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Si avvicina la scadenza per il versamento della Tasi. Le aliquote che i Comuni applicheranno confermano un conto piu' salato rispetto all'Imu nella maggior parte dei casi. 

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Stanno prendendo forma le imposte sulla Tasi che i Comuni chiederanno ai contribuenti nelle prossime settimane. Dalle decisioni dei primi cittadini emerge che l'aliquota Tasi standard dell'1 per mille, su cui erano stati condotti tutti i calcoli ufficiali a fine 2013, per l'abitazione principale non viene introdotta praticamente in nessuna delle principali città italiane; le detrazioni, che a differenza di quanto accadeva con l'Imu nel 2012, oggi sono facoltative e rimesse alla volontà dei sindaci e nella maggior parte dei casi non sono sufficienti a contenere gli aumenti sulle abitazioni principali. Inoltre pare confermato che le risorse per le detrazioni per le abitazioni principali sono poste a carico delle seconde case, immobili e negozi che vedono quindi un incremento delle aliquote.

Per chi non ha ben chiara la normativa è utile fare un breve riepilogo per comprendere il calcolo della Tasi dopo tutte le modifiche che si sono susseguite negli ultimi mesi.

Le regole di calcolo sono identiche a quelle previste per l'Imu. Il primo passo per determinare la Tasi è quindi quello di recuperare la rendita catastale dell’Immobile su cui si pagherà il tributo; il dato si trova sull’atto di proprietà dell’immobile oppure consultando il servizio di Visure Catastali dell’Agenzia delle Entrate che è gratuito per gli Immobili di cui il soggetto richiedente risulti titolare. 

Il valore della rendita catastale deve essere quindi moltiplicato per un valore fisso pari a 168 (valido per le abitazioni civili; il valore è determinato dalla rivalutazione della rendita catastale del 5% e dall'applicazione del coefficiente previsto per tali tipologie di abitazioni pari a 160) ottenendo in questo modo la base imponibile. L’ultimo passaggio quello fondamentale, è il calcolo del corrispettivo da pagare; la cifra è il risultato del prodotto della base imponibile per l’aliquota Tasi stabilita dal Comune. Su questo valore sarà poi possibile applicare le detrazioni se previste dal Comune e se l'immobile in questione è adibito ad abitazione principale.

Ai Comuni viene riconosciuta la possibilità di variare l’aliquota, sia in diminuzione che in aumento. Nel primo caso possono decidere anche di azzerarla, nel secondo caso l’aumento non può avvenire a condizione che la somma delle aliquote IMU e TASI non superi il 10,6 per mille (aliquota massima IMU e aliquota base TASI).

Di recente, con il Dl 16/2014 si è stabilito che i Sindaci possono far crescere il tributo sui servizi indivisibili dello 0,8 per mille sopra i tetti massimi (2,5 per mille sull'abitazione principale, e 10,6 per mille nella somma di Imu e Tasi sugli altri immobili) proprio per finanziare le detrazioni sulle prime case: detrazioni che però rimangono facoltative e possono anche valere meno degli aumenti introdotti per finanziarle.

Ecco qui di seguito un esempio del Calcolo della Tasi su una abitazione principale.

Parametri Valori Calcoli Importi
Rendita Catastale                1.000,00    
Rivalutazione  5% 1000 x 1,05 =               1.050,00
Coefficiente 160 1.050 x 160 =          168.000,00
Aliquota Comunale* 2,5 per mille 168.000 x 2,5 / 1000 =                  420,00
Detrazioni*                   200,00 420 - 200 =                  220,00
Totale Tasi 2014                220,00
*L'esempio mostra il calcolo della Tasi su una abitazione principale con rendita castale di mille euro ed aliquota comunale del 2,5 per mille. Si immagina altresì che il Comune abbia introdotto detrazioni per l'immobile in oggetto. Si ricorda che l'aliquota comunale e le detrazioni sono fissate dai comuni. La legge indica che la Tasi per le abitazioni principali non può superare il 2,5 per mille (3,3 per mille se l'extra-gettito finanzia le detrazioni sull'abitazione principale).  

Roma ad esempio dovrebbe essere una delle prime città a portare l'aliquota sulle seconde case ai massimi. L'aliquota aggiuntiva dovrebbe colpire seconde case, negozi e capannoni, facendo salire il conto dal 10,6 all'11,4 per mille.Per le abitazioni principali si dovrebbe vedere un'aliquota massima al 2,5 per mille con detrazioni variabili.

Stessa situazione a Milano dove si prevede un aumento sugli altri Immobili e aliquota al 2,5 per mille con detrazioni per le prime case.

Gli sconti tuttavia secondo la proposta della Giunta, riguarderanno solo una parte dei proprietari perché sopra i 350 euro di rendita catastale (valore molto basso) si applicheranno solo a chi ha un reddito fino a 21mila euro all'anno. 

