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Il Ministero del Lavoro e della Politiche sociali rende noti i moduli per la presentazione delle istanze di accesso per la fruizione della quinta salvaguardia di cui al Dm del 14 Febbraio 2014.

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Si procede con la quinta trance di esodati. Le istanze vanno presentate entro il 15 giugno, alla direzione territoriale del lavoro o all'Inps.

Lo ha stabilito il dm 14 febbraio pubblicato sulla G. U. n. 89 del 16 aprile che dà attuazione alla legge Stabilità 2014 per un contingente di 17 mila soggetti. Il nuovo decreto ha incrementato di 6 mila unità la  terza salvaguardia (portando il contmgente da 10.130 posti a 16.130) ed ha previsto un nuovo contingente di 17.000 soggetti.

Le categorie protette sono:

a) i lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione anteriormente al 4 dicembre 2011 i quali possano far valere almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile alla data del 6 dicembre 2011, anche se hanno svolto, successivamente alla data del 4 dicembre 2011, qualsiasi attivita', non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (900 posti disponibili);

b) i lavoratori il cui rapporto di lavoro si e' risolto entro il 30 giugno 2012 in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile, ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, dopo il 30 giugno 2012, qualsiasi attivita' non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (400 posti disponibili);

c) i lavoratori il cui rapporto di lavoro si e' risolto dopo il 30 giugno 2012 ed entro il 31 dicembre 2012 in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile, ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, dopo la cessazione, qualsiasi attivita' non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (500 posti disponibili);

d) i lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato per risoluzione unilaterale, nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, successivamente alla data di cessazione, qualsiasi attivita' non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (5.200 posti disponibili);

e) i lavoratori collocati in mobilita' ordinaria alla data del 4 dicembre 2011 e autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione successivamente alla predetta data, che, entro sei mesi dalla fine del periodo di fruizione dell'indennita' di mobilita' di cui all'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, perfezionino, mediante il versamento di contributi volontari, i requisiti vigenti alla data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 201 del 2011 (1000 posti disponibili);

f) i lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione anteriormente al 4 dicembre 2011, ancorche' al 6 dicembre 2011 non abbiano un contributo volontario accreditato o accreditabile alla predetta data, a condizione che abbiano almeno un contributo accreditato derivante da effettiva attivita' lavorativa nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2007 e il 30 novembre 2013 e che alla data del 30 novembre 2013 non svolgano attivita' lavorativa riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (9.000 posti diponibili).

Le domande vanno presentate entro il 15 giugno, all'Inps i lavoratori delle categorie a, e, f e alla direzione territoriale del lavoro i lavoratori delle categorie b, c e d.

I moduli per la presentazione delle istanze di accesso sono stati resi disponibili con la Circolare del Ministero del Lavoro numero 10 del 18 Aprile 2014

Nel decreto legge approvato ieri dal Consiglio dei Ministri non vengono previsti sconti fiscali in favore delle partite Iva e dei pensionati. Escusi anche i collaboratori domestici

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Niente da fare per i pensionati incapienti e le partite Iva. nel decreto legge che ha previsto l'erogazione del bonus fiscale di 80 euro per i lavoratori dipendenti, approvato ieri dal Consiglio dei ministri, non ci sono risorse per le così dette partite Iva e i pensionati. Delusione quindi per chi sperava che tra i beneficiari comparisero anche i lavoratori autonomi: per loro nulla di fatto. Tutto è rimandato eventualmente ad un provvedimento su gli incapienti che secondo le intenzioni dell' esecutivo dovrebbe approvato nei prossimi tempi.

A bocca asciutta anche i lavoratori domestici, le colf e badanti. La famiglia, datore di lavoro, non opera alcuna ritenuta fiscale nei loro confronti e pertanto non è tra coloro che sono considerati sostituti d'imposta. E dato che il decreto varato dal Consiglio dei Ministri ha chiesto al sostituto d'imposta il riconoscimento del bonus, per il lavoratore domestico non ci saranno benefici a meno che in sede di conversione in legge del provvedimento, il Parlamento non preveda la possibilità del riconoscimento dello sconto fiscale all'interno della dichiarazione dei redditi.

Verranno reintrodotte le quote di stabilizzazione degli apprendisti con il 20 per cento nelle aziende con oltre 30 dipendenti.

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La Commissione Lavoro della Camera ha concluso l'esame del decreto lavoro 34/2014 apportando diverse modifiche al testo originario del provvedimento. La prima novità riguarda la reintroduzione delle quote di stabilizzazione dei lavoratori apprendisti con un obbligo per le aziende di oltre 30 dipendenti di stabilizzarne almeno il 20 per cento come condizione per assumere di nuovi.Viene inoltre ripristinata la sostanziale obbligatorietà della formazione pubblica di apprendisti anche se l'impresa sarà esonerata qualora entro 45 giorni la Regione non si attiva per erogare i corsi.

