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Gli obblighi di interruzione di 10 o 20 giorni verranno solo in caso di nuova assunzione di lavoratori.

Il decreto legge che modifica la disciplina dei contratti a termine è legge. E' stato infatti pubblicato ieri in GU il Dl 34/2014 recante "disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese".

Il testo del decreto è in linea con quanto anticipato nei giorni scorsi da Poletti e dal ministero del Lavoro: il datore di lavoro potrà sempre instaurare rapporti di lavoro a tempo determinato senza causale, nel limite di durata di trentasei mesi. Viene così superata la precedente disciplina che limitava tale possibilità solo al primo rapporto di lavoro a tempo determinato. Inoltre, la possibilità di prorogare un contratto di lavoro a termine in corso di svolgimento è sempre ammessa, fino ad un massimo di 8 volte nei trentasei mesi. Rimane, quale unica condizione per le proroghe, il fatto che si riferiscano alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato inizialmente stipulato.

E' previsto un limite numerico per i contratti a tempo pari al 20 per cento rispetto all'organico complessivo dell'azienda ad eccezione delle aziende con meno di 5 dipendenti che potranno sempre stipulare un contratto a tempo determinato. Il limite del 20% può essere superato secondo quanto disposto dall'art. 10, comma 7, del D.lgs. 368/2001, che da un lato lascia alla contrattazione collettiva la possibilità di modificare tale limite quantitativo e, dall'altro, tiene conto delle esigenze connesse alle sostituzioni e alla stagionalità.

Nei giorni scorsi il Ministero del lavoro ha anche chiarito che non ci saranno più intervalli nel caso di proroga del contratto a termine acausale. Via Veneto ha precisato che gli stop and go di 10, 20 giorni varranno solo per le successioni dei contratti a termine e non quindi per il nuovo regime di proroghe libere fissato in otto volte massimo nei 36 mesi nel Dl 34/2014.

Con questa precisazione le imprese potranno sempre prorogare il rapporto di lavoro in corso di svolgimento fino ad un massimo di 8 volte nei 3 anni di durata massima del rapporto. In pratica la proroga scatterà subito senza che il datore dovrà rispettare intervalli di tempo di 10 o 20 giorni di attesa (a seconda se il contratto dura fino a 6 mesi o oltre). Il datore dovrà solo soddisfare una condizione per il rinnovo, cioè il fatto che la proroga si riferisca la stessa attività lavorativa per il quale il contratto è stato inizialmente siglato. 
Lo stop and go invece continuerà a dover essere rispettato in caso di successione dei rapporti a tempo. Quindi le imprese dovranno rispettare intervalli solo in caso di nuova assunzione.

Ottomila dipendenti pubblici potrebbero essere accompagnati alla pensione, 16 mila rischiano invece il trasferimento.

Statali è tempo di fare le valigie. Almeno secondo le intenzioni del commissario straordinario alla spending review Carlo Cottarelli che negli scorsi giorni ha presentato il piano straordinario per ridurre la spesa pubblica che colpirà in modo significativo i dipendenti delle pubbliche amministrazioni.

Il piano conferma come il pubblico impiego sia uno dei principali punti oggetto dei possibili tagli alla spesa. Nelle slide messe a punto da Cottarelli gli esuberi nelle pubbliche amministrazioni potrebbero raggiungere anche le 85 mila unità; la cifra, in realtà, è stata subito disconosciuta da Renzi e dal Ministro della pubblica amministrazione Marianna Madia che si sono affrettati a precisare che non saranno adottati provvedimenti di questa portata. Secondo il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, "le bozze sono solo bozze." Insomma per il governo il dossier Cottarelli va considerato solo come una base di lavoro, un punto di partenza. Ma che ci sarà un provvedimento sul pubblico impiego nessuno lo nega.

I numeri degli esuberi, secondo il governo, saranno molto più bassi e già la prossima settimana saranno resi noti in una versione rivista del dossier Cottarelli. Che poi, nella sua versione definitiva, diventerà parte integrante del prossimo Documento di economia e finanza atteso entro i primi di Aprile. Al ministero dell'Economia in effetti si sono fatti altri numeri frutto, evidentemente, di una ricognizione più prudenziale che parlano di circa 24 mila esuberi.

