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Riforma Lavoro 2014, Poletti: le proroghe possono scendere a 6
Poletti apre alla sinistra Pd: possibile abbassare le proroghe da 8 a 6. Ma il governo vuole confermare i 36 mesi dei contratti a termine acausali, la sinistra punta a 24 mesi. Aperture pure sull'apprendistato.
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Il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti è pronto a modificare, senza stravolgerlo, il decreto sui contratti a termine e l'apprendistato, all'esame della Camera per la conversione in legge. Per i contratti a termine il Ministro si è detto disponibile a far scendere da otto a sei il numero delle possibili proroghe, in pratica i rinnovi senza interruzione che posticipano la scadenza del contratto originario.
L'apertura viene per accontentare quella minoranza del Pd che sta presentando numerosi emendamenti. Contrario invece il Ministro sulla riduzione da tre a due anni per la durata massima dei contratti. La disponibilità potrebbe portare anche a rivedere la norma che rende facoltativa la formazione pubblica per l'apprendistato professionalizzante, contro il rischio di incorrere in sanzioni da parte della Ue, senza però compromettere l'obiettivo, che resta quello di semplificarne la disciplina per le imprese.
Dunque alcune delle modifiche che chiede l'ala sinistra del partito, che ha la maggioranza nella Commissione Lavoro della Camera, potrebbero vedere la luce. Poletti però avverte: "se introduci dei vincoli sul numero dei rinnovi, arrivati alla scadenza del contratto l'azienda sostituisce il lavoratore».
Altro punto fonte di attrito tra governo e maggioranza è l'eliminazione dell'obbligo di stabilizzare una quota di apprendisti prima di assumerne nuovi. Per Poletti va confermata la misura contenuta nel Dl, soprattutto a tutela delle piccole imprese, mentre nella discussione si è ipotizzato di differenziare a seconda della dimensione di impresa, distinguendo tra grandi e piccole.
Ieri inoltre, il presidente dell'Isfol Pietro Antonio Varesi, ha mostrato l'incremento dell'incidenza dei contratti a tempo determinato nelle imprese. Secondo Varesi i contratti a termine sono passati dal 62,3% (secondo trimestre 2012) al 67,3% (quarto trimestre 2012): questo incremento ha riguardato in larga parte assunzioni di breve o brevissima durata (oltre sei contratti a termine su dieci durano meno di tre mesi), comunque inferiori ai 12 mesi.
In contemporanea calano i contratti intermittenti (-4%) e di collaborazione (-1,6%), peraltro dotati di minori tutele. Molto negativo anche il trend dell'apprendistato con un calo "progressivo e quasi ininterrotto".
Assegni Nucleo Familiare, l'Inps ridetermina l'assegno
L'Inps ha rideterminato l'importo dell'assegno al nucleo familiare spettante ai pensionati della gestione pubblica dal 1° luglio 2012 al 30 giugno 2013, sulla base dei redditi da pensione e di diversa natura relativi al 2011.
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L'Inps ha provveduto a rideterminare l'importo dell'assegno al nucleo familiare spettante ai pensionati della gestione pubblica dal 1° luglio 2012 al 30 giugno 2013, sulla base dei redditi da pensione e di diversa natura relativi al 2011.
E' quanto ha comunicato l'istituto di previdenza pubblica con il Messaggio 3722/2014. L'assegno per il nucleo familiare ancora l'erogazione della prestazione assistenziale infatti sulla base dei redditi conseguito nell'anno solare antecedente al 1° luglio di ciascun anno. Se, dopo le verifiche, l'importo dell'assegno fruito dagli interessati per il periodo 1° luglio 2012-30 giugno 2013 risulti superiore a quello spettante secondo i termini di legge, l'eccedenza indebitamente erogata verrà trattenuta sulla pensione pagata il prossimo giugno.
L'Inps comunicherà con una lettera l'importo del debito e le modalita di recupero delle somme. Sarà applicata una trattenuta mensile nei limiti di un quinto dell'importo complessivo della pensione, comprensiva anche dell'indennità integrativa speciale se corrisposta come emolumento, al netto delle ritenute Irpef e con un recupero in un massimo di 60 rate. L'interessato potrà chiedere il chiarimento della propria posizione recandosi presso l'ufficio Inps che liquida la prestazione pensionistica.
