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La Gnecchi: necessario riconoscere al piu' presto l'accesso alla pensione nel caso di contribuzioni versate presso diverse gestioni, eliminando l'incongruenza della disciplina vigente.

Kamsin E' proseguito ieri in Commissione Lavoro presso la Camera dei Deputati presieduta da Cesare Damiano l'esame dei disegni di legge unificati AC 225 e AC 929 (Fedriga e Gnecchi) volti a rimuovere  gli oneri per l'esercizio della ricongiunzione introdotti dal decreto legge 78/2010 dal 1° Luglio 2010.

Come già anticipato da pensionioggi.it la proposta di legge unificata, oltre all'eliminazione degli oneri per l'esercizio della ricongiunzione dei contributi, prevede la possibilità di restituire gli oneri versati, nonché la facoltà, per coloro che sono stati costretti alla ricongiunzione onerosa o alla totalizzazione dei contributi per accedere alla pensione, di poter ottenere la riliquidazione della stessa, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

La proposta, inoltre, intende equiparare i requisiti contributivi pensionistici dell'INPS e dell'ex INPDAP, ed offrire la possibilità a coloro che sono iscritti a qualsiasi cassa previdenziale di poter ottenere, a domanda, una pensione supplementare con il sistema contributivo per coloro che sono già titolari di pensione.

Ieri, tuttavia, per venire incontro ai rilievi del Dicastero del Lavoro che ha sottolineato l'eccessiva onerosità della proposta, la Commissione ha avanzato, in via informale, l'ipotesi di seguire un'altra strada: quella di eliminare il requisito di 20 anni di contributi, ai fini del cumulo dei periodi assicurativi introdotto di recente della legge 228 del 2012, per l'erogazione delle prestazioni di vecchiaia. L'Onorevole Marialuisa Gnecchi ha, peraltro, osservato come possa essere opportuno attingere da quelle risorse che si sarebbero rese disponibili, dalla misura introdotta dal Governo nella legge di stabilità, volta a limitare i trattamenti pensionistici più elevati in caso di versamenti con il sistema contributivo effettuati dopo il 1o gennaio 2012. La Commissione si riunirà dopo Natale per il prosieguo della trattazione del ddl unificato.

Zedde

L'esecutivo è impegnato nella soluzione della vicenda dei Quota 96 della Scuola in occasione della Riforma della Scuola.

Kamsin "C'è la volontà del Governo a impegnarsi ad affrontare in via risolutiva, già dalla prossima primavera e nel contesto del citato piano «La buona scuola», anche la questione concernente i lavoratori di «quota 96 della scuola. " Così il Sottosegretario al Welfare Teresa Bellanova ha risposto ieri all'interrogazione promossa dall'Onorevole Marialuisa Ghizzoni in Commissione Lavoro alla Camera dei Deputati.

L'Onorevole Ghizzoni ha evidenziato come la riforma pensionistica, introdotta dal decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, risulti viziata da un errore essenziale, peraltro ammesso dallo stesso ex Ministro Fornero, riguardante i lavoratori del comparto scuola. Tale riforma - ha precisato la Ghizzoni - non ha tenuto conto della specificità del comparto, nel quale l'accesso al pensionamento è concesso un solo giorno all'anno, il 1o settembre, in considerazione della continuità didattica che deve essere garantita agli studenti. 

