
Notizie
I bancari richiedono gli aumenti contrattuali
Si avvicinano i tempi per la chiusura del rinnovo del contratto dei bancari. L'ABI punta a chiudere il contratto collettivo nazionale entro il 30 giugno, ma sono molte le questioni ancora aperte sollevate dai sindacati unitari.
Lando Maria Sileoni, da poco riconfermato alla guida della Fabi, chiede infatti che il nuovo contratto collettivo preveda risorse in favore dei lavoratori bancari che stanno affrontando anche loro forti difficoltà in un momento di cambiamento.
La Fabi chiede l'inserimento di una revisione del Fondo per l'occupazione in modo che se ci fossero dei residui a livello di solidarietà questi possano essere utilizzati per la riconversione professionale del personale. Le sigle unitarie del credito chiedono anche un rafforzamento delle garanzie contro l'eccessiva frammentazione dei contratti e il rischio di una deregulation del settore.
Importanti anche le richieste economiche. Le sigle sindacali chiedono un differenziale del 6,05 per cento sul 2012 che su retribuzioni di circa 37 mila euro comporterà un aumento di circa 170 euro dello stipendio medio dei bancari.
Per i sindacati, i banchieri dovranno puntare sulla riduzione delle consulenze e sul ridimensionamento dei compensi dei top manager da contenere entro il rapporto di 1 a 20.
Cassa in deroga. Poletti chiede un miliardo di euro al governo
Per il neoministro del Welfare, Giuliano Poletti, anche il 2014 sarà un anno di grande sofferenza sul fronte del lavoro. In audizione alla Camera, Poletti ha portato all'attenzione di nuovo il nodo del miliardo di euro che manca quest'anno per finanziare la cassa integrazione in deroga che, con le casse ordinaria e straordinaria in esaurimento, rischia di diventare un rifugio per i lavoratori che non hanno coperture.
Il titolare del Lavoro precisa che il miliardo mancante «è un dato meccanico che risulta se guardiamo alle risorse impegnate negli anni precedenti» ed «è la differenza tra ciò che abbiamo finanziato in passato e ciò che abbiamo in bilancio quest' anno».
La ferita si riapre dopo che l'Inps ha sottolineato l'exploit della cassa integrazione a febbraio: 83,3 milioni le ore complessivamente erogate. L'aumento su un anno è stato del 5,3%. Ed è tutto da imputare alla cassa straordinaria e in deroga salite rispettivamente del 16,9% e del 55,6%. Mentre le ore di cassa ordinaria si sono ridotte del 27,4%.
Tirreno Power, l'azienda chiede la cassa integrazione per oltre 100 dipendenti
Sono 102, su un totale di 260 dipendenti diretti, i lavoratori della centrale elettrica Tirreno Power di Vado Ligure (Savona) che saranno messi in cassa integrazione, in seguito al provvedimento di sequestro degli impianti a carbone imposto l'11 marzo scorso dall'Autorità Giudiziaria per un presunto coinvolgimento dell'azienda in disastro ambientale doloso.
Ieri la Tirreno Power, al termine di un incontro in prefettura a Savona con i sindacati, ha chiarito che chiederà la cassa integrazione ordinaria.
Controllata al 50% da Gdf Suez e partecipata da Sorgenia (39%), società che fa capo alla famiglia De Benedetti, da Hera (5,5%) e da Iren (5,5%), la società ha sottolineato in una nota che «sta seguendo tutte le strade nelle sue possibilità per riprendere la produzione, tra le quali anche una serie di interventi che potrebbero essere sottoposti al giudice in tempi ragionevolmente brevi, auspicabilmente all'interno di un quadro di costruttivo dialogo e consapevolezza delle difficoltà finanziarie della società».
Il blocco «protratto della produzione - aggiunge l'azienda - in un momento, come noto, estremamente delicato di rinegoziazione del debito da parte dell'azienda con gli istituti finanziari può compromettere la continuità industriale».