Pensioni, Padoan pronto a discutere i dettagli di un taglio su quelle d'oro
«Nella prima fase della spending review non ci sarà nessun intervento». Se ne potrebbe parlare nel 2015. Anche perché, si fa notare, un contributo di solidarietà già esiste.
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Secondo il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan che sta lavorando in questi giorni alla preparazione del Def e il Programma nazionale di riforma da approvare nel Consiglio dei ministri il prossimo 8 o 9 aprile, il taglio dell'Irpef sarà rispettato.
Il Ministro ha pochi giorni a disposizione, ma è ottimista: «Stiamo lavorando duramente per rispettare l'impegno all'aumento di 80 euro in busta paga da maggio, il tempo è breve, ma non c'è alcuna fibrillazione». Se ne deduce che il decreto sarà definito nei prossimi giorni e comunque in tempo per consentire ai datori di lavoro di calcolarne gli effetti a partire dalle buste paga di maggio, come promesso.
Gran parte del finanziamento dei 6,6 miliardi che serviranno alla manovra sull'Irpef verrà dalla spending review, ma Padoan non ha escluso un intervento sulle pensioni: «Come ha detto chiaramente il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, le pensioni non si toccano». Ma alla domanda circa la possibilità di un intervento sulle pensioni d'oro, il Ministro ha risposto che «Dobbiamo ancora discutere i dettagli».
Ma l'intervento non sarà immediato. «Nella prima fase della spending review», dicono fonti della Presidenza del Consiglio, «non ci sarà nessun intervento». Se ne potrebbe parlare nel 2015. Anche perché, si fa notare, un contributo di solidarietà già esiste. Lo ha introdotto il governo Letta e prevede un prelievo del 6% per le pensioni da circa 7 mila fino a 10 mila euro al mese, del 12% per quelle fino a 14.800 euro al mese e del 18% per quelle superiori a questa cifra.
Nei giorni scorsi è circolata l'ipotesi di un intervento sulle pensioni piu' alte che incida solo sul sistema di calcolo. «Sul tema delle pensioni d’oro», spiega il sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti, «non si può far finta di niente. In questa fase», aggiunge, «è impensabile non andare ad incidere su chi ha dei privilegi, e proprio per questo il meccanismo indicato dal governo Letta deve essere cambiato, perché è iniquo, produce poco gettito e probabilmente non reggerà all’esame della Corte Costituzionale».
Zanetti ha una sua proposta, depositata in Commissione lavoro alla Camera.
L’idea è di non tassare tutte le pensioni d’oro, ma solo quelle calcolate con il metodo retributivo, ossia senza tener conto dei contributi effettivamente versati. «Se una persona ha una pensione da 10 mila euro al mese ma questa è frutto del suo risparmio previdenziale, dei suoi contributi», dice Zanetti, «non vedo perché dobbiamo imporgli un contributo di solidarietà. Diverso -, prosegue,- è il caso di una pensione retributiva, solo in parte coperta dai contributi. Sulla parte non guadagnata», secondo il sottosegretario all’Economia, «può essere ipotizzato un prelievo».
La proposta Zanetti prevede che il «balzello» venga applicato solo sulla differenza tra la pensione che si sarebbe incassata con i contributi versati e la pensione effettiva. Se questa differenza è superiore a 10 mila euro, il contributo sarebbe del 10%; da 10 mila a 50 mila euro del 20%, da 50 mila a 100 mila del 30% e oltre i 100 mila euro il balzello salirebbe al 40%. Zanetti ha intenzione di portare avanti la sua proposta. Anche perché coerente con le indicazioni date dallo stesso Renzi.
Prepensionamenti e Staffetta generazionale, la proposta Madia incontra i primi ostacoli
«Va avviato un processo di riduzione non traumatica dei dirigenti e, piu' in generale, dei dipendenti vicini alla pensione, per favorire l'ingresso dei giovani. Se non si fa, non ci puo' essere il rinnovamento».
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Marianna Madia è pronta a dar vita al progetto per ringiovanire la Pubblica Amministrazione. I punti cardine sono: staffetta generazionale, sblocco del turn over, garanzie per i vincitori di concorso, punteggi aggiuntivi per i precari e prepensionamenti dei pubblici dipendenti.
