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Milleproroghe 2015, riaperti i termini per pagare i debiti ad Equitalia
Si riaprono i termini per chiedere un piano di rate per i debiti con il fisco. Chi è decaduto fino a fine 2014 può fare la richiesta entro il 31 luglio.
Kamsin Disco verde alla riapertura dei termini per la rateizzazione delle cartelle di Equitalia. Lo prevede un emendamento contenuto nel decreto legge milleproroghe 2015 approvato ieri in prima lettura della Camera dei Deputati. In relazione anche al momento di particolare crisi e difficoltà finanziaria delle famiglie e delle imprese del nostro Paese, i relatori in accordo con il governo hanno dato parere positivo ad una nuova proroga dei termini per chiedere la rateizzazione delle cartelle di Equitalia. Il provvedimento era molto atteso dai contribuenti che, in forza della crisi economica, erano decaduti dal beneficio della rateizzazione perché avevano saltato delle rate.
La misura prevede quindi che i contribuenti decaduti entro il 31 dicembre 2014 potranno richiedere la concessione di un nuovo piano di rateizzazione fino a un massimo di 72 rate mensili, presentando la richiesta entro e non oltre il 31 luglio 2015, mentre la possibilità era scaduta nel luglio 2014. A seguito della presentazione della richiesta, non potranno essere avviate nuove azioni esecutive nei confronti del beneficiario. Se la rateazione è richiesta dopo una segnalazione effettuata da una pubblica amministrazione prima di eseguire un pagamento (ai sensi dell'articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973), la stessa non può essere concessa limitatamente agli importi che ne costituiscono oggetto.
Sempre sul fisco tra le altre misure, torna in vita il vecchio regime dei minimi Iva (con tassazione agevolata al 5%) che coesisterà per tutto il 2015 con il nuovo regime (al 15%). Niente da fare per l'aumento dell'Iva sul pellet. Capitolo importante anche per quanto riguarda il "rientro" dei cervelli. Se ne era parlato già con l'Investment compact, ma alla fine la proroga degli incentivi per arginare la "fuga dei cervelli" e rendere più invitante la prospettiva di tornare in patria è arrivata, per i prossimi due anni. Passa anche da 4 a 6 anni la durata massima degli assegni di ricerca.
Fino al 30 luglio, inoltre, i sindaci, anche le unioni di Comuni, potranno chiedere la riapertura degli uffici soppressi per effetto del riordino. Slitta invece a fine anno il termine per completare l'unione dei Comuni Per "compensare" la reverse charge dell'Iva, il governo ha deciso di prorogare fino a fine 2016 l'anticipo di una quota degli appalti alle imprese, quota aumentata al 20% per attenuare i problemi di liquidità delle aziende. Congelato per il 2015 l'ampliamento dell'accesso al Fondo di garanzia per le Pmi alle imprese fino a 499 addetti. Slitta alla fine del 2017 la riforma dell'esame di abilitazione degli avvocati, mentre per due anni la titolarità delle farmacie si potrà ottenere con la sola iscrizione all'albo, salvo che per le 2.600 nuove sedi oggetto del concorso straordinario.
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Pensioni, fuori dalle Pa chi ha raggiunto l'età pensionabile
Sarà piu' facile per le pubbliche amministrazioni collocare forzosamente in pensione i dipendenti pubblici che abbiano maturato un diritto a pensione.
Kamsin Chi ha raggiunto l'età pensionabile potrà essere messo a riposo d'ufficio. E' questa la sintesi della Circolare della Funzione Pubblica 2/2015 pubblicata in settimana da Palazzo Vidoni. Il provvedimento conferma in sostanza le regole introdotte dal Dl 90/2014 la scorsa estate individuando, con precisione, i limiti e le modalità per l'esercizio del potere di collocare in pensione d'ufficio i dipendenti pubblici.