Start up, benefici limitati al 2015
Secondo quanto stabilito dal Decreto Interministeriale del 30 gennaio 2014 pubblicato lo scorso giovedì nella Gazzetta Ufficiale, gli aumenti di capitale delle startup innovative saranno detraibili dall'Irpef per una percentuale pari al 19-25 % oppure deducibili ai fini Ires per il 20-27 % solo fino al 2015.
Nel decreto quindi, a differenza di quanto stabilito nel decreto legge 76/2013 che aveva invece previsto l'estensione del beneficio per tutto il periodo 2013-2016 si riduce di un anno l'agevolazione. Verosimilmente si tratta di una svista che ha coinvolto i due ministeri che hanno adottato il provvedimento.
Nel decreto inoltre viene estesa l'agevolazione solo ai versamenti a titolo di sovraprezzo e non più quindi ai semplici versamenti a fondo perduto o in conto capitale.
Esodati: l'Inps è pronta a liquidare la 4° salvaguardia
"Dalla prossima settimana liquidiamo le pensioni della quarta salvaguardia".
Il direttore generale dell'Inps Nori, nel corso di una audizione parlamentare ha annunciato che al 24 marzo, l'Inps ha liquidato 38.716 pensioni su una platea di circa 142.000 lavoratori esodati, persone cioè che sono rimaste - per effetto dell'innalzamento dell'età pensionabile prevista dalla riforma Fornero - senza occupazione (avendo raggiunto un accordo con per lasciare prima) e senza i requisiti previdenziali.
Le operazioni di salvaguardia sono state finora quattro, ha spiegato Nori. Il primo decreto indicava una platea di 65.000 persone; 62.473 i soggetti certificati e 33.344 le pensioni liquidate."La prima salvaguardia è sostanzialmente conclusa. Il residuo, per effetto delle norme, viene riutilizzato in successive salvaguardie", ha spiegato il dg dell'Inps.
Il secondo decreto indicava una platea di 55.000 persone - tra fondi di solidarietà, lavoratori cessati, contributori volontari e mobilità - di cui attualmente sono 14.945 i soggetti certificati e 2.566 già pensionati. "Molti dei lavoratori della platea, 40.000, sono stati inseriti per mobilità ma di questi, i certificati sono solo 5.494", ha precisato Nori.
Il terzo decreto prevedeva una platea di 10.130 più 6.000 esodati; di questi 6.201 sono certificati e 2.806 pensionati. Infine il quarto provvedimento indicava 6.500 esodati da tutelare prevalentemente tra lavoratori che versano contributi volontari.
Il direttore delle pensioni Inps, Gabriele Uselli, ha detto che "dalla prossima settimana liquidiamo le pensioni della quarta salvaguardia. Per il momento ci sono 182 certificazioni. Se hanno decorrenza dal 2014 le liquidiamo".
Altro...
Dirigenti Pa, tetto onnicomprensivo dei compensi a 311mila euro
Nel tetto dei 311 mila euro annui saranno ricompresi tutti i compensi economici a qualsiasi titolo conseguiti dalle Pubbliche Amministrazioni.
Retribuzioni, indennità, pensioni e compensi erogati dalle Pubbliche Amministrazioni non potranno superare i 311mila euro lordi annui. Il tetto di tutti gli stipendi e i compensi erogati dalla pubblica amministrazione sarà assoluto: nessun dipendente pubblico potrà guadagnare dalle Pubbliche Amministrazioni più di 311 mila euro lordi annui, cioè lo "stipendio" attuale del primo presidente della Corte di Cassazione.
E' quanto ha ribadito il nuovo ministro per la Pubblica amministrazione, Marianna Madia, ieri nel corso di un convegno organizzato dalla Eief. «Il tetto per gli stipendi dei manager», ha detto, «è già tarato su quello del primo presidente della Corte di Cassazione: ma io ho firmato una circolare dove si esplicita che in questo tetto debbano essere compresi anche tutti i trattamenti, compresi quelli pensionistici».
