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Ultimi mesi prima della chiusura del regime sperimentale donna. Entro il 2014 le lavoratrici dovranno maturare i requisiti per l'accesso al regime.

Con l'approvazione della riforma Monti Fornero nel 2011 le lavoratrici che hanno deciso di accettare una pensione di importo più basso approfittando della possibilità offerta dal regime sperimentale è aumentata in modo deciso.  

Secondo i dati diffusi dall'Istat tra il 2011 e 2012 il numero delle lavoratrici che hanno fatto ricorso all'opzione è praticamente quadruplicato superando oltre 5.500 prestazioni. Per comprendere il fenomeno basti pensare che prima della riforma le lavoratrici che optavano per il regime sperimentale superavano a malapena le mille unità l'anno. E il fenomeno è ulteriormente cresciuto nel 2013 quando il numero complessivo ha superato le 7mila domande. 

I requisiti
La norma prevista dall'articolo 1, comma 9 della legge 243 2004 consente alle lavoratrici con 57 anni di età (58 le autonome) e 35 anni di contributi di accedere alla pensione entro il 31 dicembre 2015 a condizione tuttavia di accettare un assegno calcolato con il sistema contributivo perdendo pertanto circa il 25-30 per cento di quanto otterrebbero con le norme vigenti. Le lavoratrici perdono, con l'opzione donna, il beneficio di quella quota di pensione che veniva calcolata con le regole del sistema retributivo o misto in funzione dell'anzianità contributiva che potevano vantare al 31 dicembre 1995. 

Dal 1° gennaio 2013 il requisito anagrafico di 57 anni, e dei 58 anni per le autonome, è stato tuttavia incrementato di 3 mesi per effetto dell'adeguamento alla speranza di vita Istat. Inoltre, secondo quanto rappresentato dall'istituto di previdenza nella circolare 35 2012, come condizione di accesso al regime, le lavoratrici devono perfezionare la decorrenza della prestazione pensionistica - cioè comprensiva dell'applicazione della finestra mobile di 12 o 18 mesi a seconda rispettivamente se dipendenti o autonome - entro il 31 dicembre 2015.
Tale interpretazione restringe di conseguenza di molto il campo delle potenziali beneficiarie.

Ecco quindi quali sono le scadenze in base ai diversi profili di ciascuna lavoratrice. 
Per le lavoratrici dipendenti del settore privato i requisiti di 57 anni e 3 mesi di età e 35 di contributi devono essere perfezionati entro e non oltre il 30 novembre 2014. Ciò a causa del differimento, come detto, della finestra mobile di 12 mesi che comporterà una decorrenza fissata per il 1 dicembre 2015.

Va un po' meglio solo rispetto alle lavoratrici dipendenti iscritte all'ex Inpdap. I requisiti qui devono essere perfezionati entro il 30 dicembre 2014 in quanto nella gestione pubblica la decorrenza della pensione avviene il giorno seguente a quello di apertura della finestra. Inoltre per queste lavoratrici il requisito contributivo s'intende perfezionato anche con 34 anni, 11 mesi e 16 giorni.

Peggio di tutte le lavoratrici autonome. Per loro infatti la finestra mobile è di 18 mesi e i requisiti devono essere di 58 anni e 3 mesi di età con 35 anni di contributi. Tali requisiti devono essere pertanto perfezionati entro il 31 maggio 2014. Nella gestione Inps le decorrenze dei trattamenti pensionistici sono fissate il primo giorno del mese successivo a quello di maturazione dei requisiti per il pensionamento.

La Commissione Lavoro della Camera ha adottato il testo base delle proposte di legge volte ad introdurre la 6° salvaguardia in favore degli esodati.

La commissione Lavoro della Camera continua l’esame della proposta di legge che punta a modificare la disciplina dei requisiti per la fruizione delle deroghe riguardanti l’accesso al trattamento pensionistico ed ha adottato questa settimana come testo base il testo unificato messo a punto dal Comitato ristretto. Il testo unifica la proposta di legge n.1336 presentata lo scorso 9 luglio dai deputati Airaudo, Placido e Di Salvo e le altre sei presentate presso la Commissione Lavoro della Camera.