E' quanto ha detto nel corso dell'audizione alla Camera, il ministro della Pubblica Amministrazione che ha precisato comunque di essere disponibile ad «un confronto innovativo di idee con le parti sociali». E soprattutto ha spiegato che non ci sono contrasti sul tema dei prepensionamenti con Stefania Giannini, Ministro dell'Istruzione: «Ho parlato con il ministro - ha detto - non c'e nessuna intenzione di mettere in contrapposizione giovani e anziani, tutt'altro. C'e la volontà di avere delle uscite non traumatiche di persone molto vicine alla pensione affinchè, in modo selettivo, entrino giovani».
L'Amministrazione, ha affermato Madia, «ha bisogno di cambiamento, di rinnovamento e di nuove competenze fresche». Per questo bisogna iniziare con la staffetta, che ha assicurato - non provocherà disastri: «Va avviato un processo di riduzione non traumatica dei dirigenti e, piu' in generale, dei dipendenti vicini alla pensione, per favorire l'ingresso dei giovani. Se non si fa, non ci puo' essere il rinnovamento» del comparto, «ma la sua agonia».
L'idea del ministro dunque sarebbe quella di programmare piu' uscite per ogni nuovo ingresso, citando come esempio un rapporto tra 3 uscite per ogni 1 assunzione, anche "se non so se sarà questa la proporzione" ha detto la Madia.
La «staffetta» oltre al rinnovamento «garantirebbe un risparmio complessivo per le Casse dello Stato, dato dalla differenza tra gli stipendi attualmente pagati e quelli dei neo assunti, al netto della spesa per le pensioni erogate in anticipo».
Altre risorse per finanziare il piano potrebbero arrivare da risparmi aggiuntivi sulla spesa per il settore, dagli stipendi dei dirigenti alla struttura delle partecipate. Ma l'Ispettore generale per la spesa sociale della Ragioneria, Francesco Massicci, in un'audizione davanti alla Commissione di vigilanza sugli enti previdenziali ha fermato gli entusiasmi della Madia: "l'operazione, sia pure indirettamente, avrebbe un costo. Se si manda via una figura diventata obsoleta, che non si deve rimpiazzare, il costo è neutrale, ha detto Massicci, "perché lo stipendio si trasforma in pensione. Ma la condizione viene meno se viene mandata via una figura che dev'essere sostituita".
Una riflessione che non preclude tuttavia un approfondimento del progetto Madia, anche perché c'è un gruppo di lavoro aperto sul dossier cui partecipano, oltre al ministero della Pa, quello del Lavoro, l'Inps e la stessa Ragioneria generale dello Stato. «Non faremo nulla senza di loro o contro di loro» ha detto il ministro precisando che l'ipotesi di un turn over «tre a uno è solo un esempio che ho fatto per far capire le persone».
Lo stipendio di un prete è di mille euro al mese. E va in pensione a 65 anni
La paga di un parroco è pari a mille euro netti al mese. Uno stipendio in linea con quanto porta a casa un operaio o un bracciante. Ma i preti non pagano vitto e alloggio.
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In media mille euro netti al mese. Lo stipendio fisso di un parroco, escluse le offerte per le messe. Praticamente quello che guadagna anche un operaio o un bracciante agricolo. Ma gli importi possono essere anche piu' bassi. A fine mese, un sacerdote italiano "prima nomina" trova in busta paga, al lordo delle imposte, 988,80 euro. Che salgono piano piano se riuscirà a far carriera per toccare i 1600-1800 euro lordi, che è lo "stipendio" di un vescovo di 65 anni, ai limiti della pensione. Il parroco, con 30 anni di sacerdozio alle spalle prende in media 1.063 euro netti al mese.
Sono queste le cifre del "minimo garantito" riconosciuto al clero italiano. Ma nulla impedisce che ciascun vescovo o sacerdote possa ricevere offerte o compensi per attività lavorative che superano tali cifre. A livello nazionale, l'Istituto centrale per il sostentamento del clero controlla che nessuno dei 35 mila sacerdoti diocesani italiani in servizio, più i 3 mila sacerdoti a riposo o malati, abbia un reddito inferiore a quelle cifre.