Stop a dirigenti pubblici di prima e seconda fascia, all'insegna del ruolo unico. Possibilità di licenziare il dirigente che rimane privo di incarico per un certo tempo. E poi, ancora, taglio del 50% ai permessi sindacali.

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Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha presentato ieri il progetto di riforma della Pubblica Amministrazione. La tabella di marcia prevede 40 giorni di confronto sulla proposta, con integrazioni e suggerimenti, per poi procedere all'approvazione dei provvedimenti da parte dell'Esecutivo. Che avverranno il 13 Giugno dopo la tornata elettorale delle Europee. Dietro front sulla possibilità di introdurre prepensionamenti di massa (85mila esuberi secondo il Commissario alla spending review, Carlo Cottarelli), misura temuta fino alla vigilia: «non c'è un tema di esuberi della pubblica amministrazione italiana. Pensiamo che si debbano ridurre le sovrapposizioni», ha sottolineato il presidente del Consiglio.

La riforma della Pubblica amministrazione si sviluppa su 3 assi: «capitale umano, innovazione, tagli alle strutture non necessarie» ha spiegato ancora Renzi. Il presidente del Consiglio che il coinvolgimento dei dipendenti attraverso una lettera che verrà recapitata loro via mail e a cui potranno rispondere offrendo spunti e suggerimenti. Potremmo chiamare il provvedimento spiega il premier, «sforbicia Italia per il taglio agli sprechi o open data, per l’uso di questi ultimi come strumento di trasparenza».

Dirigenti della Pa - La riforma per quanto riguarda i dirigenti prevede per Renzi «La possibilità di licenziamento per il dirigente che rimane privo di incarico oltre un determinato termine». Ci sarà, spiega il premier, anche «l’introduzione del ruolo unico della dirigenza», ha spiegato. Sugli interventi sugli stipendi dei manager pubblici, Renzi ha ricordato che «nella discussione politica di questi giorni ci sono state alcune anticipazioni che sono diventate tavole della legge, come il fatto che noi avremmo detto che tagliamo gli stipendi. Noi abbiamo detto che avremmo messo un tetto massimo a 240mila euro». «È vero che non ci sono stati tetti» alle retribuzioni dei dipendenti della Pa per «fasce - ha riconosciuto la ministra Madia -, ma questa è stata una scelta politica, quei tetti non sono saltati all'ultimo. Vogliamo porre un tetto apicale ma non intervenire sulle fasce intermedie». La riforma della Pa prevede la possibilità di licenziamento per il dirigente che resta privo di incarico oltre un certo termine.

Prepensionamenti - «Non c’è un tema di esuberi della Pa» ha tuttavia aggiunto Renzi precisando che il vero punto «è mettere quelle persone nelle condizioni di lavorare» e «l’efficienza del servizio». «I risparmi li vogliamo fare, ma se metti insieme prefettura, Ragioneria dello Stato e le sedi degli enti del governo sai quanto risparmi? Molto di più che con l’esubero».

Per Renzi anzi, con i pensionamenti previsti le nuove entrate nella Pa potrebbero essere «14-15 mila fino al 2018. Se obblighi tutti ad andare in pensione, siamo stati prudenti a parlare di 10 mila nuove persone perché in realtà i calcoli che abbiamo fatto sono tra i 14-15mila fino al 2018» ha aggiunto il presidente del Consiglio.

Accorpamenti - La riforma prevede inoltre una serie di accorpamenti di enti e organi della Pa. Prima di tutto si passa per una riduzione delle prefetture: Renzi ha detto che dovranno essere presenti solo «nei capoluoghi di regione e in zone strategiche, quindi saranno ridotte a 40». Inoltre, il premier ha parlato di una «centrale unica per gli acquisti delle forze di polizia e di accorpare l’Aci, il Pra e la Motorizzazione civile».

Quanto alle scuole di formazione della Pubblica amministrazione, dovranno essere accorpate in una sola. Tra gli altri provvedimenti per la lotta agli sprechi della Pa, ci sarà anche «l’accorpamento delle soprintendenze e la riorganizzazione della presenza dello Stato sul territorio» facendo riferimento anche alle molteplici sedi provinciali della Ragioneria generale dello Stato. Il presidente del Consiglio ha parlato anche della volontà di eliminare «l’obbligo delle aziende di iscriversi alle Camere di commercio» cosa che potrebbe portare all’eliminazione delle stesse, e ha parlato anche «della razionalizzazione delle Autorità portuali».

