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Pensione a 70 anni: nel privato è un diritto? Forse no
La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha chiesto alle Sezioni Unite di stabilire se i giornalisti hanno diritto a chiedere la prosecuzione del rapporto di lavoro sino a 70 anni di età
Kamsin La Corte di cassazione vuole vederci chiaro e, pur non prendendo alcuna decisione su un ricorso presentato da un dipendente Rai, ha trasmesso gli atti al primo presidente di Palazzo Cavour per l'assegnazione alle Sezioni Unite "stante la particolare importanza della questione".
Il caso nasce con la riforma Fornero, con la quale le età per la pensione Inps di vecchiaia sono schizzate in alto ed è stata data la possibilità, per chi vuole, di lavorare fino ai 70 anni, incentivata da coefficienti di calcolo introdotti anche per le età da 66 a 70 anni, ovviamente in misura più appetibile rispetto a quelli riferiti alle età precedenti.
La richiesta arriva all'indomani delle difficoltà dei Tribunali nella definizione di un orientamento unitario circa la possibilità in capo al lavoratore di ottenere la prosecuzione del rapporto lavorativo sino a 70 anni di età. Il contrasto è relativo alla circostanza se il lavoratore ha un diritto soggettivo a chiedere la prosecuzione del rapporto di lavoro sino a 70 anni, indipendentemente dalla volontà del datore, oppure se debba sussistere anche il consenso del datore di lavoro.
Molti lavoratori del settore privato, licenziati al compimento dell'età per il collocamento in quiescenza (66 anni e 3 mesi), hanno iniziato a chiedere il riconoscimento della nuova "frontiera" anagrafica, ma i giudici di prima istanza non hanno assunto un orientamento chiaro. Alcune corti hanno, infatti, osservato che l'incentivo a lasciare il lavoro più tardi può essere attivato solo se c'è l'accordo, il consenso del datore di lavoro. In sostanza i lavoratori non avrebbero alcun diritto potestativo di scegliere in via autonoma fino a quale età lavorare. La norma di legge sarebbe soltanto un invito programmatico e nulla più.
Ora la Cassazione dovrà risolvere la questione. I giudici, come detto all'inizio, sottopongono il caso alle autorità superiori (sentenza 23380/2014) proprio perché qualsiasi soluzione adottata finisce per incidere sui diritti delle parti e anche sull'assetto degli equilibri del sistema pensionistico con ripercussioni a catena sui sistemi di calcolo delle rendite.
La vicenda nel caso dei giornalisti, peraltro, dovrebbe offrire l'opportunità di chiarire se l'incentivazione del rapporto di lavoro fino a 70 anni debba essere riconosciuta nel solo sistema contributivo oppure riguardi anche i lavoratori nel sistema misto e retributivo.
Zedde
Quota 96, nuova proposta M5S per il pensionamento a Settembre
Il Movimento 5 Stelle ha ripresentato ieri in Commissione Bilancio al Senato l'emendamento al ddl di stabilità per mandare in pensione dal 1° Settembre 2015 i lavoratori che si riconoscono nel cd. movimento quota 96 della scuola.
Kamsin “Il governo li ha prima illusi, poi totalmente abbandonati: è la vergognosa vicenda dei Quota 96, gli insegnanti che per un grossolano errore della legge Fornero non possono vedersi riconosciuto il sacrosanto diritto di andarsene in pensione, pur avendone maturato i requisiti”. Lo affermano in una nota i deputati e i senatori del M5S in Commissione Cultura.
“Dopo tante belle parole al vento – continuano -, il governo ha definitivamente sbattuto loro la porta in faccia e nemmeno nella riforma della scuola in cantiere ha ritenuto necessario inserire una soluzione che ponga fine a questa clamorosa anomalia. Eppure la soluzione sarebbe a portata di mano, basterebbe solo volerla. Per questo il Movimento 5 Stelle ha presentato un emendamento e un ordine del giorno alla legge di Stabilità in discussione al Senato, con cui si chiede di correggere l’errore contenuto nella Legge Fornero, introducendo il termine del 31 agosto 2012 per il personale del comparto scuola che ha maturato i requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore della riforma pensionistica del governo Monti”. Nel testo dell'emendamento si precisa che i lavoratori del comparto scuola, che hanno maturato un diritto a pensione entro il termine dell'anno scolastico 2011/2012 potranno accedere al trattamento di quiescenza dal 1° settembre 2015.