In pratica la circolare Madia ha stabilito che il tetto agli stipendi e agli emolumenti dei dirigenti pubblici, in vigore dal 2012 con Monti, diventa un limite invalicabile ed onnicomprensivo in cui vengono considerate pensioni, vitalizi, indennità accessorie, collaborazioni occasionali e consulenze a carico delle Pa. La Madia vuole affrontare una questione molto avvertita dall'opinione pubblica: quella di non consentire piu' a dirigenti in pensione, chiamati a collaborare per lo Stato, di cumulare l'assegno previdenziale con un importante compenso, oppure quella di cumulare lo stipendio tabellare con altre collaborazioni con vari ministeri ed enti o consulenze pagate dalle Pa. Ora tutto questo non potrà succedere.
La circolare Madia specifica che ai limiti di remunerazione sono soggetti i dirigenti centrali e regionali, i membri dei consigli di amministrazione degli enti, delle autorità di vigilanza e di controllo. Nessuno potrà sforare il limite dei 311 mila euro, almeno fino a quando non sarà introdotto il nuovo limite, annunciato dal premier Renzi, che ha indicato che il tetto sarà ancorato alla remunerazione del presidente della Repubblica, ovvero 248 mila euro lordi all'anno. La Madia ha anche annunciato che dopo la circolare sui dirigenti, si sta lavorando anche ad una misura sui manager delle società e delle aziende controllate dallo Stato: per il Ministro la «proposta» del governo è in dirittura d'arrivo.
Contratti a termine, Poletti: possibile dare più forza ai contratti aziendali
Il decreti Poletti consente il ritocco al limite del 20% dei rapporti a termine solo alla contrattazione nazionale.
Il ministro nei giorni scorsi ha aperto alla possibilità di estendere l'efficacia della deroga anche agli accordi aziendali. Il decreto lavoro (dl 34/2014) che arriva oggi in Commissione Lavoro alla Camera consente il superamento del limite del 20% di contratti a termine che ciascun datore di lavoro può stipulare rispetto al proprio organico complessivo solo attraverso la contrattazione nazionale, escludendo di fatto la contrattazione aziendale.
Viene quindi esclusa la contrattazione di secondo livello, quella aziendale che si svolge dentro l'impresa. Poletti nei giorni scorsi ha parlato della possibilità di dare maggiore forza ai contratti aziendali in quanto è solo nella dimensione aziendale che si possono conoscere al meglio le reali esigenze dell'impresa.
E' possibile quindi che un emendamento che conceda l'efficacia ai contratti aziendali sia sostenuto dal governo. Il ministro Poletti, si è detto infatti disponibile a dialogare con le Camere per qualche aggiustamento ma ha assicurato che il decreto non sarà stravolto: «Ci opporremo con tutte le forze. Siamo convinti della bontà delle decisioni prese».
Taglio Irpef, allo studio l'ipotesi di estendere il bonus agli incapienti
Al ministero dell'Economia si procede in questi giorni nella preparazione del Def, il Documento di economia e finanza, che deve essere presentato entro il 10 aprile e che conterrà la cornice finanziaria del taglio delle tasse per i lavoratori dipendenti.
Si tratta dei famosi 80 euro in più al mese per chi guadagna 1.500 euro netti promessi dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi nelle scorse settimane. Il sottosegretario all'Economia, Giovanni Legmini, ieri ha aperto alla possibilità che lo sgravio sia esteso anche agli incapienti, cioè a chi ha un reddito annuo inferiore a 8 mila euro lordi. «Sono in corso elaborazioni, bisogna decidere», ha detto in tv a Sky Tg24. Il problema è complesso da risolvere dato che mentre sopra 8 mila euro lo sconto può finire in busta paga con un aumento delle detrazioni da lavoro dipendente (fino a 25 mila euro lordi) il gioco non vale sotto gli 8 mila.
Sotto tale soglia non operano infatti le detrazioni e quindi il governo sta studiando se erogare una somma attraverso l'Inps, per esempio, riducendo i contributi previdenziali. I pensionati, ha detto ieri il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, dovrebbero comunque restare fuori dal taglio delle tasse altrimenti i benefici non sarebbero evidenti per nessuno.
I pensionati italiani hanno già pagato
Gli assegni da 1.500 euro sono stati bloccati per un periodo di due anni dal 2011 al 2013. E il contributo di solidarietà già esiste sulle pensioni d'oro.