Pin - Nella riforma della Pa è previsto, ha aggiunto Renzi, «l’introduzione del Pin del cittadino: oggi la pubblica amministrazione parla 13 linguaggi diversi, noi vogliamo che parli un’unica lingua e che lavora su tutto». Il progetto di riforma infatti prevede per il cittadino l’introduzione di un unico codice per accedere ai servizi pubblici.

Mobilità obbligatoria, niente esuberi - Il Ministro della Pa Marianna Madia, intervenuta durante la conferenza stampa, ha chiarito: occorre «mettere in campo» una «mobilità che funzioni», sia «volontaria, ma anche obbligatoria, garantendo dignità al lavoratore», con riferimento alle retribuzioni e alla «non lontananza da luogo lavoro».

La priorità è «sbloccare al massimo il blocco del turn over». «Abbiamo delle patologie da sanare, come gli idonei non assunti e i precari - ha continuato -. Non ho problemi a parlare di eventuali prepensionamenti». E' proprio su questo fronte che Renzi troverà i maggiori ostacoli perchè la normativa sulla mobilità dei dipendenti pubblici in realtà già esiste, da oltre 10 anni, ma per via dei veti incrociati non è mai stata applicata.

I pensionati di Cgil, Cisl e Uil scendono in piazza a Napoli per chiedere al governo di estendere il bonus sugli 80 euro anche ai pensionati per ora esclusi dal provvedimento.

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La delusione dei pensionati che non sono stati inclusi nella manovra sugli 80 euro mensili per i lavoratori dipendenti contenuti nel decreto Irpef si fa sentire un pò in tutta Italia. Al grido di “Caro Matteo noi non stiamo sereni”, decine e decine di anziani sono scesi l'altro giorno in piazza a Napoli per far sentire la propria voce e le richieste al Governo Renzi con cartelli e megafoni. I pensionati di Cgil, Cisl e Uil chiedono risposte concrete al governo: «La sacrosanta scelta di varare sgravi fiscali per i lavoratori – spiegano i vertici sindacali – deve essere estesa anche ai pensionati, che stanno pagando un conto durissimo alla crisi, avendo perso negli ultimi dieci anni circa il 10% del proprio potere d’acquisto.

«Ma chiediamo anche più equità sociale e fiscale, una lotta a tutto campo all’evasione, una drastica riduzione di sprechi e privilegi, la difesa del welfare a livello nazionale e territoriale». Il tam tam dei pensionati è partito dal Friuli Venezia Giulia dove le tre sigle, che in regione rappresentano oltre 130mila iscritti, hanno stampato 50mila cartoline con le loro rivendicazioni, sulle quali sarà possibile raccogliere le firme dei cittadini che aderiranno alla petizione per chiedere una misura in favore di milioni di persone che si sono viste erodere il potere d'acquisto delle pensioni.

Domani i pensionati già si stanno dando appuntamento nelle piazze delle maggiori città italiane per approfittare della tradizionale Manifestazione del 1° Maggio per rinnovare la richiesta all'esecutivo.

La riforma della Pubblica Amministrazione dovrebbe però avvenire in due fasi. La prima, con un decreto, che potrebbe essere approvato già entro la settimana. La seconda, di portata più ampia, verrebbe affidata a un disegno di legge delega.

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Ancora attraverso i social network, il Presidente del Consiglio torna ad annunciare l'avvio della Riforma della Pubblica Amministrazione. A breve si conosceranno i primi dettagli ufficiali su un provvedimento atteso da diverse settimane. La tabella di marcia, quindi, pare rispettata.

I provvedimenti sono sono stati scritti nero su bianco la scorsa settimana nell'incontro che si è tenuto a Palazzo Chigi a cui ha partecipato Marianna Madia, ministro della Pubblica Amministrazione. La riforma della Pa sarà probabilmente affidata a due provvedimenti, un decreto legge che sarà approvato a breve, in Consiglio dei ministri, l'altro, un disegno di legge delega, avrà una portata piu' ampia e dovrà contenere una revisione anche dei principi generali del funzionamento della macchina burocratica italiana.

Proprio in questa seconda fase potrebbe trovare ingresso il progetto della staffetta generazionale, un'idea che ha alla base l'obiettivo di far uscire dal lavoro i dipendenti vicini alla pensione e favorire l'ingresso di nuove leve piu' giovani. Operazione complessa sulla quale i sindacati frenano preoccupati che con il provvedimento si vogliano in realtà mascherare l'avvio di licenziamenti in massa. I sindacati sarebbero comunque disponibili ad un allargamento dell'esonero dal servizio, procedura che consiste nella sospensione dal lavoro nei 5 anni che precedono il momento di andare in pensione.

Nella legge delega troverà spazio anche un maggior ricorso alla mobilità interna alla Pubblica amministrazione. Dirigenti e dipendenti potranno essere destinati, a seconda delle necessità, a trasferimenti o a distacchi in altri dipartimenti dell' amministrazione pubblica per coprire quelle aree a carenza di personale. 