Il mensile dei sacerdoti e dei vescovi è basato su una specie di punteggio che grosso modo corrisponde all’anzianità. Ai parroci con maggiore esperienza viene erogato fino a 1200 euro, mentre per i vescovi fino a 3000 euro circa. Nel primo anno di ordinazione ogni sacerdote ha una remunerazione calcolata su 80 punti. Il valore del punto è determinato dalla CEI ogni anno: per il quarto anno consecutivo ogni punto vale 12,36€ (il totale del mensile lordo è quindi di 988,80). A tale punteggio si sommano altri punti a seconda dell’anzianità (due punti ogni cinque anni) e dell’ufficio (al Vescovo, per esempio, spettano al massimo 40 punti aggiuntivi). Somma coperta in parte dalle parrocchie, il restante è garantito dal sistema del Sostentamento del Clero, composto dalle offerte liberali, dagli Istituti diocesani per il Sostentamento del Clero e dai fondi dell’8 per mille.
Mensilmente l’Istituto centrale per il Sostentamento del Clero (ICSC) provvede a comunicare il calcolo del punteggio che determina la remunerazione lorda dovuta. Calcolate le remunerazioni del sacerdote e le decurtazioni per imposte e contributi pensionistici al Fondo Clero istituito presso l’INPS , l‘ICSC corrisponde lo stipendio netto direttamente sul conto di ogni sacerdote. Il sistema prevede un minimo (988,80 mensili lordi) e un tetto massimo (1.866,36 mensili lordi).
Chi percepisce uno stipendio di altra natura (per esempio dal ministero dell’Istruzione in quanto insegnante) percepisce dall’ICSC solo quella quota che gli manca per raggiungere il tetto stabilito dai punti accumulati. Se lo supera l’ICSC funge da sostituto di imposta, e il sacerdote dovrà quindi versare la relativa somma maturata.
Ad esempio un sacerdote con 15 anni di incarico, parroco di una parrocchia media (2.000 abitanti), può arrivare a prendere circa 140,00 euro dalla parrocchia e 800,00 euro dal sistema dell’ICSC. Mentre un sacerdote che percepisce 700,00 euro di stipendio di insegnante, avrà dall’ICSC la somma di 200,00 euro. Un sacerdote che prende uno stipendio di 1.300,00 € non recepirà nulla dal sistema, ma dovrà versare la somma maturata della tassazione e dei contributi pensionistici.
La pensione, invece, viene corrisposta grazie al fondo del Clero istituito all’Inps a partire dal 65 anno di età. Si tratta di cifre modeste che non si allontanano molto dalle cifre appena indicate.
Chi ha una pensione più che vantaggiosa (a carico dell'Italia) è, invece, l'Ordinario Militare. Al momento di lasciare l'incarico, a 65 anni, questo arcivescovo, per legge, viene equiparato ad un generale di corpo d'armata con il relativo vitalizio accordato ai militari di quel rango.
Quanto all'età pensionabile il "Il decreto “Salva Italia” del governo Monti (convertito nella legge n. 214/2011), che ha ampiamente messo mano al sistema pensionistico per i lavoratori comuni, non ha modificato il Fondo di previdenza per il Clero che quindi vede requisiti pensionistici diversi rispetto alla generalità dei lavoratori italiani. Nel fondo clero restano infatti sufficienti 65 anni per quei soggetti che possano far valere un'anzianità contributiva pari o superiore ai 40 anni.
Altro...
Lavoratori Usuranti, ecco i requisiti per l'accesso alla pensione nel 2014
Gli addetti alle mansioni usuranti possono uscire quest'anno con il perfezionamento di quota 97,3 a condizione di avere 61 anni e 3 mesi di età, ed almeno 35 anni di contributi.
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I lavoratori usurati hanno, ai sensi del Dlgs 67/2011, la possibilità di accedere al trattamento pensionistico con requisiti piu' favorevoli rispetto a quelli introdotti dalla Riforma Fornero del 2011. Questi lavoratori infatti oltre a poter fruire del pensionamento anticipato indicato dalla Riforma Fornero, anche se piu' favorevole, mantengono una disiplina specifica basata sul sistema delle quote come accadeva per tutti i lavoratori sino al 31/12/2011.