La proposta unificata - tra l'altro - consente il mantenimento delle previgenti regole a coloro che maturano i requisiti pensionistici entro 24 mesi dalla scadenza dell'indennità di mobilità e ai prosecutori volontari che maturano la decorrenza del trattamento pensionistico entro il 2018. Il testo elimina anche alcuni paletti previsti per i cessati dal servizio e riconosce la salvaguardia per i lavoratori autorizzati alla prosecuzione della contribuzione prima del 20 luglio 2007.

Il presidente Cesare Damiano ha spiegato che, una volta esaminate le proposte di modifica, si potrà valutare l’opportunità di procedere alla deliberazione circa la richiesta di una relazione tecnica per acquisire, in tempi brevissimi, elementi in ordine alla quantificazione dei relativi oneri e di poter valutare conseguentemente la copertura finanziaria del provvedimento. A suo avviso sarebbe opportuno procedere all’audizione, in via informale, dei vertici dell’Inps al fine di fare il punto sulla situazione complessiva dei cosiddetti ”esodati”.

Nel mirino i trattamenti superiori a cinque o sei volte il minimo Inps. Anche se per il momento Renzi rassicura che non ci saranno nuovi prelievi. 

L'ipotesi presentata dal commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, alcuni giorni fa in Senato ha riacceso i riflettori sulle pensioni d'oro. La proposta è quella di introdurre un contributo di solidarietà temporaneo sugli assegni pensionistici superiori ad una determinata soglia per ricavare una mini-dote che consentirebbe di finanziare gli oneri sulle nuove assunzioni.

Per Cottarelli la soglia può essere individuata intorno ai 2.500 euro al mese ma Renzi, preso in contropiede, ha smentito lo stesso commissario. La proposta però, come ha confermato il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio, è comunque sul tavolo e tutto ruota intorno alla soglia oltre la quale si potrebbe applicare il "taglio".

Prima di vedere chi potrebbe essere interessato è bene ricordare che sulle pensioni d'oro già è stato reintrodotto un prelievo di solidarietà. L'ultima legge di stabilità infatti ha fatto scattare da gennaio un contributo di solidarietà sulle pensioni più elevate nel triennio 2014-2016. La novità ha colpito i trattamenti pensionistici superiori a 90.000 euro l'anno; si tratta in particolare delle rendite superiori a 14 volte il trattamento minimo Inps, cioè sopra i 6.936,02 euro lordi mensili sui quali è in vigore una decurtazione del 6% relativamente alla parte superiore a tale importo.

Il taglio sale al 12 % per gli importi superiori a 9.908,60 euro e fino a 14.862,90 euro; e ancora il contributo sale al 18% per gli assegni superiori a tale ultima soglia. Contributi importanti che tuttavia portano alle Casse dello Stato risorse modeste pari a circa 12 milioni l'anno al netto delle varie fiscalità.

Innalzare quindi ulteriormente tale contributo su questa fascia, cioè oltre i 90mila euro l'anno, potrebbe quindi non portare molti altri denari in quanto la numerosità di questo insieme è piuttosto scarsa.

Ecco quindi che il nuovo prelievo, se mai vedrà la luce, dovrà necessariamente interessare anche le fasce al di sotto di tale soglia ed intaccare le cd. pensioni d'argento. La tagliola, come accennato, potrebbe scattare su quelle superiori a 5 o 6 volte il trattamento minimo Inps. Stando ai ultimi dati ufficiali dell'Inps sui trattamenti erogati nel 2012, il numero delle persone che hanno percepito l'importo lordo superiore a cinque volte il trattamento minimo, 2.405 euro lordi al mese, è stato pari all'8,6% del totale dei pensionati (l'equivalente di 1.428.219 soggetti). Se si prendono in considerazione gli assegni superiori a 6 volte il trattamento minimo, oltre i 2.886 euro lordi al mese, la platea si restringe al 4,8% del totale (l'equivalente di 800.650 soggetti).