A rischiare sono soprattutto dipendenti dell'Inps (3.300 esuberi tra impiegati e dirigenti) quelli dei ministeri del Lavoro, dello Sviluppo, dell'Agricoltura, Difesa, Ambiente, Salute ed Infrastrutture e dipendenti di Aci, Istat e Enac che potrebbero essere sfoltiti di 1.200 unità.

Ma a parte le cifre che possono essere diverse a seconda di come si effettuano le ricognizioni sul personale in eccesso, Cottarelli vorrebbe rendere soprattutto più incisivo il meccanismo per la gestione del personale dichiarato in esubero. Chi è più prossimo alla pensione (8.000 persone secondo le stime del Mef) verrebbe collocato in prepensionamento; gli altri (circa 16.000 dipendenti, se le stime del Mef fossero confermate) entrerebbero in una mobilità forzata in un ufficio locale all'interno della parte regione di residenza. I lavoratori che non accettano la mobilità forzata avrebbero una riduzione dello stipendio di circa il 20-30% per due anni in attesa di trovare un nuovo lavoro. Poi il licenziamento.

In alternativa Cottarelli propone incentivi all'uscita finanziati una tantum dallo stato con il collocamento in disponibilità. Uno stipendio più basso ma con i contributi previdenziali assicurati e un taglio tra l'8 e il 12 per cento degli stipendi dei dirigenti apicali e di prima fascia con parte della retribuzione legata ai risultati. 

Il Ministero dell'Economia però sta anche lavorando ad un terzo piano. Quello di creare una specie di fondo di solidarietà come già accade per i dipendenti bancari in esubero che accompagni gli interessati per un certo periodo in attesa che trovino una diversa occupazione. I dipendenti pubblici potrebbero fruire, in questo modo, di una specie di assegno straordinario di sostegno al reddito in attesa di essere reimpiegati nel settore privato o pubblico creando, eventualmente, una sorta di agenzia di collocamento per i dipendenti statali.

Nel dossier del commissario Cottarelli spunta l'ipotesi di introdurre un vincolo di reddito per l'indennità di accompagnamento.

Il rapporto della spesa per le prestazioni agli invalidi civili, pensioni di invalidità ed indennità di accompagno diffusi dall'Inps parlano abbastanza chiaro. Complessivamente la spesa per l'accompagno vale infatti 12 miliardi mentre quella destinata alle pensioni di invalidità vale oltre 3 miliardi. Negli ultimi anni le verifiche si sono inasprite con il coinvolgimento dell'Inps e delle strutture territoriali del Ministero del lavoro e della sanità consentendo il risparmio di alcuni denari ma la spesa su questo fronte resta comunque molto elevata.

Cottarelli ipotizza oltre ad una intensificazione dei controlli, anche l'introduzione di un limite di reddito per quanto riguarda le indennità di accompagnamento fissato a 30mila euro per i redditi individuali e a 45mila euro per quelli familiari. Secondo il dossier elaborato dal Commissario da questa misura si potrebbero ottenere 100 milioni il prossimo anno e 200 nel 2016, cifre chiaramente ben più consistenti se si decidesse di intervenire non solo sui trattamenti ancora da erogare ma anche su quelli già in essere.

In realtà come hanno ricordato esponenti del governo e lo stesso Cottarelli, tutte le decisioni su questa delicata materia dovranno essere assunte a livello politico dal governo Renzi e dalla maggioranza che lo sostiene. Non è affatto scontato che questa ipotesi possa passare dato che il governo Letta, nel dicembre dell'anno scorso, aveva tentato di presentare una misura analoga indicando dei limiti di reddito leggermente meno severi di quelli ipotizzati oggi. La proposta suscitò moltissime polemiche e proteste e fu rapidamente cancellata dal testo della legge di stabilità. Bisognerà quindi ora comprendere se il clima politico è cambiato e se si vuole intervenire sulla questione.

L'Inps chiarisce che i benefici previsti per i lavoratori che svolgono attività usuranti possono essere fruiti anche dal personale viaggiante e di macchina iscritto al Fondo speciale per il personale dipendente delle Ferrovie dello Stato.