Gli interessati quest'anno possono infatti uscire con il perfezionamento di quota 97,3 con almeno 61 anni e 3 mesi di età e con 35 anni di contributi.
Piu' alti i requisiti, per i notturni con un numero di notti lavorate all'anno comprese tra 64 e 71 che conseguono il trattamento di quiescienza con quota 99,3 con 63 anni e 3 mesi di eta'; e i notturni con un numero di notti lavorate all'anno ricomprese tra 72 e 77 che devono raggiungere quota 98,3 e 62 anni e 3 mesi di età. In tutti i casi i lavoratori scontano tuttavia il periodo di finestra mobile pari a 12 mensilità come stabiliva la vecchia disciplina.
Vediamo dunque chi sono i potenziali beneficiari della disciplina. In primo luogo trovano spazio i lavori particolarmente usuranti indicati nell'articolo 2 del Dm 1999 nell'ambito delle attività individuate dal Dlgs 374/1993: Lavori in galleria, cava o miniera: Mansioni svolte in sotterraneo con carattere di prevalenza e continuità; lavori nelle cave: Mansioni svolte dagli addetti alle cave di materiale di pietra e ornamentale; lavori nelle gallerie: Mansioni svolte dagli addetti al fronte di avanzamento con carattere di prevalenza e continuità; Lavori in cassoni ad aria compressa; lLavori svolti dai palombari; lavorazione del vetro cavo: Mansioni dei soffiatori nell'industria del vetro cavo eseguito a mano e a soffio; lavori espletati in spazi ristretti, con carattere di prevalenza e continuità e in particolare delle attività di costruzione, riparazione e manutenzione navale, le mansioni svolte continuativamente all'interno di spazi ristretti, quali intercapedini, pozzetti, doppi fondi, di bordo o di grandi blocchi strutture; lavori di asportazione dell'amianto; lavori ad alte temperature: Mansioni che espongano ad alte temperature, quando non sia possibile adottare misure di prevenzione, quali a titolo esemplificativo, quelli degli addetti alle fonderie di seconda fusione, non comandata a distanza, dei refrattaristi, degli addetti a operazioni di colata manuale.
Per altre mansioni con esposizioni alle alte temperature, il decreto 17 aprile 2001 stabilisce che la documentazione presentata a corredo della domanda dovrà comprovare l'esistenza delle condizioni non inferiori a quelle previste dalla tabella, allegata al decreto stesso;
Lavori notturni - Rientrano nel beneficio i lavoratori definiti e ripartiti nelle seguenti categorie: lavoratori a turni che svolgono la loro attività nel periodo notturno per almeno 6 ore, per un numero minimo di giorni lavorativi all' anno non inferiore a 78 per coloro che maturano i requisiti al pensionarnento anticipato tra il luglio 2008 e il 30 giugno 2009 e non inferiore a 64 per quelli che raggiungono i requisiti per il predetto pensionamento anticipato dal 1° luglio 2009; lavoratori che prestano la loro attività per almeno tre ore nell'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino per periodi di lavoro di durata pari all'intero anno lavorativo.
Lavoratori dipendenti da imprese con voci di tariffa Inail - Si tratta di lavoratori alle dipendenze di imprese per le quali operano le voci di tariffa Inail per specifiche attività impegnati all'interno di un processo produttivo in serie: prodotti dolciari, macchine per cucire e macchine rimagliatrici per uso industriale e domestico, confezione di calzature in qualsiasi materiale, anche limitatamente a singole fasi del ciclo produttivo etc.
In proposito va notato, inoltre, che trovano applicazione i criteri per l'organizzazione del lavoro stabiliti dall'articolo 2100 del Codice civile (obbligatorietà del cottimo). La norma del Codice civile prevede che il prestatore di lavoro vada retribuito secondo il sistema del cottimo quando, in conseguenza dell'organizzazione del lavoro, è vincolato all'osservanza di un determinato ritmo produttivo oppure quando la valutazione della sua prestazione è fatta in base al risultato delle misurazioni dei tempi di lavorazione.
Il Dlgs 374/1993 stabilisce infatti, che i lavoratori interessati devono essere impegnati all'interno di un processo produttivo in serie, contraddistinto da un ritmo determinato da misurazione di tempi di produzione con mansioni organizzate in sequenze di postazioni, con svolgimento di attività caratterizzate dalla ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo su parti staccate di un prodotto finale e con spostamento a flusso continuo o a scatti con cadenze brevi, fissate dall'organizzazione del lavoro o dalla tecnologia, che si spostano a flusso continuo.