Da un lato la Circolare conferma che tutte le amministrazioni nonché le Authority potranno, facoltativamente, procedere alla risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro dei propri dipendenti quando maturano i requisiti per l'anzianità contributiva (42 anni e sei mesi se uomini, 41 e sei mesi se donne) e hanno compiuto 62 anni di età. Prima di agire l'amministrazione dovrà dare un preavviso di sei mesi (il preavviso potrà essere anche comunicato in anticipo rispetto alla realizzazione dei relativi presupposti). La facoltà in parola è tuttavia preclusa nei confronti dei dirigenti medici responsabili di struttura complessa (i primari), i magistrati, il personale difesa e soccorso pubblico e i professori universitari.
L'altro punto è la conferma dell'abolizione del trattenimento in servizio. Quando il lavoratore ha raggiunto l'età per la vecchiaia non potrà piu' chiedere di restare in servizio, come accadeva in passato, al fine di maturare una pensione piu' succulenta. C'è solo una deroga. Le amministrazioni, infatti, non dovranno comunque penalizzare i lavoratori che, pur avendo raggiunto i limiti di età, non hanno i contributi pieni: in questo caso è prevista infatti la possibilità di permettere il proseguimento dell'impiego fino ai 70 anni (più l'adeguamento alla speranza divita).
Dirigenti Medici. Resta il regime speciale per i dirigenti medici. Il limite massimo per il pensionamento di vecchiaia è, per questi professionisti, a 65 anni ma, su richiesta dell'interessato, è possibile chiedere la permanenza in servizio sino a 40 anni di servizio effettivo purché non si superino i 70 anni di età. L'amministrazione, in questi casi, potrà concedere l'allungamento del rapporto di lavoro se non si determina un «aumento del numero dei dirigenti».
Chi ha raggiunto la Q96 entro il 2011. La Circolare ribadisce inoltre che i dipendenti che hanno maturato il requisito di accesso al pensionamento entro il 31 dicembre 2011 rimangono soggetti al regime di accesso al pensionamento previgente (anche in applicazione dell'articolo 2, comma 4, del decreto legge 31 agosto 2013, n. 101). Pertanto nei confronti di questi dipendenti l'amministrazione può esercitare il recesso al raggiungimento del limite ordinamentale (cioè a 65 anni), nonché al conseguimento del requisito dell'anzianità contributiva di 40 anni di servizio.
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Inps, Cioffi alla Direzione Generale
L'istituto previdenziale avrà un presidente ed un direttore generale entrambi provenienti dall'esterno. La scelta di Cioffi è stata concordata con il Neopresidente Tito Boeri.
Kamsin Il governo completa l'assetto di vertice dell'Inps. Su proposta del neopresidente Tito Boeri, il ministro del Lavoro Poletti ha indicato per la direzione generale Massimo Cioffi, già direttore del personale dell'Enel, uscito dopo l'arrivo di Francesco Starace alla guida del colosso elettrico. Affinché il nuovo dg diventi operativo occorrerà attendere il decreto ministeriale a firma del responsabile del Lavoro, Giuliano Poletti, che ha già confermato all'Inail dg uscente, Giuseppe Lucibello.
I tempi dovrebbero essere rapidi anche per consentire all'Inps di tornare nel pieno dell'operatività dopo l'uscita dal commissariamento breve di Tiziano Treu e in attesa della definizione della nuova governance. Un modello duale con Cda leggero e Civ ridotto che dovrebbe essere accompagnato da un vasto processo riorganizzativo. Anche per questo motivo la scelta sarebbe ricaduta su Cioffi, bocconiano come Boeri. La nomina sarà formalizzata la prossima settimana: è così destinata a durare pochi giorni la reggenza di Antonello Crudo, scelto come dg facente funzioni dopo la scadenza del mandato di Mauro Nori e della relativa proroga di 45 giorni.
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Pensioni, Grasso: stop vitalizi ai condannati entro il 2015
Botta e risposta tra il presidente del Senato, Piero Grasso, e la presidente della Camera, Laura Boldrini, sull'abolizione del vitalizio agli ex parlamentari condannati in via definitiva. Ne discutono entrambi i rami del Parlamento da circa otto mesi. Ma ancora non s'è fatto nulla. «Lo stop arriverà entro l'anno» assicura Grasso. Che, poi, attacca: «Abbiamo correttamente aspettato la Camera, ma la loro decisione non è arrivata. Decideremo ugualmente, anche senza il parere dei deputati». «La questione è stata da me posta già a giugno all'attenzione dell'Ufficio di Presidenza della Camera», ribatte Laura Boldrini. «Ho sollecitato la conclusione dell'istruttoria anche nella riunione dell'Ufficio di Presidenza dell'8 ottobre — sottolinea la presidente di Montecitorio — sono fiduciosa che l'iter si concluderà quanto prima.