“Le nostre proposte per sanare la situazione – concludono i parlamentari M5S – non arrivano oggi, le avevamo già avanzate ma sono state bocciate sia in occasione del decreto Carrozza, sia nell’ultima salvaguardia per gliesodati e del Decreto Pa, dove oltre al danno c’è stata anche la beffa dell’imbarazzante dietrofront della maggioranza. Vedremo se il governo avrà il coraggio di dire no anche questa volta”.
Zedde
Riforma Pensioni, inizia l'esame delle proposte di modifica al Senato
Il M5S ripropone l'emendamento per salvare i quota 96 della scuola. Morando smentisce l'ipotesi di ancorare la sospensione delle penalizzazioni all'importo dei trattamenti pensionistici.
Kamsin Ok alla sospensione della penalizzazione sui trattamenti anticipati sino al 2017 e stop della possibilità di ottenere pensioni piu' elevate con il sistema contributivo rispetto a quanto accadeva con il sistema retributivo. Il Governo ha confermato ieri, tramite il Viceministro all'Economia Enrico Morando, che non intende modificare le novità approvate nel ddl di stabilità alla Camera la scorsa settimana nel corso dell'esame al Senato del provvedimento.
L'impianto delle modifiche alla Riforma Fornero con il ddl di stabilità resterebbe, dunque per ora, quello già anticipato da pensionioggi.it nei giorni scorsi. Ieri sono state, tuttavia, alcune proposte emendative al ddl dai gruppi politici. Il M5S ha (ri)presentato un emendamento per risolvere la questione dei quota 96 della scuola; il Pd ha presentato un emendamento secondo il quale si limita lo stop alla penalizzazione solo in favore di coloro che maturano assegni inferiori a circa 3500 euro lordi mensili (circa 2400 netti), e sempre per chi percepisce una pensione sopra questa soglia, pari a sette volte il minimo, - si legge nell'emendamento a firma Pd - tornerebbe il divieto di cumulo con altri redditi da lavoro; Sel ha presentato una proposta emendativa in favore dei lavoratori ferrovieri. Fioccano richieste di modifica anche dalla Cgil che, ieri, ha chiesto l'estensione della moratoria sulla penalizzazione anche oltre il 2017. Proposte tuttavia che trovano contrario l'esecutivo, almeno per ora.
Il Governo dovrebbe invece aprire ad una revisione della tassazione sui fondi pensione, sulla tassazione dei rendimenti delle Casse professionali, rivalutazione del Tfr. Da sciogliere, poi, il nodo del personale delle province sul quale resta ancora in piedi l'ipotesi di fare ricorso a prepensionamenti per il personale in esubero.
Altri interventi sul capitolo previdenziale saranno affrontati probabilmente nei primi mesi del 2015. L'ipotesi è quella di intervenire per introdurre un sistema di maggiore flessibilità in uscita rispolverando il ddl sui pensionamenti flessibili proposto da Cesare Damiano. La modifica potrebbe salire sul treno della Riforma della Governance dell'Inps che l'esecutivo dovrà rapidamente approvare nei all'inizio del prossimo anno.
Zedde
Riforma Pensioni, Cgil: servono ulteriori correttivi in Senato
La Cgil chiede che lo stop alle penalizzazioni sia esteso anche oltre il 2017. Necessario affrontare ancora il tema esodati, il dramma dei quota 96 della scuola e dei ferrovieri. Damiano: si apra la discussione sui pensionamenti flessibili.
Kamsin Auspichiamo che il Senato nella rilettura della legge di stabilità ritorni sui propri passi e modifichi le norme in materia di pensioni votate dalla Camera. E' quanto si legge in un comunicato stampa diffuso da Vera Lamonica, segretaria confederale della Cgil, in merito alle previsioni sulle pensioni contenute nella legge di stabilità, il cui iter prosegue a Palazzo Madama.
