comunicato congiunto della Cgil, Cisl e Uil in cui si afferma che "ormai è del tutto evidente che i pensionati sono stati considerati a tutti gli effetti dei cittadini di serie B non meritevoli di alcuna attenzione. La condizione di milioni di persone a cui sono stati chiesti negli ultimi anni tanti sacrifici non può essere archiviata così. Chiediamo al Governo di ravvedersi. Noi non staremo né fermi né zitti a guardare subire l'ennesima ingiustizia ai danni di chi ha lavorato una vita versando i contributi e pagando le tasse fino all'ultimo centesimo. E' inaccettabile che per pensionati ed annziani non ci siano sgravi fiscali" conclude il comunicato congiunto.
Sul punto è intervenuto anche il presidente della commissione Lavoro della Camera Cesare Damiano che ha sollecitato il governo ad "aprire un tavolo di confronto con i sindacati per affrontare il tema della indicizzazione delle pensioni. La manovra ha una indubbia valenza sociale: evitiamo di comprometterla con misure sbagliate. È fortemente contraddittorio il fatto che allo stesso tempo si dettassino i redditi medio bassi dei lavoratori dipendenti e non quelli medio bassi dei pensionati, una misura fortemente discriminatoria" ha detto Damiano.
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Lavoro nero, aumentano le sanzioni per le irregolarità riscontrate dal 24 dicembre
Il decreto Destinazione Italia raddoppia le sanzioni per i datori che non rispettano le norme dell'orario di lavoro.
La nuova stretta sul lavoro nero è contenuta nel decreto Destinazione Italia (Dl 145/2013 convertito con legge 9/2014). Tra le tante materie regolate dal decreto c'è infatti una rimodulazione degli importi della sanzioni per i datori di lavoro che impiegano manodopera non regolare e non rispettano gli orari di riposo. Vediamo dunque quali sono le novità introdotte.
Orario di lavoro - Relativamente alle violazioni connesse al mancato rispetto dell'orario di lavoro il provvedimento dispone l'incremento in misura doppia delle sanzioni sulle violazioni della durata massima settimanale dell'orario di lavoro, del riposo settimanale e di quello giornaliero. Le nuove sanzioni si applicano alle condotte illecite commesse dal 24 dicembre 2013, la data di entrata in vigore del Dl 145/2013. Escluse dall'intervento, e dunque dall'incremento delle sanzioni, le violazioni connesse al godimento delle ferie.
La durata massima settimanale dell'orario di lavoro, secondo quanto disposto dall'articolo 4 del Dlgs 66/2003, non può superare, per ogni periodo di sette giorni, le 48 ore, incluse le ore di straordinario. Il rispetto di questa media deve avvenire nell'ambito di un periodo di riferimento, di norma pari a quattro mesi, fatte salve specifiche disposizioni della contrattazione collettiva. Il ministero del Lavoro (Circolare 8/2005) ha chiarito inoltre che nel computo delle ore, oltre alle ferie e alla malattia non si devono considerare neanche le assenze dovute a gravidanza e infortunio. Tutti i restanti periodi di assenza, con diritto alla conservazione del posto, sono invece ricompresi nell'arco temporale di riferimento, sia pur con indicazione delle ore pari a zero.
Il riposo settimanale - Le multe salgono anche per quanto riguarda le violazioni legate al mancato rispetto del riposo settimanale: l'articolo 9, del Dlgs 66/2003, stabilisce che il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero, a eccezione dei casi previsti dalla norma stessa. Con le modifiche apportate dalla legge 133/2008, il periodo di riposo consecutivo viene determinato come media in un arco temporale non superiore a 14 giorni.
Le sanzioni - Con l'entrata in vigore del Dl 145/2013 la sanzione per il superamento dei limiti dell'orario di lavoro è dunque compresa tra 200 e 1.500 euro. Qualora la violazione riguardi più di cinque lavoratori o si sia verificata in almeno tre periodi di riferimento, la multa sale da 800 a 3mila euro. E se nella violazione sono coinvolti più di 10 lavoratori o questa si è protratta per almeno cinque periodi, la sanzione è compresa tra 2mila a 10mila euro. Per la violazione del riposo settimanale la sanzione prevista è quella relativa al superamento delle quarantotto ore settimanali di media, con gli stessi importi appena indicati.
