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Con la dichiarazione di incostituzionalità del Dlgs 23/2011 tornano ad essere validi i contratti in origine stipulati tra conduttore e locatore e non registrati.

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Con il decreto legislativo 23 del 2011 era stata introdotta una disciplina che puniva il locatore che non avesse registrato il contratto di locazione: la norma prevedeva che il conduttore, decorsi inutilmente trenta giorni successivi alla stipula di un contratto di locazione, poteva denunciare l'omessa registrazione conseguendo il vantaggio di ottenere per una durata quadriennale il pagamento di un canone annuo quantificato in misura pari a tre volte la rendita catastale, oltre all' adeguamento ISTAT.

Con la sentenza della Corte Costituzionale 50/2014 che ha abrogato le norme del decreto legislativo 23/2011 viene pertanto meno la possibilità per i conduttori di punire i locatori che non abbiano provveduto a registrare in tutto o in parte il contratto di locazione. La decisione tuttavia crea situazioni molto intricate che dovranno essere al più presto regolate attraverso un nuovo intervento legislativo.

I rischi fatti per il conduttore sono molteplici. Prima di tutto c'è il fatto che la decisione della Corte Costituzionale retroagisce al momento dell'entrata in vigore del decreto legislativo 23/2011; ciò comporta che il conduttore potrà vedersi costretto a pagare tutte le somme che prima aveva risparmiato rispetto a quanto era stato contrattualmente pattuito con il locatore.

Secondo Bruno Carli del CAF ACLI la posizione dell inquilino diviene infatti particolarmente precaria e rimessa alla volontà del locatore. Se infatti tra le parti c'è un contratto scritto non registrato l'inquilino potrà essere chiamato a pagare la differenza tra quanto pagato con la norma del decreto legislativo 23/2011 e quanto era originariamente dovuto al locatore. Altrimenti l'interessato rischia una intimazione di sfratto per morosità o la risoluzione del contratto. 

Ancora più complicato invece il procedimento laddove sia stata avviata un'azione in giudizio da parte del proprietario.

Ma in molti casi potrebbe già essere in corso una causa tra le parti. Il proprietario infatti, a fronte dell'autoriduzione del canone da parte del conduttore potrebbe aver chiesto il rilascio dell'immobile in via giudiziale, salvo poi vedersi arrestata la propria azione in quanto la riduzione del canone effettuata dall'inquilino era apparsa legittima alla luce proprio della norma cassata dalla Consulta. Ora invece con la pronuncia della Corte Costituzionale il proprietario può ottenere la risoluzione del contratto per inadempimento a parte la possibilità di concedere un termine all'inquilino per sanare la sopravvenuta morosità delle somme non riscosse.

E' stato pubblicato in Gazzetta il decreto che stabilisce le procedure per accedere alla quinta salvaguardia per 17 mila potenziali interessati.

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Dopo 4 mesi di attesa il decreto interministeriale del 14 febbraio 2014 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 89 di ieri ha indicato che i 17mila esodati rientranti nel V contingente di salvaguardia previsto dall'articolo 1 comma 194, della legge 147 2013 dovranno presentare le domande entro il 15 giugno.

Il provvedimento prevede che i lavoratori rientranti nella categoria degli autorizzati alla contribuzione volontaria o in mobilità dovranno inviare la richiesta all'INPS - lettere a), e) ed f) del comma 194. Le altre categorie, cioè i lavoratori che hanno sottoscritto un accordo di incentivo all'esodo oppure coloro che hanno risolto unilateralmente rapporto di lavoro - lettere b), c) e d) del comma 194 - dovranno presentare istanza di accesso alle direzioni territoriali del Lavoro competenti per residenza del lavoratore o per presentazione degli accordi sottoscritti.

Il decreto ha anche indicato la suddivisione dei 17 mila posti disponibili tra le diverse tipologie di lavoratori salvaguardati. 900 i posti disponibili per i prosecutori volontari (lettera a); 9000 i posti per i prosecutori volontari senza contributo accreditato o accreditatabile al 6 dicembre 2011 (lettera f); mille i posti peri i collocati in mobilità ed autorizzati alla prosecuzione volontaria (lettera e); 5200 le posizioni disponibili per i lavoratori che hanno risolto unilateralmente rapporto di lavoro (lettera d); 400 gli esodati che abbiano stipulati accordi incentivo all'esodo entro il 30 giugno 2012 (lettera b) e 500 gli esodati che abbiano risolto rapporto di lavoro dopo il 30 giugno e fino al 31 dicembre 2012 (lettera c).

L'ipotesi piu' accreditata è che le famiglie datrici di lavoro anticipino l'agevolazione recuperandola poi sui versamenti trimestrali all'Inps.

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L'estensione del bonus anche ai collaboratori domestici secondo fonti del Governo potrebbe riguardare le colf e le badanti che guadagnano meno di 8 mila euro l'anno. Per ora si tratta ancora di una ipotesi che dovrebbe vedere le famiglie in prima linea con un'anticipazione dell'agevolazione che sarebbe poi recuperata sui versamenti contributivi da effettuare all'Inps.

Resta invece piu' sicuro il meccanismo dell'anticipo da parte del sostituto d'imposta che sarà applicato a tutti i quattro milioni di incapienti, ossia una sorta di credito anticipato calcolato in percentuale del reddito. La misura riguarderà anche i lavoratori co.co.co., gli atipici e gli stagionali: per questi ultimi il bonus sarà determinato in base ai mesi in cui hanno lavorato.