"Un emendamento proposto dalla Commissione e accolto dal governo - spiega Lamonica - elimina la penalizzazione per chi va in pensione anticipata (41,6 anni di contributi per le donne e 42,6 per gli uomini) prima dei 62 anni di età". "La cancellazione di tali penalizzazioni è da sempre una richiesta del sindacato", ricorda la dirigente della Cgil. "Queste colpiscono i lavoratori precoci e tutti coloro che, per salute (esposizione all'amianto etc.) o per lavori particolarmente faticosi (i cosiddetti lavori 'usuranti'), usufruiscono di agevolazioni sulle decorrenze. Anche perché - sottolinea - la legge Fornero ha legato il calcolo della contribuzione ai periodi di 'effettivo lavoro', escludendo proprio i soggetti più fragili dalla non applicazione delle penalizzazioni fino al 2017". "Questo meccanismo - sottolinea Lamonica - sta colpendo in modo particolare le donne che, per il carico del lavoro di cura, hanno più periodi di assenza. Quindi bene l'eliminazione della norma, ma essa deve essere stralciata strutturalmente: per tutti e anche successivamente al 2017, come invece previsto".
Lamonica indica poi alcuni nodi irrisolti e dimenticati dalla manovra: "la legge di stabilità non affronta il problema di dare soluzione definitiva alla questione esodati, così come a quello di quota 96 nella scuola e dei macchinisti delle Ferrovie, temi urgenti che aspettano ancora risposte adeguate".
"La Cgil - sostiene - ritiene non più rinviabile l'apertura di un confronto sull'insieme della legge Fornero, che va al più presto modificata nel suo impianto perché non sopportabile nella concreta condizione del Paese e del mercato del lavoro. Anche questo - conclude - è un obiettivo dello sciopero generale del 12 dicembre".
Sul punto anche l'Onorevole Cesare Damiano (Pd) rilancia: Se il Governo vuole finalmente mettere mano nel 2015 alle pensioni per correggere la “riforma” Fornero, e’ sufficiente che adotti le proposte di legge gia’ presentate dal Pd nella scorsa ed in questa legislatura. La principale di esse propone di introdurre un criterio di flessibilita’ consentendo, a partire dai 62 anni e con 35 di contributi o con 41 anni di contributi indipendentemente dall’eta’ anagrafica, di andare in pensione -prosegue il Damiano -Risolveremmo in questo modo il problema degli “esodati”, che e’ ancora rilevante, e daremmo una mano all’occupazione dei giovani che e’ compromessa – conclude – anche dall’obbligo di permanenza al lavoro fino a 67 anni dei propri genitori”.
Zedde
Imu Terreni, pronto il rinvio
In settimana attesa la decisione dell'esecutivo sui versamenti delle ex-aree montane. Possibile anche una modifica delle regole. La misura sarà contenuta in decreto legge.
Kamsin I proprietari dei terreni montani sapranno entro la fine di questa settimana se lo slittamento della rata di dicembre, finora solo annunciato, arriverà a fine gennaio o a fine giugno. Il Governo interverrà con un decreto legge per ufficializzare la proroga dato che un emendamento ad hoc nella legge di stabilità non riuscirebbe a diventare legge entro il 16 dicembre 2014, data prevista per il pagamento del tributo.
La vicenda è nota. Sino a ieri i proprietari di terreni agricoli collocati in Comuni "montani" o "parzialmente montani" erano considerati esenti dall'Imu e dall'Ici. Ma con il decreto interministeriale Economia-Interno-Politiche Agricole pubblicato in Gazzetta Ufficiale sabato scorso (adottato in applicazione dell'articolo 22 del Dl 66/2014) l'esenzione totale viene garantita solo ai fondi situati nei Comuni con altezza superiore a 600 metri sul livello del mare (l’altezza è quella del Comune, non del singolo terreno). Tra quota 281 e quota 600 l'esenzione spetta solo gli agricoltori professionali, mentre per i terreni al piano l’imposta è dovuta da tutti.
L'obiettivo del Governo era quello di ricavare 350 milioni che sono già stati inseriti a copertura proprio del provvedimento che ha istituito il bonus 80 euro; ma la revisione delle regole cancella, in pratica, l'esenzione totale oggi in vigore in quasi 2 mila Comuni e cambia la geografia degli obblighi tributari in almeno altri 2 mila Municipi.
Contro la nuova normativa sono scesi in campo sia le categorie interessate sia i Comuni. Trovando sponda in Parlamento: anche un folto gruppo di parlamentari del Pd ha chiesto al governo di cambiare strada. Per questa ragione, il Governo nei giorni scorsi ha promesso la proroga dei versamenti (e una possibile modifica dei criteri) su cui sta lavorando. Il nodo, come al solito, è quello delle risorse. Renzi dovrà infatti trovare 350 milioni di euro di entrate già messe a bilancio dello Stato, denari che dovranno essere recuperati da altri capitoli di spesa.
