Bernardo Diaz

Bernardo Diaz

Bernardo Diaz, dottore commercialista collabora con PensioniOggi.it dal novembre del 2015.  

Con la dichiarazione di incostituzionalità del Dlgs 23/2011 tornano ad essere validi i contratti in origine stipulati tra conduttore e locatore e non registrati.

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Con il decreto legislativo 23 del 2011 era stata introdotta una disciplina che puniva il locatore che non avesse registrato il contratto di locazione: la norma prevedeva che il conduttore, decorsi inutilmente trenta giorni successivi alla stipula di un contratto di locazione, poteva denunciare l'omessa registrazione conseguendo il vantaggio di ottenere per una durata quadriennale il pagamento di un canone annuo quantificato in misura pari a tre volte la rendita catastale, oltre all' adeguamento ISTAT.

Con la sentenza della Corte Costituzionale 50/2014 che ha abrogato le norme del decreto legislativo 23/2011 viene pertanto meno la possibilità per i conduttori di punire i locatori che non abbiano provveduto a registrare in tutto o in parte il contratto di locazione. La decisione tuttavia crea situazioni molto intricate che dovranno essere al più presto regolate attraverso un nuovo intervento legislativo.

I rischi fatti per il conduttore sono molteplici. Prima di tutto c'è il fatto che la decisione della Corte Costituzionale retroagisce al momento dell'entrata in vigore del decreto legislativo 23/2011; ciò comporta che il conduttore potrà vedersi costretto a pagare tutte le somme che prima aveva risparmiato rispetto a quanto era stato contrattualmente pattuito con il locatore.

Secondo Bruno Carli del CAF ACLI la posizione dell inquilino diviene infatti particolarmente precaria e rimessa alla volontà del locatore. Se infatti tra le parti c'è un contratto scritto non registrato l'inquilino potrà essere chiamato a pagare la differenza tra quanto pagato con la norma del decreto legislativo 23/2011 e quanto era originariamente dovuto al locatore. Altrimenti l'interessato rischia una intimazione di sfratto per morosità o la risoluzione del contratto. 

Ancora più complicato invece il procedimento laddove sia stata avviata un'azione in giudizio da parte del proprietario.

Ma in molti casi potrebbe già essere in corso una causa tra le parti. Il proprietario infatti, a fronte dell'autoriduzione del canone da parte del conduttore potrebbe aver chiesto il rilascio dell'immobile in via giudiziale, salvo poi vedersi arrestata la propria azione in quanto la riduzione del canone effettuata dall'inquilino era apparsa legittima alla luce proprio della norma cassata dalla Consulta. Ora invece con la pronuncia della Corte Costituzionale il proprietario può ottenere la risoluzione del contratto per inadempimento a parte la possibilità di concedere un termine all'inquilino per sanare la sopravvenuta morosità delle somme non riscosse.

Le imprese che smaltiscono in proprio una parte dei loro rifiuti dovranno pagare la Tari. I Comuni potranno individuare agevolazioni proporzionali alla quota di rifiuti smaltiti autonomamente. 

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La partita sull'introduzione della Tari, il nuovo tributo sui rifiuti, vede il ritorno del tributo senza esenzioni sulle imprese. Come si ricorderà negli ultimi mesi la discussione è stata tutta incentrata sulla possibilità di esenzione dal tributo per le imprese e agli operatori commerciali che smaltiscono una parte dei loro rifiuti, quelli speciali assimilati agli urbani, senza fruire dei servizi locali di igiene urbana. 

Nella legge 147/2013 veniva prevista contemporaneamente l'esenzione e la possibilità di sconti da parte dei Comuni, una regola contraddittoria che il governo, nel decreto Salva Roma ter, il dl 16/2014, aveva risolto nel senso di esentare dal pagamento del tributo le imprese che smaltivano in proprio i rifiuti speciali assimilati.

Ora invece con gli emendamenti approvati alla legge di conversione del decreto Salva Roma ter questi rifiuti tornano nuovamente soggetti alla Tari. Con la precisazione tuttavia che i Comuni potranno individuare agevolazioni proporzionali alla quota di rifiuti smaltiti autonomamente. Nel regolamento i Comuni potranno individuare anche le aree di produzione di rifiuti speciali non assimilabili e i magazzini anche se caratterizzati dal divieto di assimilazione.