Vengono esclusi gli addetti a lavorazioni collaterali a linee di produzione, alla manutenzione, al rifornimento materiali, ad attività di regolazione o controllo computerizzato delle linee di produzione o al controllo di qualità.
Conducenti di veicoli - Inclusi tra gli usurati inoltre anche i conducenti di veicoli, di capienza complessiva non inferiore a 9 posti, adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo. La domanda va corredata, in particolare, dalla carta di qualificazione del conducente di cui all'articolo 18 del decreto legislativo 286/2005 e del certificato di idoneità alla guida.
False partite Iva, Poletti annuncia più controlli
Il Ministro del Lavoro annuncia che saranno intensificati i controlli contro il lavoro nero ed in particolare contro l'uso abusivo delle partite iva e collaborazioni a progetto
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Il ministro del lavoro, Giuliano Poletti, ha chiarito che saranno rafforzati i controlli sull'utilizzo improprio delle tipologie contrattuali c.d. flessibili e, in particolare, delle collaborazioni a progetto e delle partite Iva che possono mascherare rapporti subordinati.
Secondo il comunicato diffuso dal Dicastero di Via Veneto l'obiettivo è quello di superare le 19 mila posizioni lavorative già «riqualificate» nel 2013. La novità vuole spingere i datori a regolarizzare i rapporti che oggi, con l'approvazione del Dl Poletti, rendono più facile il ricorso al lavoro dipendente e mettono al riparo l'imprenditore dal rischio di contenziosi e garantiscono ai lavoratori tutele come nel contratto a tempo indeterminato.
Per Poletti "ll ricorso a contratti di collaborazione a progetto o a partite Iva è legittimo quando sia giustificato da ragioni oggettive legate alle esigenze produttive ed organizzative delle aziende che vi ricorrono; non lo è quando viene fatto per mascherare un rapporto di lavoro subordinato e per evitare possibili contenziosi, sfuggendo agli obblighi previdenziali ed assistenziali verso il lavoratore che viene così a trovarsi in condizioni di precarietà, con scarse tutele e pressoché inesistenti prospettive di stabilizzazione".
Il nuovo corso, specifica Poletti, è arrivato: le aziende non hanno più alibi. E questo perché secondo il decreto legge che porta il suo nome "mette al riparo l'imprenditore dal rischio di contenziosi e garantisce al lavoratore le stesse tutele del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato".
Poletti ribadisce l'importanza di continuare nella riqualificazione delle collaborazioni. Nel 2013 vi sono stati ottimi risultati con la "riqualificazione" di 19.000 posizioni lavorative attivate con contratti di collaborazione a progetto e partite IVA, delle quali 15.495 nel settore dei servizi, 1.629 in quello industriale, 1.099 nell'edilizia e 165 in agricoltura.
Pensioni, oltre il 40% dei pensionati riceve meno di mille euro al mese
Più di quattro italiani su dieci, tra quelli che hanno lasciato il mondo del lavoro, ricevono meno di mille euro al mese di pensione. Ma oltre 11mila pensionati ricevono trattamenti d'oro oltre i 5mila euro al mese.
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E' ufficiale. Oltre il 40% dei pensionati italiani ricevono meno di mille euro al mese di trattamento previdenziale. Ma ci sono oltre 11mila pensionati d'oro - lo 0,1% del totale complessivo - che portano a casa, grazie ad un trattamento calcolato con il sistema retributivo, più di 10mila euro al mese. I dati arrivano dall'Istat e fanno riferimento al 2012, primo anno dall'introduzione della Riforma Fornero che ha inasprito i requisti di accesso alla pensione.
Nel 2012, dunque, la spesa complessiva per prestazioni pensionistiche a carico dello Stato è stata pari a 270.720 milioni di euro, con un aumento dell'1,8% rispetto all'anno precedente, mentre la sua incidenza sul Pil è cresciuta di 0,45 punti percentuali (dal 16,83% del 2011 al 17,28% del 2012). L'importo medio annuo delle pensioni è pari a 11.482 euro, 253 euro in più rispetto al 2011 (+2,3%).