Il riposo giornaliero - Per il riposo giornaliero le nuove sanzioni prevedono l'importo da 100 a 300 euro se la violazione coinvolge fino a cinque lavoratori o due periodi di riferimento. Le sanzioni passano da 600 a 2mila euro qualora la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori o si è verificata in almeno tre periodi di ventiquattro ore. Se riguarda più di dieci lavoratori o almeno cinque periodi, l'importo è ricompreso tra i 1.800 e i 3mila euro.
Pensioni d'oro, altolà di Renzi ai prelievi sotto i 3mila euro
La proposta di far scattare già dal 2014 un prelievo sui trattamenti superiori ai 2mila euro viene bocciata da Matteo Renzi dopo le proteste dei sindacati.
Il premier Matteo Renzi smentisce la proposta contenuta nel piano sulla spending review targato Cottarelli presentato ieri in Consiglio dei ministri. "L'idea che uno che guadagna 2 mila euro di pensione sia chiamato a dare un contributo forse c'è per Cottarelli, ma io la escludo" ha affermato ieri il premier a Porta a Porta ammettendo però che l'idea non è un tabu' ma che potrebbe essere legata a soglie piu' elevate: "è chiaro che se prendi ottomila euro netti e il governo ti chiede un sacrificio io mi sento di difendere questa misura, che peraltro già esiste".
Le parole del premier erano indirizzate in particolare ai sindacati che ieri erano già sul piede di guerra contro l'ipotesi dell'introduzione di un nuovo contributo di solidarietà. Sia per la Cgil che per l'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano la proposta fatta circolare dal commissario Cottarelli era del tutto inaccettabile. Renzi ha dunque rassicurato: "chi sostiene che i pensionati pagheranno la manovra sbaglia."
Il problema sta nelle soglie - Il segretario Cgil Camusso tuttavia non è contraria tout court alla misura a condizione che pero' che si fissi la soglia del contributo di solidarietà sopra i 3 mila e 500 - 4mila euro in modo da garantire le fasce medie. L'ipotesi peraltro è condivisa negli ambienti governativi. Insomma un intervento una tantum sui trattamenti superiori ai 4-5 mila euro lordi al mese non è del tutto da scartare come del resto ha detto ieri mattina il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio. Ma in ogni caso le pensioni avranno un ruolo marginale nel finanziamento di altri capitoli di spesa del governo Renzi in quanto il contributo, se sarà introdotto, "sarà comunque temporaneo" ha detto Delrio.
I calcoli - Insomma la precisazione dovrebbe garantire che l'eventuale prelievo di solidarietà - se sarà introdotto - riguarderà solo il 5 per cento dei pensionati e forse anche meno. Peraltro Renzi dovrebbe ricordare che alcuni di questi trattamenti già pagano un contributo di solidarietà reintrodotto con l' ultima legge di stabilità, anche piuttosto salato, che scatta sopra i 90 mila euro lordi annui - cioè circa 7mila euro al mese - e dovrà essere pagato fino al 2016. E quindi, a meno che non si voglia ulteriormente penalizzare queste "pensioni d'oro", la reale platea che potrebbe essere interessata dalla misura è quella che va dai 3-4 mila euro ai 7mila euro. Quante sarebbero le pensioni colpite? Circa 350mila secondo i calcoli Inps; ed ipotizzando una aliquota del 5 per cento massimo sulla parte eccedente i 3000 euro al mese, Renzi potrebbe racimolare circa 260 milioni di euro l'anno. Una cifra del tutto inadeguata evidentemente a finanziare gli sgravi sul lavoro per stimolare le nuove assunzioni.
Ma il calcolo potrebbe anche avvenire in modo differente laddove il governo scegliesse di prelevare la parte dell'assegno non derivante da versamenti contributivi che per queste fasce di pensioni raggiunge anche il 25 per cento dell'importo. In tal caso il "danno" per i pensionati sarebbe ingente perchè colpirebbe la parte retributiva e la misura comporterebbe un gettito molto più ricco per le casse dello Stato.