L'Inps ha precisato con il messaggio 3380/2014 che il personale viaggiante e di macchina iscritto presso il Fondo speciale per il personale dipendente delle Ferrovie dello Stato può fruire, in presenza dei requisiti richiesti, dei benefici previsti per i lavoratori che svolgono attività particolarmente faticose e pesanti di cui al Dlgs 67/2011.

Si tratta pertanto di una precisazione particolarmente interessante per il personale viaggiante delle Ferrovie dello Stato dopo che la riforma Fornero del 2011 ha abolito la possibilità di accedere alla pensione di vecchiaia con requisiti più bassi rispetto alla generalità dei lavoratori dipendenti dello Stato.

Il personale in questione potrà quindi fruire di un'uscita anticipata con il perfezionamento di quota 97,3 con almeno 61 anni 3 mesi di età e 35 di contributi per il 2014. In questo caso tuttavia continuerà a trovare applicazione la finestra mobile di accesso pari a 12 mensilità oltre, chiaramente, agli adeguamenti in materia di stima di vita che scatteranno dal 2016.

L'Inps ricorda, infine, che tali benefici sono cumulabili con gli aumenti di valutazione di cui all’art. 217 del T.U. n. 1092/1973 - maturati dal personale in questione fino alla data del 31/12/2011 - ai soli fini della determinazione dell’importo della pensione e non dell’anticipo dell’accesso al pensionamento.

Nota di aggiornamento - Il messaggio in parola ha destato importanti perplessità interpretative in quanto ha fatto presupporre l’inclusione tra le attività usuranti previste dal citato D.Lgs. n. 67/2011 anche quelle svolte dal personale viaggiante, di macchina, navigante… iscritto al Fondo Speciale FS.

L'INPS ha chiarito che non è questa l'interpretazione e che i benefici per i lavoratori usuranti sono ammissibili solo per i notturni. L'indicazione che si voleva fornire con il messaggio in parola era solo quello di precisare che in presenza dell'applicazione al personale ferroviario del regime pensionistico di miglior favore per attività usuranti connesse a lavoro notturno, ai fini del raggiungimento del limite contributivo minimo dei 35 anni previsto dalla normativa di riferimento, non devono concorrere gli eventuali aumenti di valutazione maturati fino al 31.12.2011.

Il Ministero dell'Economia e delle Finanze si esprime negativamente circa la possibilità di estendere il regime, nella sua forma attuale, oltre il 2015.

Ancora nulla di fatto per una modifica del regime sperimentale donna di cui alla legge 243/2004. Durante il governo Letta le parti sociali e il Parlamento avevano avanzato diverse richieste affinché l'Inps rivedesse la sua posizione contenuta nella Circolare numero 35 del 14 marzo 2012 che ne ha limitato la fruizione alle sole lavoratrici la cui finestra di decorrenza sia entro il 31.12.2015.

Ieri però è arrivato il parere negativo da parte del Ministero dell'Economia circa la possibilità di estendere il regime oltre il 2015, data della sua naturale scadenza. Alla base della motivazione il Mef evidenzia non solo rischi per la finanza pubblica. Via XX settembre osserva anche che un provvedimento estensivo non appare ormai piu' compatibile con l'attuale quadro in materia di previdenza varato dal legislatore del 2011. Trattandosi infatti di una forma di pensionamento anticipato in deroga alla disciplina generale, "l'opzione donna non trova spazio nell'attuale sistema pensionistico a meno che non si ripensi la disciplina generale in materia previdenziale al fine di garantire a tutti i lavoratori una maggiore flessibilità per l'accesso al trattamento di quiescenza".

In altri termini, secondo il Mef, l'opzione donna così come è oggi concepita non può essere estesa oltre il 2015. La norma può essere modificata in senso universale, includendo cioè anche gli uomini, e prevedendo diversi requisiti di accesso al prezzo eventualmente di una penalizzazione. 

Il Mef ricorda anche che in tema di pensione anticipata l'Europa chiede al nostro paese di equiparare i requisiti per l'accesso al trattamento indipendentemente dall'età anagrafica per uomini e donne. Attualmente infatti le donne accedono al trattamento anticipato con un anno di anticipo rispetto agli uomini (41 anni e 6 mesi contro i 42 anni e 6 mesi per gli uomini).

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