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Riforma Pensioni, il Pd valuta una settima salvaguardia
Nel decreto legge milleproroghe non sono state approvate nuove deroghe alla Riforma Fornero. All'interno del Pd tuttavia cresce il fronte per chiudere i conti con il fenomeno degli «esodati», cioè coloro che erano già in quiescenza quando sono stati alzati i limiti d'età e che sono rimasti senza stipendio e senza pensione.
Kamsin L'approvazione del decreto legge milleproroghe contiene notizie positive, sul fronte previdenziale, solo per i lavoratori con partita Iva iscritti in via esclusiva alla gestione separata. Per loro l'aliquota dei contributi previdenziali verrà riportata al 27,72% quest'anno contro il 30,72% previsto dalla attuale disciplina. Un traguardo questo, raggiunto dopo una lunga maratona in Commissione alla Camera durata tutta la settimana.
Ma se a cantar vittoria possono essere i professionisti senza cassa non l'hanno invece spuntata gli esodati, nonostante i tentativi dei gruppi politici di opposizione (soprattutto della Lega Nord) di chiedere una estensione delle tutele. Il Governo ha infatti blindato il testo del provvedimento.
Finora sono stati sei i provvedimenti che hanno «salvaguardato» gli esodati, cioè consentito loro di andare in pensione con le regole in vigore prima della legge Fomero proprio per evitare che rimanessero senza reddito. L'ultima mossa è stata fatta con la legge 147/2014, la sesta salvaguardia, le cui procedure si sono chiuse lo scorso 5 gennaio 2015. In tutto le persone messe in sicurezza (o che almeno sulla carta lo saranno dopo l'elaborazione delle graduatorie da parte dell'Inps) saranno poco piu' di 170mila per una spesa stimata di 11,6 miliardi di euro.
Secondo le stime della Cgil a restare senza tutela c'è però almeno un numero pari a quello dei salvaguardati. Basti pensare che le stime fornite dal Governo alla Commissione Lavoro della Camera lo scorso 15 Ottobre hanno dimostrato che ci sono almeno altre 49.500 persone che sono rimaste escluse dalla tutela. Ma il numero non tiene conto degli esclusi "storici" come le quindicenni dimissionarie, chi ha perso il lavoro per il fallimento dell'azienda, chi ha beneficiato del trattamento edile, eccetera. E il conto si ferma a chi il lavoro lo aveva perso entro il 2011; cioè senza considerare i lavoratori che nei prossimi mesi potrebbero diventare esodati, sempre per effetto dello spostamento in avanti dell'età pensionabile e della perdita del lavoro dopo il 2011.
Per ora l'unico, seppur insufficiente, passo avanti sta nell'introduzione dell'Asdi, un sostegno al reddito che potrà scattare per chi il lavoro lo ha perso però dal 1° maggio 2015 ed ha esaurito la Naspi. La misura è contenuta nel decreto delegato sugli ammortizzatori sociali (Jobs Act) e si potrà attivare proprio per aiutare le persone vicine alla pensione. L'assegno sarà erogabile, però, solo in favore dei soggetti che siano privi di occupazione ed in condizione economica di bisogno e per i quali l'intera durata della NASpI sia stata fruita entro il 31 dicembre 2015.
L'assegno sarà erogato mensilmente per una durata massima di sei mesi e sarà pari al 75 per cento dell'ultima indennità NASpI percepita, e, comunque, in misura non superiore all'ammontare dell'assegno sociale (circa 448 euro al mese); l'importo potrà essere incrementato per gli eventuali carichi familiari del lavoratore. Come dire che solo una piccola parte delle centinaia di migliaia di lavoratori ne potra' trovare ristoro.