È stato pure ripristinato l'obbligo della forma scritta per la formazione dell'apprendistato anche se si procederà con una forma semplificata.

Per quanto riguarda i contratti a termine si prevede che le proroghe scendono da 8 a 5 menrte rimane immutato l'arco di tempo pari a 36 mesi entro cui contratto a tempo determinato può essere stipulato.

Viene inoltre precisato che il tetto del 20 per cento di utilizzo dei rapporti a tempo determinato sarà calcolato non più sull' organico complessivo dell'azienda ma solo sui lavoratori a tempo indeterminato in forza al primo gennaio dell'anno di assunzione. Come sanzione in caso di mancato rispetto della soglia è prevista la trasformazione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro.

Tra le novità che andranno in aula per la discussione generale la prossima settimana, viene anche specificato il regime transitorio applicabile. Le novità sui contratti a termine sull'apprendistato verranno per rapporti di lavoro instaurati successivamente all'entrata in vigore del decreto legge. Le aziende avranno tempo fino a fine anno per adeguarsi al tetto; in caso contrario dal 2015 le aziende non potranno procedere all'assunzione di nuovi lavoratori a tempo determinato finché non avranno regolarizzato la propria posizione.

Si specifica poi che il tetto del 20 per cento e la sanzione in caso di sforamento, che prevede la trasformazione del contratto in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, non saranno applicabili ai rapporti di lavoro costituiti prima dell'entrata in vigore del decreto legge 34/2014.

Il premier annuncia che a partire da maggio ci saranno 80 euro in più in busta paga per chi ha un reddito da 8 a 26 mila euro, taglio del 10% dell'Irap per le aziende.

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Il decreto per il taglio dell'Irpef e dell'Irap è stato approvato oggi pomeriggio dal Cdm ed è stato illustrato attraverso dieci tweet, hashtag #oraics, sulla pagina di Palazzo Chigi.

Un "principio di buon senso" e un "modo per fare la pace con gli italiani" sono le definizioni scelte per annunciare che agli stipendi dei manager pubblici verrà fissato uno stipendio massimo di 240mila euro, livello proposto anche per i presidenti delle partecipate quotate. Una regola che il premier ha definito "Norma Olivetti". "Dare un tetto di 20mila euro al mese non è drammatico", ha spiegato Renzi. A Camera e Senato, che scelgono autonomamente le remunerazioni del proprio organico, è andato l'invito ad allinearsi, pur nel rispetto delle singole competenze. Stretta ancora sulla auto blu: 5 al massimo per ogni ministero, spiega Renzi.

Spese degli enti pubblici online - Altra novità viene dal fatto che tutte le spese degli enti pubblici saranno online entro 60 giorni. Il presidente del Consiglio ha spiegato che si tratta di una previsione di legge già esistente, ma ora è stata inasprita con la disposizione che gli enti che non comunicheranno in tempo le spese verranno "puniti" con una decurtazione dei trasferimenti da parte dello Stato. Anche la distribuzione degli uffici pubblici, con i relativi risparmi di spazio, e la razionalizzazione delle municipalizzate (da ottomila a mille) sono stati indicati come obiettivi del programma.

Tagli alla Difesa - Si registra poi il piano di risparmi da 400 milioni di euro per la Difesa, 150 dei quali verranno dalla revisione del programma di acquisto dei discussi caccia F-35. Questi 400 milioni rientrano nei risparmi da complessivi 700 milioni che afferiscono alla voce "acquisto di beni e servizi" per la parte dello Stato; importi pari dovranno essere risparmiati anche dalle Regioni e dai Comuni (quindi 2,1 miliardi in totale). A ciò si aggiungono 900 milioni che Renzi ha collegato a "voci inattese come la 'sobrietà'".

Rendite finanziarie - Si conferma poi l'innalzamento al 26% della tassazione sulle plusvalenze che le banche hanno registrato con la rivalutazione delle quote di Bankitalia: in questo modo il governo incasserà 1,8 miliardi. La Rai dovrà contribuire con un assegno da 150 milioni alla spending, che la televisione di Stato potrà racimolare anche vendendo le torri di Rai Way, o attraverso la "razionalizzazione" delle sedi regionali. Un centinaio di milioni è previsto in arrivo dalla rimozione dell'obbligo di pubblicare sui quotidiani i bandi e le gare, mentre dal recupero dell'evasione il governo "ha deciso di inserire solo 300 milioni, i soldi che abbiamo già incassato nel primo trimestre dell'anno". Non compaiono poi i tagli sulla sanità.