Su questi assegni si potrebbe immaginare, similmente a quanto stabilito dalla legge di stabilità per le pensioni oltre 90mila euro lordi annui, un taglio del 5 per cento sulla parte eccedente 5 o 6 volte il trattamento minimo.

Ma l'esecutivo potrebbe, come è stato fatto osservare, anche applicare un contributo di solidarietà basato su un ricalcolo dell'assegno in chiave contributiva per le pensioni che superino quelle soglie. In tal modo si otterrebbe un "riequilibrio di solidarietà" che potrebbe portare allo Stato risparmi anche più ingenti.

È questa l'ipotesi promossa da diversi esponenti politici tra cui Giuliano Cazzola. L'idea tuttavia dovrà tenere conto inevitabilmente dei paletti fissati dalle sentenze della Corte Costituzionale che si è detta "sfavorevole a forme di prelievo coattivo di ricchezza che vadano a colpire solo taluni fonti di reddito" anche se la stessa sentenza aveva indicato l'esigenza di interventi solidali "a carico dei percettori di importi pensionistici ingiustificatamente elevati".

Declinare queste condizioni tenendo conto anche delle reali esigenze delle fasce medie sarà un'operazione molto difficile e delicata per Matteo Renzi.

L'istat ha pubblicato i coefficienti necessari per calcolare con esattezza una rendita con decorrenza 2015. 

L'Istituto Nazionale di Statistica ha da poco comunicato i coefficienti che consentono di rivalutare le retribuzioni - oppure i redditi per i lavoratori autonomi - utili per determinare la base annua pensionabile nel regime retributivo.

Con i nuovi coefficienti i pensionati possono dunque calcolare con precisione l'assegno con decorrenza 2015.

Anno Quota A Quota B
2015 1,0000 1,0000
2014 1,0000 1,0000
2013 1,0020 1,0120
2012 1,0110 1,0211
2011 1,0420 1,0628
2010 1,0700 1,1021
2009 1,0870 1,1305
2008 1,0950 1,1498
2007 1,1300 1,1978
2006 1,1500 1,2305
2005 1,1720 1,2658
2004 1,1920 1,2993
2003 1,2160 1,3376
2002 1,2460 1,3831
2001 1,2760 1,4291
2000 1,3110 1,4814
1999 1,3440 1,5322

Nella colonna A sono indicati i coeffidenti di rivalutazione delle retribuzioni da utilizzare per il calcolo della quota di pensione riferita alla contribuzione versata a tutto il 31/12/1992 (quota A). Nella colonna B sono riportati i coefficienti da utilizzare per il calcolo della quota di pensione maturata sulla base della contribuzione successiva al 1° gennaio 1993 (quota B). Dalla rivalutazione sono escluse le retribuzioni dell'anno di decorrenza della pensione e di quello precedente.

Il sistema retributivo - Il calcolo retributivo è stato definitivamente soppresso dal 1° gennaio 2012 e si basa principalmente su due elementi. Il primo è quello del numero degli anni di contribuzione unito alla media delle retribuzioni lorde aggiornate e riferite all'ultimo periodo di attività lavorativa.

L'ammontare della prestazione pensionistica è pari al 2 % del reddito pensionabile per ogni anno di contribuzione: con 25 anni di contributi si ha diritto al 50% della pensione, con 35 anni di contributi si ha diritto al 70% della pensione sino a raggiungere l'80% con 40 anni di contribuzione. 

La rendita è costituita dalla somma di due distinte quote, la quota A e la quota B. La prima corrisponde all'importo relativo alle anzianità contributive maturate fino al 31 dicembre 1992; l'altra, la B, si riferisce alle anzianità acquisite dal 1° gennaio 1993 sino al 31 dicembre 2011.
La base pensionabile della quota A è costituita dalla media degli stipendi degli ultimi 5 anni che precedono la decorrenza della pensione. La base pensionabile della quota B si determina invece dalla media annua delle retribuzioni degli ultimi 10 anni.