All'approvazione di nuovo intervento in favore di coloro che dopo la riforma delle pensioni fatta dal governo Monti, sono rimasti o rischiano di rimanere senza stipendio e senza pensione stanno comunque lavorando Maria Luisa Gnecchi e Cesare Damiano (Pd), il presidente della commissione Lavoro della Camera. L'obiettivo, condiviso anche dalla minoranza dem, è quello di addivenire in tempi rapidi all'elaborazione di un documento base per una settima salvaguardia da sottoporre all'esecutivo.
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Milleproroghe 2015, ok definitivo della Camera. Ecco le novità
L’Aula di Montecitorio ha approvato il decreto Milleproroghe con 280 «sì» e 96 «no». Il provvedimento, che scade il 1° marzo, passa ora al Senato per il varo definitivo.
Kamsin Il decreto milleproroghe, ha ricevuto oggi pomeriggio il disco verde definitivo della Camera. Confermata dunque la doppia boccata d'ossigeno per le Partite Iva. L'aumento dei contributi previdenziali, che quest'anno sarebbe dovuto passare dal 27,7 al 30,7%, per poi salire fino al 33%, sarà congelato. Una misura fortemente chiesta dal ex-ministro del Lavoro, Cesare Damiano. Non solo. Il governo ha anche dato il via libera ad un emendamento di Scelta Civica con il quale è stato riportato in vita il vecchio regime dei minimi, abolito poco più di un mese fa con la legge di stabilità e sostituito da una nuova tassazione forfettaria. Per tutto il 2015, dunque, i giovani professionisti, quelli cioè con meno di 35 anni di età, che dichiarano un reddito inferiore a 30 mila euro, potranno continuare a versare una tassa del 5 per cento sui loro guadagni.
La modifica, per la quale si è battuto soprattutto il sottosegretario all'Economia, Enrico Zanetti, convivrà con il nuovo sistema introdotto dalla manovra di fine anno. Sistema, quest'ultimo, che prevede una tassazione «flat» al 15 per cento per tutti i professionisti che dichiarano fino a 15 mila euro l'anno di reddito. Il via libera alle misure a favore delle Partite Iva è stato plaudito sia dal governo che dalle opposizioni.
Il governo ha dato via libera anche ad una mini proroga di 4 mesi al blocco degli sfratti. La norma approvata prevede che il giudice possa «disporre la sospensione dell'esecuzione» dello sfratto «fino al centoventesimo giorno dall'entrata in vigore della legge di conversione», per consentire il «passaggio da casa a casa».
Un altra modifica approvata rguarda poi la possibilità di accedere a un nuovo piano di rate per i debiti con Equitalia fino al 31 luglio di quest'anno per chi è decaduto dal beneficio entro fine 2014. La norma prevede anche che «non si possano avviare nuove azioni esecutive» nei confronti di chi presenta un nuovo piano di rateazione.
Nel provvedimento non sono invece passati gli emendamenti che chiedevano la proroga dell'opzione donna sino al 31 dicembre 2016 e le misure in favore dei Quota 96 della Scuola.
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Jobs Act, via libera del Cdm al decreto sull'articolo 18 e nuovi ammortizzatori
Il Consiglio dei ministri ha approvato questa mattina il ddl concorrenza e i decreti attuativi del Jobs act. Stop all'articolo 18 ai nuovi assunti dal 1° marzo 2015.
Kamsin Il Cdm ha dato il via libera definitivo ai due decreti attuativi del Jobs Act sul contratto a tutele crescenti e sulla nuova Aspi e l’ok preliminare al decreto legislativo sul riordino delle tipologie contrattuali. Nel provvedimento che modifica l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori sono compresi anche i licenziamenti collettivi (non sono state quindi ascoltate le richieste delle Commissioni lavoro di Camera e Senato). I testi ufficiali dei provvedimenti non sono tuttavia ancora stati resi noti.