Pensioni, Renzi annuncia un nuovo prelievo sui trattamenti oltre i 2 mila euro
Doccia fredda per i pensionati. Renzi annuncia l'introduzione di un nuovo contributo di solidarietà sulle pensioni sopra i 2500 euro lordi. Immediata la replica di Damiano: "la misura è fuori dalla realtà".
Nelle novità annunciate ieri dal primo ministro, Matteo Renzi, ci sono anche alcuni provvedimenti che potrebbero interessare i pensionati. Non si tratta però delle misure tanto attese, come un allargamento delle maglie degli esodati o l'introduzione dei pensionamenti flessibili, ma di un ennesimo contributo temporaneo di solidarietà a carico dei trattamenti più elevati. E' quanto annunciato dal commissario straordinario alla spending review Carlo Cottarelli nella conferenza stampa di mercoledì. Ma andiamo con ordine.
Secondo Cottarelli il piano di revisione della spesa pubblica sarà articolato in 33 punti con l'obiettivo di conseguire risparmi dai 5 ai 7 miliardi quest'anno, 18 miliardi il prossimo e 35 miliardi nel 2016. I tagli saranno graduali con i primi provvedimenti che potranno essere avviati dal prossimo mese di maggio "sempre che si riesca ad agire seriamente e subito" ha detto Cottarelli. Tra le misure annunciate ci sarà chiaramente una sforbiciata alle auto blu che secondo il presidente del Consiglio dei Ministri "ne devono restare una per ministro e massimo 5 auto per ogni dicastero".
Ma la scure della spending review potrebbe essere calata ancora una volta sulla previdenza. Secondo Cottarelli il settore non può non essere coinvolto: "i costi del sistema sono ancora troppo elevati dato che raggiungono circa il 16 per cento del Pil, per un valore di ben 270 miliardi di euro". A tale riguardo Cottarelli è stato abbastanza chiaro: l'ipotesi è di introdurre "un contributo temporaneo di solidarietà sui trattamenti previdenziali più elevati a beneficio della fiscalizzazione degli oneri per i lavoratori neoassunti". Secondo il commissario verranno colpiti gradualmente solo il 15 per cento degli assegni previdenziali. Si tratterebbe in particolare, anche se in via temporanea, degli assegni sopra i 2500 euro lordi mensili (ossia con la soglia oltre cinque volte il minimo), cifre che a ben guardare non sono in realtà un gran reddito ma che andrebbero a colpire i redditi medi già duramente provati dalla stop all'indicizzazione dei trattamenti negli ultimi anni. Altro che pensioni d'oro.
Secondo Cottarelli l'intervento sulle pensioni è giustificabile anche perché i pensionati, stando alle indagini della Banca d'Italia, "sono tra coloro che riescono più a risparmiare."
Dure le critiche dell'ex ministro del lavoro Cesare Damiano che dal suo blog denuncia: "E’ fortemente contraddittorio il fatto che, allo stesso tempo, si detassino i redditi medio-bassi dei lavoratori dipendenti e si tassino quelli medio-bassi dei pensionati. Se qualcuno pensa che 2.000 euro lordi mensili assomigliano ad una pensione d’oro, è fuori dalla realtà. “In questo modo, da una parte si sostengono i consumi mentre, dall’altra, si deprimono: sarebbe assurdo e non crediamo che il Governo voglia manovre economiche a somma zero. Inoltre, i pensionati non trarranno alcun beneficio dalla manovra e avrebbero un doppio svantaggio. Per questo chiediamo che l’Esecutivo apra un tavolo di confronto con i sindacati per affrontare il tema della indicizzazione delle pensioni. Infine si dovrebbe affrontare, nell’ambito del lavoro autonomo, il tema delle partite IVA autentiche agevolando questi lavoratori, in molti casi giovani, attraverso la fissazione dell’aliquota dei contributi previdenziali al 24%, come nel caso del lavoro autonomo. La manovra può essere completata con queste correzioni che rafforzerebbero il suo carattere di equità".