I pensionati in Italia sono 16,6 milioni, circa 75 mila in meno rispetto al 2011; in media ognuno di essi percepisce 16.314 euro all’anno (358 euro in più del 2011) tenuto conto che, in alcuni casi, uno stesso pensionato può contare anche su più di una pensione. Il 42,6% dei pensionati, quindi poco più di 7 milioni di persone, hanno un reddito da pensione sotto i 1.000 euro. Le donne rappresentano il 52,9% dei pensionati e percepiscono assegni di importo medio pari a 13.569 euro (contro i 19.395 degli uomini); oltre la metà delle donne (52,0%) riceve meno di mille euro al mese, a fronte di circa un terzo (32,2%) degli uomini.
Il 47,8% delle pensioni è erogato al Nord, il 20,5% nelle regioni del Centro e il restante 31,7% nel Mezzogiorno. Secondo i dati diffusi dall'Istat il 67,3% dei pensionati è titolare di una sola pensione, il 24,9% ne percepisce due e il 6,5% tre; il restante 1,3% è titolare di quattro o più pensioni. Una fetta che avvicina la metà del totale, cioè il 42,6% dei pensionati, percepisce un reddito da pensione inferiore a 1.000 euro al mese; il 38,7% tra 1.000 e 2.000 euro, il 13,2% tra 2.000 e 3.000 euro; il 4,2% tra 3.000 e 5.000 euro e il restante 1,3% percepisce un importo superiore a 5.000 euro.
La grande parte della spesa complessiva è assorbita dalle pensioni di vecchiaia, al 71,8% del totale; a seguire, quelle ai superstiti il 14,7%, quelle di invalidità il 4,0%; le pensioni assistenziali pesano per il 7,9% e le indennitarie per l'1,7%.
Calano tuttavia le persone che hanno iniziato a percepire una pensione. Nel 2012 i nuovi pensionati sono 626.408 con un calo del 14% rispetto al 2011, mentre ammontano a 701.101 le persone che nel 2012 hanno smesso di esserne percettori. Il reddito medio dei nuovi pensionati (14.068 euro) è inferiore a quello dei cessati (15.261) e a quello dei pensionati sopravviventi (16.403), che già nel 2011 percepivano almeno una pensione. Il 26,5% dei pensionati ha meno di 65 anni, il 50,0% ha un’età compresa tra 65 e 79 anni, il 23,5% ha più di 80.
Taglio Irap 2014, per Renzi la riduzione sarà graduale
L'Ipotesi del governo è di un taglio immediato del 5% per il 2014 e del 10% per il 2015. Padoan conferma che le misure saranno pronte entro Maggio.
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Sul versante delle imprese, Renzi ha annunciato una dimunizione del 10% dell'Irap per le aziende - sempre dal 10 maggio - che verrà finanziato con l'aumento della tassazione delle rendite finanziarie dal 20 al 26%, ad esclusione dei titoli di Stato, con un gettito previsto di 2,6 miliardi. "La tassazione sulle rendite finanziarie va in linea con gli altri Paesi europei, e con questo si abbassa il costo del lavoro", ha detto il premier. Questa misura è al di fuori del conteggio dei 10 miliardi di cuneo, "ma rientra in un riequilibrio delle imposte". Il ministro Guidi ha poi specificato che il taglio dell'Irap andrà a impattare per 1,4-1,5 miliardi sulla quota che pesa sulle spalle delle piccole e medie imprese.
Su questo fronte il governo punterebbe a un intervento in due tappe con un taglio immediato del 5% sull'imposta regionale che le imprese saranno chiamate a pagare quest'anno. E un taglio del 10% per l'Irap che verrà pagata nel 2015. Per quanto riguarda le addizionali regionali all'imposta sulle attività produttive, l'ipotesi dell'esecutivo è quella di lasciare ai Governatori la possibilità di elevare al massimo il prelievo dello 0,92%, così come è previsto attualmente.