L'abolizione dei contratti a progetto e dell'associazione in partecipazione e la rimodulazione delle altre tipologie contrattuali dovrebbero andare in vigore dal 2016. Per quest'anno - si apprende - sarà ancora possibile stipulare queste tipologie contrattuali, mentre dopo il 2016 sarà possibile stipulare cocopro solo con accordi sindacali. Non sono stati varati gli attesi dlgs di attuazione della Delega fiscale, in assenza del ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, impegnato oggi a Bruxelles per l'Eurogruppo sulla crisi greca.
Per quanto riguarda il disegno di legge sulla concorrenza il Premier ha ricordato che il provvedimento contiene liberalizzazioni su assicurazioni, telefonia, professionisti (in primis i notai) e le multe. "Più che liberalizzazioni io direi Italia Semplice, tutela dei consumatori, è il tentativo di attaccare alcune rendite di posizione ed una sforbiciata sia perché riduciamo il gap tra chi gode di rendite e chi no e tentiamo di eliminare qualcosa di troppo. Agli imprenditori abbiamo tolto ogni alibi, a chi dice che assumere non è conveniente. È la volta buona, ora o mai piu'. Dopo un anno di governo non avremmo pensato di essere a questo punto", ha detto il Premier al termine della conferenza stampa.
Novità in arrivo su assicurazioni, telefonini e multe. Le annuncia Matteo Renzi e spiega: "voi ricevete una multa e c'è la riserva per Poste. C'è solo da noi Ungheria e Portogallo. Lo eliminiamo. Andremo un po' meno dal notaio perché si semplifica il sistema. Andremo con più serenità dai nostri professionisti".
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Jobs Act, dal 1° Marzo via l'articolo 18 sui nuovi assunti
Il Ministro del Lavoro annuncia l'introduzione del contratto di lavoro a tutele crescenti a partire da Marzo. Via libera anche alla riforma degli ammortizzatori sociali.
Kamsin «Dal primo marzo le aziende potranno assumere con le nuove regole". E' quanto ha detto il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, alla presentazione del rapporto Ocse sull'Italia. Ancora pochi giorni dunque ed il contratto a tutele crescenti, con le sue novità anche sui licenziamenti ed il superamento del reintegro in gran parte dei casi, sostituito dall'indennizzo economico (si veda la tavola allegata all'articolo con le novità), sarà operativo.
Tutto questo alla vigilia del Cdm che oggi darà il via libera definitivo al relativo decreto attuativo, insieme a quello che ridisegna gli ammortizzatori sociali con la nuova Aspi (Naspi), la nuova indennità di disoccupazione che scatterà invece dal primo maggio. Sul contratto a tutele crescenti
resta, però, ancora da sciogliere la questione sui licenziamenti collettivi: ossia se escluderli come richiesto non solo a gran voce dai sindacati ma anche nel parere delle commissioni Lavoro di Senato e Camera o meno dal campo di applicazione delle nuove norme. Su cui c'è il no di Ncd.
Un nodo sul quale, viene sottolineato, la discussione e la mediazione sarà aperta fino all'ultimo. «Chiediamo al Consiglio dei ministri di disattendere» il parere, «confermando il testo originario», afferma il presidente della commissione Lavoro di Palazzo Madama, Maurizio Sacconi (Area popolare), secondo cui «se venisse meno anche questa novità positiva il provvedimento perderebbe gran parte del contenuto innovativo che continuiamo a giudicare timido».
Al Consiglio dei ministri arriverà sicuramente anche lo schema di decreto legislativo, previsto sempre dal Jobs act, sulla revisione delle tipologie contrattuali, il cosiddetto «Codice dei contratti»: come affermato dallo stesso Poletti, l'orientamento è di dire addio ai co.co.pro (non sarà possibile stipulare nuove collaborazioni a progetto e per quelle esistenti si gestirà la «transizione»), di abolire l'associazione in partecipazione ed il Job sharing e di rimodulare le regole per le Partite Iva. Mentre resta confermato a 36 mesi il tetto per i contratti a termine senza causale. Alcune limature dovrebbero arrivare anche sul contratto di apprendistato.