Zedde
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Riforma Pensioni, Governo lavora ai prepensionamenti nelle Pa
L'esecutivo potrebbe presentare in Senato un emendamento per consentire al personale delle Province in soprannumero di accedere alla pensione con le vecchie regole sino al 2018.
Kamsin I dipendenti degli enti di area vasta in esubero dopo lo svuotamento delle funzioni provinciali previsto dalla legge Delrio potrebbero essere collocati a riposo, in deroga alla disciplina Fornero a partire dal 2015. Stessa sorte potrebbe toccare al personale delle Regioni e nelle partecipate coinvolte nei processi di ristrutturazione. E' questa l'ipotesi a cui sta lavorando Palazzo Chigi per trovare una soluzione all'emergenza del personale impiegato nelle Province. L'ipotesi, già anticipata da pensionioggi.it nei giorni scorsi, potrebbe arrivare sotto forma di emendamento al ddl di stabilità che l'esecutivo presenterà questa settimana al Senato.
La Riforma Delrio ha, infatti, messo in soprannumero il 50% del personale nelle province normali e il 30% di quello impiegato nelle province che si stanno trasformando in Città Metropolitane. Ebbene, per consentire lo svuotamento dei vecchi enti di area vasta, circa 28mila persone secondo i calcoli parlamentari, la proposta prevede di prepensionare tutti coloro che, risultati in soprannumero, matureranno entro il 31 Dicembre 2018 i requisiti pensionistici ante Fornero (cioè, in pratica, la vecchia pensione di anzianità). Saranno gli enti a comunicare, entro 90 giorni, i beneficiari della misura con i termini e le modalità della risoluzione unilaterale del rapporto.
Gli altri lavoratori in soprannumero saranno presi in carico dagli altri enti, Regioni e Comuni in primis ma anche uffici giudiziari ed altre amministrazioni dello Stato tra cui agenzie, università ed enti pubblici non economici. A tal fine l'emendamento governativo fissa al 31 Marzo del prossimo anno la data entro cui deve essere individuato il personale non prepensionabile da mantenere quello, invece, da inserire in appositi piani di mobilità.
La decisione sarà assunta nelle riunione odierna a Palazzo Chigi nella quale si farà il punto sulle modifiche alla manovra che il Governo presenterà al Senato.
Zedde
Isee 2015, debutta il nuovo riccometro. Ecco cosa cambia
In molti casi la fotografia della situazione economica equivalente sarà meno generosa rispetto al passato. Gli immobili avranno un maggior peso e si farà riferimento alla giacenza media del conto corrente.
Kamsin Cambia radicalmente, dal 2015, il metodo di calcolo dell'indicatore della situazione economica delle famiglie, che serve per accedere a sconti ed agevolazioni di vario genere, soprattutto per i servizi sociali, socio-sanitari e scolastici: dalle rette degli asili nido alle tasse universitarie, dalle case di cura per gli anziani ai risparmi sulla Tares.
Punti cardine della Riforma è dare un maggior peso al patrimonio, tenere conto dei redditi esenti da Irpef (come le pensioni di invalidità o assegni di accompagnamento) e della giacenza media annua dei conti correnti. Tra i dati che bisognerà autodichiarare per la Dsu, la dichiarazione sostitutiva unica necessaria per ottenere l'Isee, viene inserito, infatti, anche quello della giacenza media del conto corrente proprio per pesare meglio la ricchezza delle famiglie. Il solo dato del saldo a fine anno, infatti, rischiava di essere un parametro ingannevole dal momento che bastava prelevare tutti i risparmi dal conto corrente per risultare poco abbiente.
Dal prossimo anno, invece, sia il dato sulla giacenza media sia quello sul saldo vanno inseriti nella dichiarazione sostitutiva da presentare all'Inps o all'ente erogatore del servizio per il quale si chiede la prestazione agevolata. Si ricorda, peraltro, che ai secondo un accordo siglato tra Abi, Poste e Ministero del Lavoro il dato della giacenza media potrà essere chiesto dal correntista allo sportello della propria banca.