Quando occorre reperire le risorse le pensioni sono sempre in prima linea, una specie di bancomat per il governo. L'ultimo che ancora una volta prospetta questa eventualità, è il commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, che ha proposto a Renzi di inserire «un contributo temporaneo di solidarietà sui trattamenti più elevati a beneficio della fiscalizzazione degli oneri per i lavoratori neoassunti».
Anche se per ora l'intervento non sarà attuato, come ha detto Renzi, rivediamo un attimo gli ultimi anni di sacrifici chiesti ai pensionati. L'ultimo intervento, in ordine di tempo, è quello della riforma Monti del 2011, che consentirà di risparmiare qualcosa come 93 miliardi di euro. Cifre significative che produrranno i propri effetti nei prossimi anni, non nell'immediato. E prima c'è stata la riforma Amato, Dini, Maroni, Prodi.
Sulle riforme previdenziali l'Italia ha basato intere manovre fiscali e finanziarie per rispettare i vincoli europei. Bisogna ricordare sempre che dal 1992 tutte le rendite pensionistiche sono agganciate solo all'inflazione e non piu' agli aumenti contrattuali dei lavoratori in attività, aumenti che venivano stipulati attraverso gli accordi sindacali.
Dunque il potere d'acquisto dei trattamenti Inps si è ridotto e gli effetti cominciano oggi a farsi sentire nelle tasche dei pensionati. Poi bisogna ricordare che in questi ultimi anni le pensioni hanno perso per strada altro potere d'acquisto: tutti i trattamenti oltre i 1.500 euro sono stati congelati dal 2011 dal governo Monti e per ben due anni non sono state adeguate all'inflazione. Il blocco di due anni, però, comporta una perdita che si ripercuote per decenni e sterilizza gli effetti moltiplicativi degli adeguamenti. Senza contare che adesso si sta parlando di nuovo di un prelievo sulle «pensioni d'oro».
Si tratterà di un contributo temporaneo. Il governo dovrebbe tuttavia ricordarsi che una misura del genere già è in vigore ed è scattata il 1° gennaio 2014 e prevede un prelievo del 6% per le pensioni da 6.936,02 euro fino a 9.908,60, del 12% per le pensioni comprese tra i 9.908,60 e i 14.862,90 euro e del 18% per le pensioni oltre tale ultima soglia.
Dunque della proposta di Cottarelli, a meno che non voglia estendere il prelievo a chi incassa un assegno di poco superiore ai 2 mila euro lordi, si spera rimanga tale. Anche perchè la Consulta potrebbe nuovamente dichiarare incostituzionale il contributo di solidarietà appena introdotto (come del resto ha fatto con quello previsto dal Dl 98/2011). Insomma la strada indicata da Cottarelli potrebbe non essere praticabile.
Pensioni, Unificate le procedure di pagamento inps
Dal prossimo mese maggio le modalità di pagamento delle pensioni dei lavoratori pubblici, dello spettacolo e degli sportivi professionisti appartenenti all'Inpdap e all'Enpals verranno unificate alle modalità generali previste dell'Inps.
E' quanto ha stabilito il messaggio 3506 diffuso dall'Inps, che ha provveduto a verificare la compatibilità tra le diverse forme di pagamento e a recuperare dai pensionati gli eventuali dati mancanti o discordanti relativi a nome e cognome del beneficiario e dell'eventuale tutore o rappresentante legale, codice fiscale, data di nascita, coordinate di pagamento. Nelle scorse settimane gli interessati hanno ricevuto una lettera con cui venivano invitati a fornire i dati mancanti all'Inps.
L'Inps conferma che le pensioni continueranno a essere disponibili con valuta del giorno 10 di ogni mese per gli iscritti alle gestioni dello spettacolo e degli sportivi professionisti e il giorno 16 per le gestioni dei lavoratori pubblici. Le modalità di pagamento saranno sempre le stesse: accredito su conto corrente o libretto postale; in contanti per importi netti inferiori a 1.000 euro e, per le sole pensioni Inpdap, su carta ricaricabile o circolarità postale.