Oltre a definire i dettagli per riscrivere la nuova curva dell'Irpef con il bonus Renzi da 80 euro per chi guadagna fino 1.500 euro al mese e il "credito" da erogare ai 4 milioni di lavoratori dipendenti "incapienti" che attualmente hanno redditi fino a 8.000 euro, si cerca ancora la quadratura del cerchio sulle coperture. Nelle ultimo ore Renzi ha smentito categoricamente che ci sarà un taglio agli assegni familiari per garantire «gli 80 euro in busta paga».

Che la coperta per effettuare lo sconto Irpef sia corta sembra sempre piu' evidente. Il ministero dell'Economia ha inviato infatti una lettera alla Commissione europea per informarla del rinvio dal 2015 al 2016 del pareggio strutturale di bilancio. Un passaggio necessario, ha confermato Padoan, per rispettare la procedura prevista dal nuovo articolo 81 della Costituzione.

A questo punto il Parlamento dovrà pronunciarsi non solo sul Def, ma anche approvare a maggioranza assoluta una specifica delibera che autorizza la variazione nei saldi di bilancio.

Tetto di cinque proroghe nei contratti a termine acausali nell'arco dei 36 mesi. E introduzione di un regime transitorio per armonizzare le nuove regole sui rapporti a tempo (soprattutto il limite di utilizzo del 20% sull'organico complessivo) con i contratti già in corso.

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Un accordo tra le forze politiche della maggioranza potrà portare ad una revisione del sistema delle proroghe del contratto a tempo determinato: la durata massima resterà in 36 mesi ma le possibilità di prolungare un rapporto, che nel decreto 34/2014 sono 8, passerebbero a 5. E' quanto ha detto Cesare Damiano (Pd), presidente della Commissione lavoro di Montecitorio, che sta votando gli emendamenti al Decreto Legge Poletti.

Nessuna novità, ancora, sugli altri capitoli del decreto, sui quali i partiti di centro-sinistra vorrebbero imporre modifiche. Si tratta del contratto di apprendistato, in particolare sul programma formativo individuale scritto: il governo pare orientato a confermare la sufficienza di stilare un piano all'interno del contratto stesso di apprendistato.

Sempre sull'apprendistato l'ex ministro e capogruppo al Senato Maurizio Sacconi avverte il premier Renzi «a non cedere alle pressioni della sinistra interna del Pd» e annuncia un secco «no» a qualsiasi ipotesi di stravolgimento delle norme come la reintroduzione delle quote di stabilizzazione degli apprendisti (20% nelle aziende con più di 30 dipendenti), il ritorno a una sostanziale obbligatorietà della formazione pubblica (ora resa facoltativa) e la previsione di un diritto di precedenza (alla stabilizzazione o al rinnovo del rapporto) per chi lavora a termine da almeno sei mesi nella stessa azienda.

La Commissione ha dato poi il via libera ad una modifica chiesta da Renata Polverini (Fi), secondo cui dovranno dare il proprio parere sul decreto attuativo per la smaterializzazione e semplificazione del Durc (il Documento unico di regolarità contributiva) non soltanto l'Inps e l'Inail, ma anche la commissione nazionale per le Casse edili.

Le imprese che smaltiscono in proprio una parte dei loro rifiuti dovranno pagare la Tari. I Comuni potranno individuare agevolazioni proporzionali alla quota di rifiuti smaltiti autonomamente. 

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La partita sull'introduzione della Tari, il nuovo tributo sui rifiuti, vede il ritorno del tributo senza esenzioni sulle imprese. Come si ricorderà negli ultimi mesi la discussione è stata tutta incentrata sulla possibilità di esenzione dal tributo per le imprese e agli operatori commerciali che smaltiscono una parte dei loro rifiuti, quelli speciali assimilati agli urbani, senza fruire dei servizi locali di igiene urbana. 

Nella legge 147/2013 veniva prevista contemporaneamente l'esenzione e la possibilità di sconti da parte dei Comuni, una regola contraddittoria che il governo, nel decreto Salva Roma ter, il dl 16/2014, aveva risolto nel senso di esentare dal pagamento del tributo le imprese che smaltivano in proprio i rifiuti speciali assimilati.

Ora invece con gli emendamenti approvati alla legge di conversione del decreto Salva Roma ter questi rifiuti tornano nuovamente soggetti alla Tari. Con la precisazione tuttavia che i Comuni potranno individuare agevolazioni proporzionali alla quota di rifiuti smaltiti autonomamente. Nel regolamento i Comuni potranno individuare anche le aree di produzione di rifiuti speciali non assimilabili e i magazzini anche se caratterizzati dal divieto di assimilazione.

Gli emendamenti approvati dalla Camera garantiscono inoltre maggiore flessibilità ai Comuni nella determinazione dei parametri con cui calcolare la Tari per le diverse tipologie di contribuente. Per la quota fissa delle utenze domestiche si potranno evitare i parametri standard, mentre in generale sarà possibile discostarsi anche del 50% dai parametri del metodo normalizzato.

Agevolazioni sociali - Oltre a sconti tipizzati in base agli occupanti degli immobili (come ad esempio quelle abitate da una sola persona, oppure quelle a utilizzo stagionale) i Comuni possono introdurre agevolazioni ulteriori, con finalità sociale. Questi sconti ulteriori potevano essere finanziati con risorse di bilancio per una quota non superiore al 7% del costo totale del servizio. Nella versione approvata dalle commissioni di Montecitorio questo vincolo è stato però cancellato.

Base imponibile - La base imponibile della Tari, come accadeva per le vecchie tasse rifiuti, rimane quella dichiarata dal contribuente. L'applicazione del tributo sulla superficie catastale sarà avviata solo a partire dall'anno successivo a quello in cui sarà avviato davvero l'interscambio di informazioni fra l'agenzia delle Entrate (che ha incorporato l'agenzia del Territorio) e i Comuni.

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