Gli effetti per i contribuenti saranno dunque diversi rispetto a quanto accaduto sino ad oggi. Penalizzati saranno soprattutto tutti coloro che hanno una casa di proprietà (perchè l'immobile peserà di piu' nel calcolo), e alcuni pensionati perchè nel calcolo rientrerà anche la pensione di invalidità o l'assegno sociale e il reddito dei figli che possono contribuire alle esigenze del genitore.
L'Isee sarà invece piu' vantaggioso per chi ha disabilità gravi e per le famiglie che hanno tre o piu' figli.
Per l'attuazione del nuovo Isee, i Comuni dovranno ridefinire le soglie di accesso alle prestazioni sociali agevolate che erogano, come i contributi per i ricoveri nelle Rsa per gli anziani o gli sconti per le rette degli asili nido.
Oltre al cambiamento dei parametri in base ai quali sarà calcolato l'Isee, a cambiare sarà anche il modo in cui l'Inps acquisirà le informazioni: solo alcuni dati, infatti, saranno autodichiarati dal contribuente, mentre tutti gli altri saranno estratti dall'anagrafe tributaria e dai data base Inps.
Per il cittadino, una semplificazione deriverà dal fatto che molte informazioni, come il reddito complessivo, non saranno più richieste al cittadino in sede di dichiarazione, ma direttamente recuperate negli archivi.
Il Nuovi Redditi
Nella nuova definizione dell'Isee, oltre al reddito Irpef entrano tutti i redditi tassati con regimi sostitutivi o a titolo di imposta (come ad esempio i contribuenti minimi, i redditi da cedolare secca sugli affitti), tutti i redditi esenti e quindi anche tutti i trasferimenti monetari ottenuti dalla Pubblica Amministrazione (assegni al nucleo familiare, pensioni di invalidità, assegno sociale, indennità di accompagnamento...), i redditi figurativi degli immobili non locati e delle attività mobiliari. Vengono invece sottratti gli assegni corrisposti al coniuge in seguito a separazione o divorzio, destinati al mantenimento del coniuge e dei figli (precedentemente valorizzati sia nell'Isee del ricevente che in quello del datore).
Vengono invece diversamente valutati, con una riduzione della loro incidenza i redditi da lavoro dipendente (viene sottratta una quota del 20% fino a 3mila euro); i redditi da pensioni e trattamenti assistenziali (viene sottratto il 20%, fino a un massimo di mille euro); le spese per gli affitti (sale da 5.165 a 7.000 euro, l'importo massimo della spesa l'affitto registrato che può essere portato in deduzione e si aggiungono 500 euro ogni figlio convivente dopo il secondo); si incrementano le spese per le disabilità accorpando tali spese in tre distinte classi: disabilità media, grave, e non autosufficienza.
Il patrimonio - Il patrimonio cambia considerando il valore degli immobili ai fini Imu, non più Ici. Riducendo la franchigia sulla componente mobiliare che viene però articolata in funzione del numero dei componenti il nucleo familiare (franchigia più alta per le famiglie più numerose), viene preso in considerazione il patrimonio all'estero e viene riconosciuto un maggior peso per le seconde case.
Zedde
Riforma Pensioni, possibile una revisione dell'età pensionabile?
La possibilità del via libera della Corte Costituzionale al referendum promosso dalla Lega aprirebbe la strada ad un ampio restyling della Riforma Fornero.
Kamsin Per ora le uniche novità sicure che porteremo a casa dal prossimo 1° gennaio 2015 sono lo stop temporaneo (sino al 2017) alla penalizzazione per chi raggiunge i requisiti per la pensione anticipata (42 anni e mezzo di contributi, 41 anni e mezzo le donne) e un taglio agli assegni d'oro degli alti funzionari di stato. Un risultato frutto di una lunga trattativa sulla legge di stabilità, trattativa che ancora non si è conclusa e che potrebbe imbarcare sul treno della manovra finanziaria ulteriori provvedimenti "tampone" (si pensi ad esempio alla misura in favore dei quota 96 della scuola).
Ma la domanda è: ci sarà spazio, a breve, magari all'inizio del prossimo anno, per una ampia revisione dell'età pensionabile? Per ora nulla di concreto anche se, come sottolinea il Corriere Della Sera, un importante restyling della Legge Fornero sarebbe praticamente inevitabile qualora la Corte Costituzionale ammettesse il referendum promosso dalla Lega Nord per abolire la Riforma del 2011.