Tasi 2014, ecco gli effetti della tassa dopo il salva Roma
La nuova tassa farà aumentare l'imposta sulle seconde case fino a 200 euro in più l'anno nelle maggiori città come Roma e Milano.
Non c'è niente da fare. Anche il nuovo anno riserva ai contribuenti italiani una nuova stangata che potrebbe costare per un'abitazione media di categoria catastale A2 un aggravio di costo fino a 200 euro. Nelle grandi città per un alloggio medio potrebbero doversi pagare tra i 140 e 160 euro in più. E' l'effetto dell'ultima norma contenuta nel Decreto Salva Roma che ha concesso ai sindaci la possibilità di aumentare ulteriormente le aliquote sulla Tasi.
Ma il colpo peggiore, almeno sulla carta, potrebbe arrivare in quelle città medie che fino al 2013 non avevano aumentato le tasse sugli alloggi a loro disposizione. Per esempio Pordenone e Bolzano potrebbero registrare aumenti fino a 500 euro l'anno secondo le prime stime effettuate dalla Cgia di Mestre
Il decreto salva Roma ha infatti nuovamente cambiato le regole in materia di imposta comunale sui servizi indivisibili, la Tasi, prevista originariamente dalla legge di stabilità. Nel decreto infatti si concede la facoltà ai Comuni, non l'obbligo, di aumentare le aliquote complessivamente dello 0,8 per mille al fine di finanziare le detrazioni sull'abitazione principale.
La Tasi di fatto è una reintroduzione, seppur mascherata, dell'Imu per la prima casa: la legge di stabilità prevedeva per l'abitazione principale un'aliquota pari allo 0,25 per cento calcolata sulla sulla stessa base imponibile prevista per l'IMU. Per le altre tipologie immobiliari, dove la vecchia Imu rimane in vigore, la legge di stabilità prevedeva che la somma tra Imu e Tasi non potesse superare il tetto massimo del 1,06%.
Con il salva Roma i comuni hanno tempo sino ad aprile per stabilire se applicare del tutto o solamente in parte l'aumento dell'aliquota che è stato loro reso possibile. La decisione ultima quindi spetterà ai sindaci che potranno far salire l'aliquota massima allo 0,33% per l'abitazione principale oppure aumentare il prelievo sugli altri immobili portandolo sino al 1,14 per cento; i comuni potranno anche scegliere una via di mezzo aumentando per esempio solo dello 0,4 per mille l'aliquota sulle abitazioni principali è di un altro 0,4 per mille l'aliquota sulle seconde case e gli altri immobili.
E' chiaro che oggi è presto per conoscere le decisioni anche se non ci vuole molto per capire che i comuni non si lasceranno scappare questa possibilità: difficilmente i comuni riusciranno a rinunciare ad un incremento delle aliquote per finanziare i bilanci disastrati. Anche perché sarà difficile riuscire a controllare nei fatti la corretta destinazione delle risorse aggiuntive derivanti dall'aumento delle aliquote. L'extra-gettito dovrà essere destinato infatti a finanziare le detrazioni per l'abitazione principale, ad esempio i comuni potrebbero immaginare l'introduzione di una detrazione base ed eventualmente una maggiorazione della detrazione in presenza di figli conviventi come avveniva per l'Imu; ma i controlli sulla destinazione dell'extra-gettito non saranno facili.
Le nuove tasse sulla casa
La Tari - La Tari è la tassa sui rifiuti. Viene determinata a seconda della tipologia di immobile residenziale o non residenziale. Per gli immobili abitativi si tiene conto, oltre che della superficie dell'alloggio, anche del numero di persone che lo abitano, per i non residenziali invece oltre alla grandezza si considera l'attività che viene svolta al suo interno. La tassa penalizza in particolare le famiglie numerose e i pubblici esercizi.
La Tasi - La Tasi è il nuovo tributo sui servizi indivisibili. Viene utilizzata per coprire i costi comunali come l'illuminazione e la sicurezza. La base di calcolo è la medesima dell'Imu e quindi per le abitazioni si aumenta la rendita catastale del 5 per cento e la si moltiplica per 160. Per il 2014 l'aliquota massima per le abitazioni principali è dello 0,25%, per gli altri immobili la Tasi viene sommata all'Imu e l'aliquota massima può raggiungere l'1,06%. Il decreto salva Roma concede la facoltà ai sindaci di incrementare l'aliquota di un ulteriore 0,8 per mille.