La Risposta integrale del Sottosegretario Bellanova - Gli Onorevoli interroganti – con il presente atto parlamentare – richiamano l'attenzione del Governo sugli effetti prodotti dalla riforma pensionistica introdotta dal decreto-legge n. 201 del 2011 (cosiddetto decreto Salva Italia) nei confronti del personale appartenente al comparto scuola.
  La predetta riforma – entrata in vigore a decorrere dal 1o gennaio 2012 – ha introdotto nuovi e più rigidi requisiti per l'accesso al pensionamento, facendo, tuttavia, salva l'applicazione della previgente normativa – basata sul cosiddetto sistema delle quote – nei confronti di quei soggetti che maturassero i requisiti pensionistici entro il 31 dicembre 2011.
  Al contempo la predetta riforma, a protezione di particolari categorie di soggetti che, con l'entrata in vigore delle nuove disposizioni in materia pensionistica, si sarebbero ritrovate prive di retribuzione e di pensione, ha introdotto deroghe e salvaguardie in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore del decreto «Salva Italia».
  Con particolare riferimento al comparto scuola non sono state riscontrate specificità di carattere previdenziale tali da giustificare una regolamentazione differenziata (deroghe o salvaguardie) rispetto alla generalità dei lavoratori.
  L'unica specificità rispetto ai dipendenti civili di altri comparti è costituita, infatti, dall'obbligo, per il personale della scuola, di accedere al pensionamento il 1o settembre di ogni anno, circostanza, di per sé, non ritenuta idonea dal Legislatore del 2011 a giustificare una deroga alle nuove previsioni generali di cui all'articolo 24 del decreto Salva Italia.
  Conseguentemente, le deroghe ai nuovi requisiti di accesso al pensionamento non trovano applicazione nei confronti di quei lavoratori appartenenti al comparto scuola che hanno maturato i requisiti pensionistici nei corso dell'anno scolastico 2011/2012, con decorrenza dal 1o gennaio 2012.
  In tale contesto di riferimento, tengo a precisare che la questione prospettata dagli onorevoli interroganti è stata più volte sottoposta all'attenzione del Governo che ha provveduto ad avviare i dovuti approfondimenti soprattutto in ordine alla reperibilità della necessaria copertura finanziaria, al fine di garantire una positiva soluzione della vicenda.
  A tal riguardo è utile ribadire quanto affermato dal Vice Ministro Morando nel corso dell'esame del disegno di legge di stabilità presso la Commissione bilancio della Camera. In tale occasione è stato evidenziato come il Governo sia oramai prossimo all'adozione di un intervento normativo di notevole rilievo volto ad incidere profondamente sul mondo della scuola e principalmente orientato a favorire il ricambio generazionale del corpo docente.
  Il Vice Ministro ha auspicato che la definizione dell'intervento richiesto dagli interroganti possa avere luogo nell'ambito della realizzazione del più complessivo piano di riforma denominato «La buona scuola», secondo una tempistica tale da assicurare che il nuovo impianto regolatorio possa entrare in vigore a partire dall'anno scolastico 2015-2016 e ha manifestato la volontà del Governo a impegnarsi ad affrontare in via risolutiva, già dalla prossima primavera e nel contesto del citato piano «La buona scuola», anche la questione concernente i lavoratori di «quota 96».

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Un emendamento contenuto nella legge di stabilità metterà però la parola fine al taglio almeno sino al 2017. La disciplina attualmente vigente è piuttosto complessa.

Kamsin In attesa che quel complesso sistema di penalizzazione che oggi colpisce i lavoratori che vanno in pensione anticipata con meno di 62 anni di età vada in soffitta (nella legge di stabilità per il 2015 è stato approvato un emendamento che porrà fine alla penalizzazione almeno fino al 2017), appare utile, anche per rispondere ai tanti quesiti che ci giungono, fare un attimo il punto della situazione.

La disciplina attualmente vigente prevede infatti, per scoraggiare l'accesso alla pensione anticipata (cioè per chi matura 42 anni e 6 mesi di contributi, 41 anni e 6 mesi le donne) in età troppo giovani,  un sistema di disincentivi per chi non ha compiuto almeno 62 anni.

Nei confronti di tali lavoratori, dipendenti e autonomi, si applica, sulla quota di trattamento pensionistico relativa alle anzianità contributive maturate al 31 dicembre 2011, una riduzione pari ad un punto percentuale per ogni anno di anticipo nell’accesso alla pensione rispetto all’età di 62 anni; tale percentuale annua è elevata a due punti percentuali per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto a 60 anni. Tanto per fare un esempio, un lavoratore che ha compiuto i 42 anni e 6 mesi di anzianità contributiva nel 2014 ma ha solo 58 anni di età potrà andare in pensione accettando una decurtazione del 6% circa (1% + 1% per i 60 e i 61 anni; 2% + 2% per gli anni 59 e 58).

La predetta riduzione, tuttavia, non si applica qualora, come recita l'articolo 6, comma 2-quater del Dl 216/2011 nei confronti di coloro che maturano il previsto requisito di anzianità contributiva per la pensione anticipata entro il 31 dicembre 2017, a condizione che tale anzianità contributiva derivi esclusivamente da prestazione effettiva di lavoro, includendo i periodi di astensione obbligatoria per maternità, per l'assolvimento degli obblighi di leva, per infortunio, per malattia e di cassa integrazione guadagni ordinaria, per la donazione di sangue e di emocomponenti, come previsto dall'articolo 8, comma 1, della legge 21 ottobre 2005, n. 219, e per i congedi parentali di maternita' e paternita' previsti dal testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 nonche' per i congedi e i permessi concessi ai sensi dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

Per effetto di tale norma è possibile accedere alla pensione anticipata, sino al 2017, anche se non sono stati compiuti i 62 anni, senza alcuna penalizzazione. Attualmente, pertanto, per non subire il taglio risulta essenziale verificare la composizione dell'anzianità contributiva maturata in quanto solo i periodi di prestazione effettiva da lavoro, unitamente a quelli individuati nell'articolo citato, risulteranno utili ad escluderla.

La tabella seguente consente di tenere sott'occhio la disciplina attualmente vigente.