È chiaro che se il referendum fosse ammesso, il governo, per evitare il rischio dell’abrogazione della Fornero che aprirebbe una voragine nei conti pubblici, dovrebbe intervenire sulla stessa riforma in modo da ottenere che la Corte ritenga non più giustificato il voto. La decisione della Consulta, dice il segretario della Lega Matteo Salvini, arriverà questo mese, per consentire l’eventuale voto in primavera.
Ma anche se il referendum non fosse ammesso, alcune partite andranno ugualmente sistemate. Il sistema previdenziale dovrà essere calibrato per garantire maggiore flessibilità in uscita e risolvere, in questo modo, i problemi economici di quei tanti lavoratori rimasti intrappolati nelle maglie della Riforma Fornero: si tratta di lavoratori che hanno un'età troppo bassa per andare in pensione ma, avendo perso il lavoro, hanno un'età troppo alta per trovare un impiego alternativo.
Per queste persone allo studio ci sono molte ipotesi, già anticipate da pensionioggi.it. Tutte sono accomunate dalla possibilità di riconoscere un anticipo di diversi anni rispetto alle regole attuali al prezzo di una riduzione dell'assegno pensionistico. Si pensi, ad esempio, alla proposta Damiano sui cd. pensionamenti flessibili, che consentirebbe l'uscita già a 62 anni con 35 anni di contributi; alla proposta elaborata dall'ex ministro del Lavoro Enrico Giovannini, il cd. prestito pensionistico, secondo la quale si riconoscerebbe un anticipo di due anni della pensione con l'applicazione di un micro-prelievo sull'assegno pieno una volta conseguita la pensione; oppure la proposta di estendere anche in favore degli uomini, ed oltre il 2015, l'opzione donna, cioè l'accesso alla pensione con 57 anni e 35 di contributi a condizione però di avere l'assegno tutto calcolato con il sistema contributivo (con una riduzione quindi piu' significativa dell'assegno rispetto alle ipotesi precedenti).
In attesa di conoscere le decisioni della politica l'altro dato sicuro è che per l'intero 2015 i pensionati vedranno un assegno praticamente congelato per l'indicizzazione in base all'inflazione che sarà infatti solo dello 0,3%. La pensione minima lorda aumenterà dai 500,88 euro del 2014 ai 502,38 euro del 205. Oltre 14 volte il minimo, quindi a 7.012,32 euro scatterà un contributo di solidarietà del 6%. Contributo che diventerà del 12% sopra i 10.017,60 euro e del 18% sopra i 15.026,40 euro.
Zedde
Statali, in 3 anni lo stipendio si è ridotto di 600 euro in media
Secondo i sindacati in realtà la perdita secca nella busta paga degli statali è stata ancora più alta rispetto a quella evidenziata dall'Istat.
Kamsin In tre anni i dipendenti pubblici hanno perso circa, in media, 600 euro lorde in busta paga. E' quanto emerge dalle tabelle Istat sulla retribuzione lorda procapite dei dipendenti pubblici del 2013, raffrontate con le stesse tabelle relative all'anno 2010. La riduzione si spiega sia con il congelamento dei rinnovi contrattuali e lo stop degli scatti, sia con il freno al turn over nella Pa. Secondo l'istituto di statistica si è passati da 34.662 euro lordi percepiti in media nel 2010 a 34.079 euro nel 2013: cioè 583 euro in meno. Fino al 2010 non si era mai registrata una diminuzione delle retribuzioni lorde pro capite nella pubblica amministrazione.
E con l'attuale manovra la situazione non è destinata a migliorare di molto. Il Governo ha infatti confermato il blocco del rinnovo dei contratti per il pubblico impiego, una misura contro la quale i sindacati hanno annunciato manifestazioni, proteste ed azioni legali.
Proprio nel mese di ottobre la GildaUnams, dopo avere aderito ad un ricorso pendente davanti al Tribunale di Roma, in cui è stata sollevata questione di legittimità costituzionale sul blocco dei contratti, ha organizzato anche dei ricorsi collettivi in tal senso. E adesso anche Cgil e Cisl hanno promosso analoghe iniziative con il deposito di un ricorso avvenuto il 28 novembre scorso, sempre presso il Tribunale di Roma, per chiedere lo sblocco dei contratti. Anche in questo caso, le due maggiori confederazioni sindacali hanno chiesto al giudice di sollevare questione di legittimità costituzionale sulle norme che prevedono il blocco.