Iuc - La iuc è l'acronimo di imposta unica comunale ed è la somma di Tasi e Tari. La Iuc non è necessariamente in capo ad un solo contribuente visto che la Tasi viene pagata in gran parte dal proprietario dell'abitazione mentre la Tari è pagata da chi occupa l'immobile. I comuni possono stabilire in quante rate deve essere pagata fermo restando che devono esserci almeno due rate. Va lasciata inoltre la possibilità di saldare in unica soluzione entro il 16 giugno.
Sostegno al reddito, pronto il decreto per le mensilità residue del 2014
Secondo fonti vicino al Ministero del Lavoro Poletti pubblicherà il decreto di sostegno del reddito per le mensilità residue relative all'anno 2014.
Nelle prossime settimane dovrebbero esserci dei passi avanti relativamente alla pubblicazione della seconda parte del terzo decreto che ha concesso l'assegno di sostegno al reddito per l'anno 2013 per i lavoratori indicati dell'articolo 12, comma-5 bis del DL 78/2010 convertito con legge 122/2010.
Il decreto numero 76353 del 16 ottobre 2013 era infatti nato con un problema di fondo. Aveva sì concesso la proroga del sostegno del reddito, con esclusione della contribuzione figurativa, in favore dei soggetti per i quali la vecchia finestra di decorrenza era collocata nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2013, ma il prolungamento, in considerazione delle scarse risorse finanziarie reperibili all'epoca, aveva coperto solo una parte del periodo di slittamento della finestra, quello sino al 31 dicembre 2013. Erano rimasti in questo modo prive di copertura le mensilità di slittamento che si collocavano nel nuovo anno, il 2014.
Ora sotto la guida del nuovo ministro, Giuliano Poletti, i tecnici del ministero di via Veneto hanno predisposto la "seconda parte" del decreto interministeriale con il quale sarà concesso il prolungamento dell'intervento di tutela del reddito in favore dei lavoratori già beneficiari della tutela di cui al Dm 76353 limitatamente, questa volta, alle mensilità residue dell'anno 2014 che non erano state coperte con il citato decreto. Con la pubblicazione della seconda parte di questo decreto l'Inps sarà autorizzata pertanto ad erogare il prolungamento dell'intervento di tutela del reddito in favore dei soggetti individuati dal decreto 76353 per le mensilità residue del 2014.
Altra questione sul tavolo del Ministro è quella relativa all'interpretazione dell'articolo 12 comma 5 bis lettera a) del Dl 78/2010 che secondo espressa ammissione dello stesso ministero non si presta ad una interpretazione univoca. Il problema è noto e ruota intorno al significato della disposizione che ammette al beneficio della proroga del sostegno al reddito quei "lavoratori le cui imprese abbiano siglato accordi sindacali per il collocamento in mobilità ordinaria o lunga entro il 30 aprile 2010".
I decreti attuativi della citata disposizione (Dm 63655, Dm 68225, Dm 76353) hanno infatti interpretato la stessa in maniera non omogenea indicando che alla data del 30 Aprile 2010 il lavoratore debba (come ulteriore condizione) aver cessato l'attività lavorativa. In tal modo è stato ristretto il campo di reale operatività della disposizione posto che non tutti i lavoratori le cui imprese abbiano stipulato accordi entro il 30 Aprile 2010 hanno necessariamente cessato l'attività lavorativa alla predetta data. La questione era stata piu' volte sollevata dai sindacati che avevano rappresentato "come al 30 Aprile 2010 i lavoratori in questione potessero non aver ancora cessato l'attività lavorativa" ma per ben due anni la questione non è stata raccolta dal Dicastero.
Il Ministero del Lavoro ha avviato di recente un approfondimento sulla reale portata della norma e sulle diverse implicazioni che ne possono conseguire aprendo dunque alla possibilità di un chiarimento e di un allargamento della platea in oggetto.