Gli emendamenti approvati dalla Camera garantiscono inoltre maggiore flessibilità ai Comuni nella determinazione dei parametri con cui calcolare la Tari per le diverse tipologie di contribuente. Per la quota fissa delle utenze domestiche si potranno evitare i parametri standard, mentre in generale sarà possibile discostarsi anche del 50% dai parametri del metodo normalizzato.

Agevolazioni sociali - Oltre a sconti tipizzati in base agli occupanti degli immobili (come ad esempio quelle abitate da una sola persona, oppure quelle a utilizzo stagionale) i Comuni possono introdurre agevolazioni ulteriori, con finalità sociale. Questi sconti ulteriori potevano essere finanziati con risorse di bilancio per una quota non superiore al 7% del costo totale del servizio. Nella versione approvata dalle commissioni di Montecitorio questo vincolo è stato però cancellato.

Base imponibile - La base imponibile della Tari, come accadeva per le vecchie tasse rifiuti, rimane quella dichiarata dal contribuente. L'applicazione del tributo sulla superficie catastale sarà avviata solo a partire dall'anno successivo a quello in cui sarà avviato davvero l'interscambio di informazioni fra l'agenzia delle Entrate (che ha incorporato l'agenzia del Territorio) e i Comuni.

A marzo il coefficiente per rivalutare le quote di Trattamento di fine rapporto (Tfr) accantonate al 31 dicembre 2013 è pari a 0,445028.  L'indice dei prezzi al consumo calcolato dall'Istituto nazionale di statistica, con esclusione del prezzo dei tabacchi lavorati, è al valore di 107,2.

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L'articolo 2120 del Codice civile stabilisce che alla fine di ogni anno la quota di Tfr accantonata va rivalutata attraverso il coefficiente di rivalutazione del Tfr. Per farlo si parte dall'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati diffuso ogni mese dall'Istat, quello "senza tabacchi lavorati". In particolare, si calcola la differenza in percentuale tra il mese di dicembre dell'anno precedente, e il mese in cui si effettua la rivalutazione. Poi si calcola il 75% della differenza a cui si aggiunge, mensilmente, un tasso fisso di 0,125 (che su base annua è di 1,500). La somma tra il 75% e il tasso fisso è il coefficiente di rivalutazione per il calcolo del Tfr.

L'indice Istat per marzo è 107,2. A partire dai dati di gennaio 2011 la base di riferimento dell'indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati è il 2010.La differenza in percentuale rispetto a dicembre 2013, su cui si calcola il 75%, è 0,093371. Pertanto il 75% è 0,070028. A marzo il tasso fisso è pari a 0,375. Sommando quindi il 75% (0,070028) e il tasso fisso (0,375), si ottiene il coefficiente di rivalutazione 0,445028.

In caso di corresponsione di una anticipazione del Tfr, il tasso di rivalutazione si applica sull'intero importo accantonato fino al periodo di paga in cui l'erogazione viene effettuata.

Il Dl 16/2014 consente ai sindaci di aumentare complessivamente, per il 2014, la Tasi e il tetto massimo del prelievo dello 0,8 per mille.

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Con l'approvazione in prima lettura del disegno di legge di conversione del Dl 16/2014 è stato precisato, con riguardo alla TASI, che, nei Comuni che non riusciranno a fissare le aliquote entro il 23 maggio e a pubblicare le delibere entro il 31 maggio sul portale del federalismo fiscale, l'intero pagamento per l'abitazione principale è rinviato al 16 dicembre. Per gli altri immobili, invece, quando il Comune "non abbia deliberato entro il 31 maggio", si dovrà versare entro il 16 giugno l'acconto pari al 50% della TASI calcolata con aliquota standard dell'1 per mille.