I dettagli dell'intera operazione sulla riduzione delle tasse saranno tuttavia resi noti solo dopo la presentazione, prevista per l'inizio della prossima settimana, del Documento di economia e finanza. In quell'occasione saranno messe nero su bianco le risorse recuperate dalla spending review targata Cottarelli e sarà indicato anche l'effetto della manovra di riduzione del prelievo che potrebbe contribuire a centrare un obiettivo di crescita che il Governo sarebbe intenzionato a fissare nel Def tra 0,8 e 0,9 per cento.
Il taglio dell'Irpef potrebbe precedere di qualche settimana quello dell'Irap. Comunque sia, la riduzione del tributo regionale verrà coperta proprio dall'aumento delle rendite finanziarie dal 20 al 26% a partire dal 1° luglio.
Per quanto riguarda il taglio dell'Irpef ieri il ministro dell'Economia Padoan ha confermato che la misura sarà introdotta nei tempi indicati dal Premier. La novità, attesa per Maggio, prevede un guadagno di 1.000 euro netti in busta paga per chi ha una remunerazione di meno di 1.500 euro al mese: si tratta di circa 80 euro in più al mese.
I destinatari del provvedimento sono "una platea di 10 milioni di persone", cioè coloro che guadagnano fino a 25mila euro lordi. Tuttavia restano ancora sul tavolo diverse modalità d'intervento per il taglio dell'Irpef, che verranno definite nei provvedimenti attuativi dei prossimi giorni. L'orientamento dell'esecutivo è per un incremento delle detrazioni, ma resta aperta la porta a un mix che includa la rimodulazione delle aliquote.
Pensioni 2014, scatta l'ipotesi di un prelievo sopra i 10mila euro
Il viceministro all'Economia Enrico Morando non esclude una trattenuta sugli assegni per rimodulare gli equilibri tra il sistema contributivo e quello retributivo.
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Nessuna pace per i pensionati costantemente nel mirino dei tagli alla spesa pubblica. Dopo l'intervento del commissario straordinario alla spending review Carlo Cottarelli che aveva ipotizzato l'introduzione di un contributo temporaneo di solidarietà sui trattamenti più elevati, è arrivata la precisazione del vice ministro all'economia Enrico Morando che ha dato disponibilità ad intervenire sulle pensioni più elevate, superiori a 10 - 15 mila euro al mese, maturate però con il sistema retributivo.
L'obiettivo del governo è quello di cercare un riequilibrio tra il sistema retributivo previsto sino al 2011 e quello contributivo applicato per tutti i lavoratori dal 2012. È un'ipotesi sulla quale si può lavorare ha detto Morando.
L'intenzione è procedere al ricalcolo degli assegni pensionistici superiori a 10/15 mila euro o comunque al di sopra di un determinato importo, quelli sui quali lo squilibrio tra i contributi versati e il trattamento incassato è maggiore. La maggior parte delle pensioni d'oro infatti nasce con l'applicazione del metodo retributivo, un sistema generoso in base al quale il pensionato ottiene il trattamento di quiescenza basato sugli ultimi redditi percepiti nell'arco della sua vita lavorativa.
In altri termini i contributi in questo caso, coprono solo in parte la pensione erogata dall'Inps con punte di squilibrio che superano tranquillamente il 30 per cento sui trattamenti oltre i 3000 euro.
Sulla differenza tra la pensione calcolata in proporzione alle ultime retribuzioni e quella calcolata sulla base di contributi versati nel corso di tutta la vita lavorativa si potrebbe immaginare un contributo straordinario anche in misura superiore rispetto a quella del 5-10 per cento fissata nel 2012, abolita dalla Corte Costituzionale e poi reintrodotta dalla legge di stabilità 2014.
È una ipotesi del resto che peraltro è stata oggetto dell'audizione del direttore generale dell'Inps Mauro Nori, in Commissione Lavoro presso la Camera dei Deputati la scorsa settimana. Nori aveva tuttavia avvertito i membri della Commissione circa le difficoltà di un programma in tal senso. L'Inps infatti dispone delle posizioni contributive individuali partire dal 1974 solo per i dipendenti privati.
Il problema, secondo Nori, riguarda quindi i dipendenti statali (dove peraltro ci sono le pensioni più elevate come quelle di magistrati e degli alti gradi militari): sino al 1996 erano le pubbliche amministrazioni di competenza a pagare le pensioni e pertanto non esisteva un sistema unico per la gestione dei pagamenti pensionistici nel pubblico impiego.