Dal prossimo anno, però, questo complesso sistema, che costringe i lavoratori ad uno slalom tra i periodi contributivi accreditati sul proprio conto assicurativo andrà, come detto, in soffitta. E tutti coloro che matureranno 42 anni e 6 mesi (41 anni e 6 mesi le donne) entro il 2017 potranno non subire alcuna riduzione dell'assegno.

Zedde

Siamo in attesa della correzione della circolare dell’INPS per quanto riguarda la cosiddetta Opzione Donna, vale a dire la possibilita’ per le lavoratrici di andare in pensione all’eta’ di 57 anni se dipendenti e 58 se autonome con 35 anni di contributi, con il sistema contributivo”. Lo dichiara Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera.

Kamsin “Una interpretazione restrittiva dell’INPS – spiega -  fissava al 31 dicembre 2015 la decorrenza del trattamento pensionistico anziche’ la maturazione del requisito. E’ da tempo che stiamo aspettando questa correzione che dovrebbe essere pacifica e condivisa”.  “Ci auguriamo che vengano superate tutte le inerzie burocratiche e che si giunga rapidamente a conclusione di questa ennesima vicenda di ingiustizia sociale, soprattutto in un periodo di grande sofferenza e di incertezza occupazionale e pensionistica per le lavoratrici”, conclude il presidente della Commissione Lavoro della Camera.

Zedde

Una circolare del Ministero del Lavoro precisa gli effetti della Riforma dei trattamenti in deroga. Gli studi professionali e i sindacati restano fuori dai benefici.

Kamsin Sindacati e studi professionali restano fuori dagli ammortizzatori in deroga. E' quanto ha ribadito il ministero del lavoro nella nota prot. n. 5425/2014 con cui ha risposto a diversi quesiti posti delle regioni in merito agli aspetti operativi del Dm 83473/2014, il provvedimento ce ha riformato i criteri per la concessione di cig e mobilità in deroga. I professionisti e i sindacati, pertanto, non vi possorio far ricorso, dato che i trattamenti sono riservati esclusivamente alle imprese. Tra queste sono inclusi anche i c.d. piccoli imprenditori, che sono i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani e i piccoli commercianti perché anche loro sottoposti allo statuto generale dell'imprenditore.

Inoltre, precisa la circolare, possono farvi ricorso anche le cooperative sociali di cui alla legge n. 381 del 1991, con riferimento ai lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato, in quanto anch'esse rientranti nella nozione d'impresa di cui al codice civile. Il ministero precisa, infine, che invece sono esclusi dal campo di applicazione gli studi professionali e le associazioni dei sindacati dei lavoratori e dei datori di lavoro.

In base ai nuovi criteri, la fruizione della cig in deroga è possibile a condizione che l'impresa abbia previamente utilizzato gli strumenti ordinari di flessibilità (ferie residue e maturate, permessi, banca ore, ecc.). Il ministero precisa che tra gli strumenti ordinari di flessibilità si inseriscono anche gli istituti di fonte contrattuale. Inoltre, che per ferie residue e maturate si devono intendere quelle residue dell'anno precedente e quelle maturate fino alla data d'inizio delle sospensioni, mentre sono da escludersi le ferie programmate che coincidono ad esempio con le chiusure aziendali.

Il ministero precisa, ancora, che cig e mobilità in deroga non possono essere concessi in favore dei lavoratori per i quali ricorrono le condizioni di accesso alle analoghe prestazioni previste dalla normativa vigente. Pertanto è da escludersi la concessione della mobilità in deroga ai lavoratori in possesso dei requisiti per accedere prioritariamente alla mobilità ordinaria (ex legge n. 223/1991), alle indennità Aspi e MiniAspi, alle indennità di disoccupazione agricola con requisiti ordinari e ridotti.  Parimenti, secondo la circolare, non è possibile concedere la mobilità in deroga a seguito della conclusione della fruizione di quella ordinaria, dell'indennità Aspi o MiniAspi, delle indennità di disoccupazione agricola.

Per quanto riguarda, infine, la durata, secondo il ministero in riferimento ai lavoratori che, alla data di decorrenza della mobilità, abbiano già fruito di tali prestazioni (mobilità in deroga) per un periodo inferiore a tre anni, può essere concesso, nel corso dell'anno 2014 (gennaio/dicembre senza possibilità di proroga nel 2015), per un ulteriore periodo di sette mesi non ulteriormente prorogabili, più ulteriori tre mesi per i lavoratori residenti nel Mezzogiorno (ex dpr n. 218/1978). La durata massima consentita è calcolata considerando anche tutti i periodi di mobilità già concessi nell'annualità di riferimento per effetto di accordi stipulati in data anteriore all'entrata in vigore del decreto.

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