La legge di stabilità per il 2014 prevedeva che la somma di Imu e Tasi non potesse superare il 10,6 per mille. Entro questo tetto, poi, l'aliquota della Tasi non deve superare il 2,5 per mille. Il Dl 16/2014 sulla finanza locale, in corso di conversione, permette ai sindaci di aumentare complessivamente, per il 2014, la Tasi e il tetto massimo del prelievo dello 0,8 per mille, a condizione che il gettito derivante dall'incremento d'aliquota venga utilizzato per finanziare detrazioni d'imposta e altre agevolazioni sulle prime case. Nei Comuni che sfruttano questa possibilità l'aliquota massima della Tasi sulle case locate può raggiungere il 3,3 per mille e la somma di Imu e Tasi può arrivare al livello massimo di 11,4 per mille.

Gli effetti per gli inquilini - Per gli inquilini gli effetti delle nuove norme determineranno che l'Imu sarà a carico del solo proprietario dell'immobile mentre la Tasi (tributo per i servizi indivisibili) dovrà essere posto a carico di proprietario e inquilino. 

I Comuni però potranno differenziare il livello dell'imposta a seconda dei contratti, per esempio, applicando una aliquota più favorevole su quelli a canone concordato. Per le abitazioni locate, una percentuale della sola Tasi oscillante tra il 10% e il 30% deve essere pagata dall'inquilino. L'inquilino paga la sua parte solo, naturalmente, per la durata del contratto; se non supera i sei mesi la Tasi è tutta a carico del proprietario.

Il comune potrà comunque decidere l'effettiva percentuale dell'imposta da chiedere agli inquilini.  La base imponibile, cioè l'importo sul quale si applica l'aliquota per il calcolo dell'imposta, è la stessa dell'Imu: la rendita catastale dell'immobile deve essere rivalutata del 5%; la cifra che risulta va, poi, moltiplicata per 160. Su tale valore è possibile quindi applicare le aliquote per determinare l'imposta.

Le rate della Tasi del 2014 -  I Comuni devono consentire il pagamento dell'imposta in almeno due rate a scadenza semestrale il 16 Giugno ed il 16 Dicembre. Chi vuole può pagare tutto in un'unica rata, entro il 16 giugno.

Secondo lo studio della Cgia di Mestre, tra Imu-Tasi al 2 per mille e Tari, gli italiani pagheranno 32,5 miliardi; il peso complessivo delle Tasse, delle Imposte e dei Tributi rischia di superare i 53,7 miliardi di euro.

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Nuova stangata sulle case: rispetto all'anno scorso, nel 2014 i proprietari di immobili " secondo l'associazione degli artigiani di Mestre " dovrebbero pagare 4,6 miliardi di euro in più.Tra Imu-Tasi al 2 per mille e Tari, gli italiani pagheranno 32,5 miliardi.

Tra case, negozi e capannoni il carico fiscale ha ormai raggiunto un livello record. Per la Cgia  il peso complessivo delle tasse, delle imposte e dei tributi rischia di superare i 53,7 miliardi di euro.

La soglia potrebbe essere raggiunta nel caso in cui l'aliquota media della Tasi sulle prime case si attesti al 2 per mille. "Un tempo, l'acquisto di una abitazione o di un altro tipo di immobile  (osserva il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi)  costituiva un investimento. Ora chi possiede una casa o un capannone sta vivendo un incubo.Tra Imu - Tasi e Tari gli immobili sono sottoposti ad un peso fiscale insopportabile".

Se in questi ultimi 7 anni il prelievo legato alla redditività degli immobili è aumentato di poco (+1%), quello riferito ai trasferimenti di proprietà è sceso del 23%, a seguito della forte crisi che il mercato immobiliare ha subito in questi ultimi anni.

Solo il gettito riconducibile al possesso dell'immobile ha subito un vera e propria impennata; se ipotizziamo che nel 2014 l'aliquota media Tasi sull'abitazione principale si attesti al 2 per mille, dal 2007 ad oggi il prelievo è destinato a crescere dell'88%. "I 32,5 miliardi di euro che pagheranno gli italiani - conclude Bortolussi - incide sul prelievo totale per il 60%. Tenendo conto di tutto il sistema fiscale che grava sul mattone, nel 2014 i proprietari di immobili dovrebbero pagare 4,6 miliardi in più rispetto al 2013.

Una buona parte di questo aumento va attribuito all'introduzione della Tasi che appesantirà il prelievo fiscale soprattutto sui proprietari di seconde e terze case e su quelli che possiedono un immobile ad uso produttivo".

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