Zedde
Articolo 18, ecco le nuove regole dopo l'ok al Jobs Act
Stop al reintegro nei casi di licenziamento per motivi economici od organizzativi e limiti certi per i licenziamenti disciplinari. Le misure si applicheranno solo ai nuovi assunti con il contratto a tutele crescenti.
Kamsin Con il via libera definitivo del Senato al Jobs Act il Governo cambierà, già entro la fine dell'anno, il sistema di tutele contro i licenziamenti illegittimi. La principale novità su questo fronte è che per tutti i nuovi assunti dal 1° gennaio 2015 con contratto a tempo indeterminato cadrà il totem simbolo dello Statuto dei lavoratori: sarà possibile licenziare anche per ingiustificato motivo economico o disciplinare pagando solo un indennizzo (e non dovendo piu' reintegrare in servizio il dipendente).
Licenziamenti Economici - In altri termini le tutele dell’art.18 non varranno più per i licenziamenti economici: il lavoratore non potrà più ricorrere al giudice per chiedere il reintegro nel posto di lavoro, gli spetterà invece «un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità di servizio».
Si ipotizza una mensilità e mezza ogni anno di anzianità di servizio sino ad un tetto di 24 mensilità. In ogni caso, per limitare il ricorso al giudice, sarà incentivata la conciliazione: l’azienda potrebbe versare subito un indennizzo al lavoratore, fino a 18 mensilità esentasse, con la possibilità di chiudere l’accordo in un mese. A differenza di quanto avviene ora, il reintegro non sarà più possibile nemmeno se la motivazione è «manifestamente insussistente».
Licenziamenti Disciplinari - Sul fronte dei licenziamenti disciplinari la tutela reale rimarrà ma solo per fattispecie limitate assimilabili ai licenziamenti discriminatori. Ed è proprio questo il nodo più complicato da sciogliere. Anche qui la regola è l’indennizzo crescente con l’anzianità, ma in tribunale il reintegro resterà possibile in alcune «specifiche fattispecie» che saranno definite nel decreto attuativo. L’idea è quella di consentire il reintegro solo in caso di insussistenza del fatto materiale che viene contestato al lavoratore (si era ipotizzato anche, in un primo momento, che il reintegro potesse essere disposto solo quando l'azienda accusa il lavoratore di un reato grave che poi si rivela falso).
Ma la definizione è complessa e resta sempre in piedi la cosiddetta opzione spagnola (il cd. opting out): l’azienda potrebbe scegliere l’indennizzo anche se il giudice disponesse il reintegro. A quel punto, però, dovrebbe pagare un indennizzo ancora più alto. In tal caso si passerebbe da un minimo di 6 mesi di stipendio, anche se il dipendente è stato appena assunto ed un tetto massimo piu' alto rispetto a quello base: 30 mensilità, forse 36.
Licenziamenti Discriminatori - Non cambia niente per i licenziamenti nulli o discriminatori, cioè quelli motivati da ragioni politiche, religiose o di orientamento sessuale. In tutti i casi scatterà il reintegro nel posto di lavoro. Si tratta di ipotesi piu' di scuola che di reale applicazione. E' il caso, ad esempio, del datore che licenzia la madre durante il primo anno di vita del bambino o per motivi razziali, sessuali o legati al credo religioso.
PMI - I nodi da sciogliere riguardano anche gli effetti sulle piccole e medie imprese, cioè quelle con meno di 15 dipendenti a cui, attualmente, non si applica l'articolo 18. L'obiettivo è evitare l'aggravio dei costi e, pertanto, dovrebbe essere confermata la disciplina attualmente vigente: l'indennizzo, in caso di licenziamento illegittimo, oscilla tra le 2,5 e le 6 mensilità massime.
L'ambito di applicazione - Come scritto nella delega e come ribadito più volte dal governo, il contratto a tutele crescenti si applicherà solo ai nuovi assunti: non solo i giovani al primo contratto ma anche chi già adesso lavora e cambierà azienda. Almeno per ora, dunque, non cambia nulla per chi è già assunto con un contratto a tempo indeterminato.
guidariformalavoro
Zedde