Nel decreto dovrebbe invece esserci il vincolo della parte variabile dei compensi dei dirigenti della Pa ai risultati economici del Paese. Bonus che sarebbero quindi legati all'andamento del Pil o di altri dati macroeconomici dell'Italia: se il Paese cresce, cresce anche la retribuzione. Renzi sta anche valutando l'inserimento di un limite di tempo per ogni incarico apicale.

Da escludere invece un intervento sulle pensioni in larga scala. L'idea di Poletti di introdurre il prestito pensionistico, magari solo quello "soft" che interesserebbe i lavoratori attualmente impiegati che prevede l'anticipo di un anno nell'accesso alla pensione, dovrà essere studiato attentamente nelle prossime settimane e pertanto non sarà inserito nel decreto legge sulla Pa.  

L'Agenzia delle Entrate chiarisce che tra gli aventi diritto figurano anche co.co.co.sacerdoti e lavoratori socialmente utili. E precisa che chi non ha un datore di lavoro obbligato a fare da sostituto d’imposta, come i lavoratori domestici, potrà fruire dei 640 euro annui solo con la dichiarazione del 2015.

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L'Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 8/E del 28 aprile 2014, ha fornito alcune indicazioni in merito al riconoscimento del bonus contenuto nel decreto Irpef per i titolari di reddito di lavoro dipendente e di taluni redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente entro i 26 mila euro annui.

L'Agenzia delle Entrate conferma che per aver diritto al bonus dovranno essere valutati la tipologia del reddito, il suo importo e la teorica “incapienza” rispetto alla detrazione per lavoro dipendente. Oltre ai dipendenti in senso stretto si vedranno riconoscere il credito d’imposta quei lavoratori il cui reddito è considerato assimilato: collaboratori coordinati e continuativi, borsisti, sacerdoti, soci di cooperative, lavoratori socialmente utili. Non avrà diritto però chi supera i 26 mila euro l’anno, mentre l’ importo sarà proporzionalmente ridotto a partire dai 24 mila. La verifica va fatta senza considerare il reddito dell’abitazione principale.

Il termine di maggio per l'erogazione del bonus è perentorio: lo slittamento a giugno sarà possibile per ragioni tecniche legate alle procedure di pagamento delle retribuzioni. Un'indicazione, questa, che secondo il presidente di Assosoftware, Bonfiglio Mariotti, «viene incontro agli operatori, dal momento che per tutte le aziende che pagano lo stipendio il mese successivo a quello di riferimento non c'è il tempo fisico per erogare il prossimo mese lo stipendio di aprile, mentre sarà possibile farlo i primi di giugno per le paghe di maggio».

Nel documento l'Agenzia ricorda che sono esclusi dal bonus chi vanta retribuzioni e/o compensi sino a 8.145,32 euro, i cd. incapienti. Il bonus spetta invece se l'imposta viene azzerata dall'applicazione di altre detrazioni (come quelle previste per i familiari a carico).  Se i beneficiari lavoreranno l'intero anno, riceveranno il bonus completo di 640 euro, suddiviso in otto quote mensili da maggio a dicembre 2014. Nel caso di lavoratori assunti e cessati in corso d'anno, invece, il credito verrà rapportato alla minore durata del rapporto di lavoro sulla base del numero di giorni lavorati nell'anno.

I sostituti d'imposta - Per quanto riguarda i sostituti d’imposta, le Entrate chiariscono che lo sconto sarà riconosciuto automaticamente agli interessati dai datori di lavoro, non servirà quindi alcuna richiesta da parte dei dipendenti: la somma di 640 euro sarà suddivisa tra le residue otto mensilità del 2014, dunque con un importo di 80 euro mensili. Chi però non ha un sostituto d’imposta (tipicamente colf e badanti che lavorano presso famiglie, oppure i disoccupati che hanno lavorato nei mesi precedenti) dovrà attendere la dichiarazione dei redditi del prossimo anno. Infine va anche considerato che nel corso dell’anno non è noto l’esatto reddito finale. Per questo il credito d’imposta sarà riconosciuto in base a quello “previsionale”: chi ha redditi diversi dovrà comunicarlo al datore di lavoro che provvederà a riprendere il bonus entro il conguaglio di fine anno. Lo stesso avverrà in caso di variazioni rilevanti della retribuzione.

Il sostituto dovrà dare indicazione nel Cud e nel 770 del credito riconosciuto e della compensazione eseguita, secondo modalità da definire. Inoltre se le ritenute risultano insufficienti, nel caso di un ulteriore credito, il sostituto potrà utilizzare anche i contributi previdenziali (che non dovranno essere versati).

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