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Pensioni, Ferri: bisogna mettere in discussione i diritti acquisiti
A gravare sui bilanci delle Casse di previdenza pesano "ancora le pensioni retributive particolarmente generose le quali, anche se formalmente disinnescate con le norme varate dal Parlamento, continuano a drenare risorse sproporzionate rispetto alle pensioni contributive per effetto di alcuni pronunciamenti della Cassazione che, di fatto, rendono aleatoria ogni previsione di bilancio".
Kamsin «Occorre intervenire sui diritti acquisiti in materia previdenziale con grande equilibrio e nel rispetto di imprescindibili criteri di equità e solidarietà sociale». L'annuncio è stato lanciato dal sottosegretario alla Giustizia Cosimo Maria Ferri in occasione del forum sul futuro dei professionisti organizzato a Roma dalla Cassa di previdenza dei ragionieri presieduta da Luigi Pagliuca. «La Corte Costituzionale - ha spiegato Ferri - ha indicato una via di uscita nella ragionevolezza. Sicuramente c'è una questione di sostenibilità economica ma occorrerebbe anche immaginare un cambiamento del ruolo delle Casse di previdenza. Per quanto riguarda le pensioni d'oro, il problema esiste ed oggi è certamente difficile spiegare l'erogazione di certe cifre a chi ottiene pensioni minime».
Il presidente della Cassa dei ragionieri ha dunque bollato l'attuale sistema come «iniquo», in grado altresì di alimentare una complessa questione generazionale. L'appello lanciato da Pagliuca alla politica e al mondo delle istituzioni è stato molto chiaro: «Bisogna trovare un modo per poter riequilibrare la situazione e tagliare le pensioni che sono un po' troppo generose. Il nostro sistema non può più reggere casi di privilegio: sarebbe opportuno che tutti quanti facessero un piccolo sacrificio per poter aiutare chi ha di meno».
Il tema sollevato è di assoluta centralità non solo per le Casse Private ha ricordato Damiano: "la sproporzione tra uscite ed entrate interessa anche le gestioni dell'AGO con l'unica eccezione della Gestione Separata" lasciando filtrare la necessità di un ridimensionamento dei diritti acquisiti anche nell'assicurazione generale obbligatoria, un ritocco in grado di garantire risparmi per flessibilizzare l'età pensionabile. Secondo Damiano del resto "il sistema pensionistico va reso maggiormente flessibile. Ogni lavoro è diverso dall'altro, e quando ci sarà il passaggio dal contributivo pro rata al contributivo puro, le persone dovranno avere la possibilità di andare in pensione quando lo riterranno opportuno. Il sistema ha evidenziato è troppo rigido». E ancora, «probabilmente il sistema previdenziale pubblico non si è riformato a sufficienza» ha continuato Damiano. «Credo che il conflitto tra generazioni esista ma in maniera relativa: la parte prevalente delle pensioni versate dall'Inps è sotto i 1000 euro al mese. Io guardo soprattutto a questo mondo, anche se ovviamente non riesco a negare l'esistenza di privilegi».
Damiano ha anche sottolineato il rischio che si corre sottovalutando la situazione delle Casse, ricordando la vicenda dell'Inpdai, l'istituto dei dirigenti riassorbito nell'Inps. «Andrebbe introdotto un criterio di flessibilità in tutto il sistema pensionistico è la soluzione proposta da Damiano. Nell'ambito di tale revisione si potrebbe intervenire anche per rivedere la questione dei diritti acquisiti per le casse professionali».
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Pensioni, la Madia fissa le regole per il pensionamento d'ufficio nelle Pa
I Dipendenti pubblici che hanno raggiunto i requisiti per la pensione anticipata potranno essere collocati in pensione forzosamente. Consentito il trattenimento in servizio sino a 70 anni solo se non sono stati raggiunti i 20 anni di contributi per la pensione di vecchiaia.