Bonus Irpef non agli incapienti - Il presidente del Consiglio assicura che a partire ''dal mese di maggio'' avverrà l'erogazione degli 80 euro al mese per coloro che hanno una busta paga sotto i 26 mila euro annui. Vale a dire 10 milioni di cittadini in tutto.   Il testo del decreto «è in fase di coordinamento con i singoli ministri e sarà in Gazzetta credo all'inizio della prossima settimana. Questo ci consentirà di dare i mitici 80 euro sin dal mese di maggio». Il taglio Irpef riguarderà «10 milioni di italiani, da 8mila euro a 26mila di reddito annuo, con un piccolo decalage da 24 a 26mila euro per evitare che chi guadagna di meno superi chi guadagna un po' di più». Niente bonus per gli incapienti (sotto gli 8mila euro lordi annui). «La voce degli incapienti e partite Iva sarà inserita in provvedimenti nelle prossime settimane e mesi», ha annunciato il premier.

Tra le altre misure annunciate c'è la previsione che le municipalizzate saranno sfoltite da 8mila a mille. Confermato anche il taglio dell'Irap del 10% per le aziende e pagamenti più rapidi alle imprese: «Oggi abbiamo sbloccato 8 miliardi per il pagamento dei debiti della P.A», ha detto il premier. Renzi infine annuncia che l'imposta sulle quote rivalutate della Banca d'Italia sale dal 12 al 26%. Il gettito andrà a copertura degli sconti Irpef.

Il limite massimo alle retribuzioni a 240.000 euro dovrà valere anche per le società pubbliche, la magistratura e gli organismi costituzionali come Camera e Senato.

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Inizia a prendere forma l'articolo del decreto legge che sarà presentato oggi in Consiglio dei ministri per limitare i compensi dei dirigenti della pubblica amministrazione. Secondo l' ultima versione messa a punto dall'esecutivo ci sarebbe una vera e propria stangata che andrebbe a colpire anche le categorie sino ad oggi al riparo come magistratura e gli organi costituzionali, Camera e Senato in primis.

Il governo pare intenzionato infatti ad imporre una soglia massima fissata a 60.000 euro allo stipendio della generalità dei dipendenti pubblici, mentre per i dirigenti resterebbe confermato il limite massimo di 240.000 euro. Il riferimento è quello della retribuzione del Presidente della Repubblica che sarà il tetto massimo da applicare nella pubblica amministrazione ai dirigenti di prima fascia con funzione di capo dipartimento.

La maggior parte dei manager però potrebbe avere un importo più basso. Nella bozza del decreto legge infatti è previsto che l' importo del tetto venga ridotto rispettivamente del 30, del 60, del 75 per cento per gli altri dirigenti di prima fascia, per quelli di seconda fascia e per il restante personale. Le tre categorie si troverebbero quindi a non poter ricevere uno stipendio rispettivamente oltre 168 mila euro, 96 mila e 60mila euro (quest'ultimo sarebbe quindi il limite per il personale non dirigenziale).

Nel decreto dovrebbe anche esserci una clausola pensata per evitare che la stretta venga aggirata: il rispetto dei limiti dovrà essere considerato con riferimento a tutte le somme percepite dagli interessati a qualsiasi titolo, comprese quelle erogate da enti diversi o quelle ottenute come corrispettivo da incarichi occasionali.

La portata - Si salvano dal tetto dei 240mila euro solo i manager delle società quotate mentre i nuovi parametri dovrebbero essere rispettati dai manager degli enti pubblici, delle società partecipate in tutto o in parte dallo Stato o da altre Amministrazioni comprese quelle che emettono obbligazioni quotate come Poste e Ferrovie. La tagliola scatterà anche per i componenti dei Consigli di Amministrazione di queste società. 

Ma il governo va oltre. Fonti vicine a Palazzo Chigi indicano la volontà dell'esecutivo di voler estendere il nuovo perimetro a quelle istituzioni che sono state oggi escluse dai tagli. Si tratta in particolare degli organi costituzionali come Camera, Senato, Presidenza della Repubblica, Corte Costituzionale e magistratura che godono autonomia anche in termini di bilancio. Anche a questi organismi verrebbe pertanto chiesto l'adeguamento dei rispettivi ordinamenti interni per centrare il tetto massimo di 240mila euro degli incarichi apicali e verrebbe chiesta una riduzione delle spese complessive delle retribuzioni di almeno il 5 per cento rispetto al 2013.

La novità potrebbe entrare in vigore immediatamente e quindi colpire già gli stipendi del mese di maggio. 

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