Tuttavia gli importi impiegati per il conteggio non sono quelli effettivamente incassati nella busta paga dal lavoratore ma sono quelli rivalutati tenendo conto dell'inflazione ed escludendo l'anno di decorrenza e quello immediatamente precedente. Per esempio uno stipendio di 20mila euro nel 2012 in pensione ne vale 20.220 euro se riferito alla quota A e 20.422 euro se deve essere calcolato per la seconda quota, la B, riferita all'anzianità maturata dopo il 1992.

Il contributivo - Il sistema contributivo è diverso. La legge stabilisce che il montante individuale dei contributi sia determinato applicando alla base imponibile (retribuzione o reddito) una aliquota di computo, 33% per i lavora­tori dipendenti, 22,20% per gli autonomi, e rivalutando la contribuzione così otte­nuta su base composta al 31 dicembre di ogni anno, con esclusione della contri­buzione dello stesso anno, al tasso di capitalizzazione dato dalla variazione media quinquennale del pro­dotto interno lordo (Pil) nominale.

Al momento dell'accesso alla pensione, al montante contributivo, cioè alla somma delle quote ac­cantonate (e rivalutate), si applica un coefficiente di conversione correlato al­l'età del pensionando: 4,661% per chi sceglie di chiederla a 60 anni, 5,435% per chi decide di farlo a 65 anni, e così via si­no al massimo di 6,541% per chi esce a 70 an­ni. Il metodo contributivo si applica interamente a chi ha iniziato a lavorare dal 1996 in poi. E in forma pro-quota per chi era in possesso di meno di 18 anni di contributi entro il 1995 (il metodo si applica sulle anzianità successive al 1996).

La Quota C - Per le pensioni con de­correnza dal 2012, il calcolo della rendita deve tener conto, oltre alle due fette di pensione calcolala con il metodo retributivo, anche di una ulteriore quota (C), riferita all'anzianità acqui­sita successivamente al 31 dicembre 2011 per tutti co­loro che potevano contare su 18 anni di versamenti al 31 dicembre 1995, i quali avevano in precedenza be­neficiato del solo criterio retributivo.

Nel piano annunciato da Matteo Renzi gli sgravi Irpef non verranno estesi ai pensionati. I sindacati in una nota congiunta denunciano: i pensionati non sono persone di serie B.

L'anno nuovo e il nuovo governo non riservano buone notizie per i titolari di reddito da pensione. Gli oltre 16 milioni di pensionati italiani sono infatti rimasti fuori dal taglio dell'Irpef annunciato questa settimana dal primo ministro Matteo Renzi. Quindi, almeno per ora, l'aumento di 100 euro al mese in busta paga non ci sarà. Anzi in vista potrebbero esserci dei nuovi tagli sui trattamenti pensionistici che superano i 3mila euro al mese, un intervento questo che se non calibrato correttamente potrebbe ulteriormente comprimere il potere d'acquisto di pensioni già fortemente indebolite dall'acuirsi della crisi e dalla mancata indicizzazione.

La preoccupazione dei sindacati è stata espressa in un comunicato congiunto della Cgil, Cisl e Uil in cui si afferma che "ormai è del tutto evidente che i pensionati sono stati considerati a tutti gli effetti dei cittadini di serie B non meritevoli di alcuna attenzione. La condizione di milioni di persone a cui sono stati chiesti negli ultimi anni tanti sacrifici non può essere archiviata così. Chiediamo al Governo di ravvedersi. Noi non staremo né fermi né zitti a guardare subire l'ennesima ingiustizia ai danni di chi ha lavorato una vita versando i contributi e pagando le tasse fino all'ultimo centesimo. E' inaccettabile che per pensionati ed annziani non ci siano sgravi fiscali" conclude il comunicato congiunto.

Sul punto è intervenuto anche il presidente della commissione Lavoro della Camera Cesare Damiano che ha sollecitato il governo ad "aprire un tavolo di confronto con i sindacati per affrontare il tema della indicizzazione delle pensioni. La manovra ha una indubbia valenza sociale: evitiamo di comprometterla con misure sbagliate. È fortemente contraddittorio il fatto che allo stesso tempo si dettassino i redditi medio bassi dei lavoratori dipendenti e non quelli medio bassi dei pensionati, una misura fortemente discriminatoria" ha detto Damiano.

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