Kamsin Tante conferme nella Circolare della Funzione Pubblica 2/2015 con la quale Palazzo Vidoni precisa le modalità di pensionamento obbligatorio per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
L'abolizione dei trattenimenti in servizio. In primo luogo la circolare conferma che il trattenimento in servizio è stato abolito dal 1° novembre 2014 come ha diposto il decreto legge n. 90/2014 (convertito in legge 114/2014). L'istituto, com'è noto consentiva ai dipendenti pubblici di continuare a lavorare per un biennio dopo il raggiungimento dei requisiti della pensione di vecchiaia. L'abolizione travolge anche i trattenimenti già disposti prima del 25 giugno 2014 (data di entrata in vigore del Dl 90/2014): «Essendo già scaduto» il termine del 31 ottobre 2014, «i trattenimenti non possono proseguire», si legge nel testo della circolare pubblicata sul sito della Funzione pubblica. «A tal fine, si considerano in essere i trattenimenti già disposti ed efficaci. I trattenimenti già accordati ma non ancora efficaci al 25 giugno 2014 si intendono revocati ex lege».
Resta solo una deroga per i magistrati. "La data limite per l'efficacia dei trattenimenti in servizio, seppure ancora non disposti, per i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari è il 31 dicembre 2015, data oltre la quale coloro che ne stiano fruendo devono essere collocati a riposo. Per tali categorie di personale, pertanto, è ancora possibile disporre il trattenimento, che non potrà avere durata tale da superare la predetta data». Quanto al personale della scuola, il regime «ha esaurito i suoi effetti il 31 agosto 2014. Nessun dipendente del comparto scuola, quindi, può trovarsi ancora in servizio in virtù del trattenimento eventualmente operato».
Il trattenimento sino a 70 anni
La circolare, concordata nei contenuti con il ministero del Lavoro, analizza anche le ipotesi di prosecuzione del rapporto di lavoro che riguardano in particolare il caso in cui il dipendente non abbia maturato alcun diritto alla pensione al termine dell’eta limite ordinamentale o al compimento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia. Cio' si verifica quando il dipendente non ha perfezionato il requisito contributivo minimo per la pensione di vecchiaia, cioè i 20 anni di contribuzione. In tali casi, il rapporto di lavoro prosegue "per permettere al dipendente di maturare i requisiti minimi previsti per l’accesso a pensione non oltre il raggiungimento dei 70 anni di età (limite al quale si applica l'adeguamento alla speranza di vita)". Tuttavia, laddove la prosecuzione del lavoro non consentirebbe comunque di raggiungere il minimo contributivo "l'amministrazione dovrà risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro".
I regimi speciali
Un paragrafo è poi dedicato al regime speciale dei dirigenti medici e del ruolo sanitario, per i quali continua a valere la normativa previgente che individua il limite massimo per il collocamento a riposo al compiemento del 65mo anno di età «ovvero, su istanza dell’interessato, al maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo, in ogni caso con limite massimo di permanenza al settantesimo anno di età». In tali casi l'amministrazione potrà accordare tale prosecuzione a patto che la permanenza in servizio non dia luogo ad un aumento del numero dei dirigenti. In questo caso, la prosecuzione del rapporto non costituisce un trattenimento in servizio, ma l'applicazione di una specifica disciplina del limite ordinamentale per il collocamento a riposo.
La Risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro
La Circolare conferma poi la disciplina introdotta dal Dl Madia, la ridefinizione dell'istituto della risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro. In materia, la circolare specifica come il Dl 90/2014 esclude un limite temporale di applicabilità, in maniera che l'istituto è utilizzabile a regime da tutte le Pa. Ampliata anche la platea delle amministrazioni interessate, con inclusione della Autorità indipendenti. Rimangono invece fuori dall'ambito di applicazione le categorie di personale regolate da regimi di accesso al pensionamento speciali, come il personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico e la magistratura. In termini di procedura, la riformulazione della normativa «rende esplicita la necessità che la decisione sia motivata con riferimento alle esigenze organizzative e ai criteri di scelta applicati». Rimane invariato il termine di preavviso per il recesso, che anche la nuova normativa stabilisce in sei mesi.
Al raggiungimento dei requisiti per la pensione anticipata (42 anni e 6 mesi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne) le Pa potranno dunque, con decisione motivata, procedere alla risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro a condizione che gli interessati non siano soggetti alla penalizzazione.
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