Notizie

Notizie

Il credito d'imposta sarà riconosciuto fino a un massimo annuo di 5 milioni di euro per ciascun beneficiario, a condizione che siano sostenute spese per attività di ricerca e sviluppo pari ad almeno 30.000 euro.

Kamsin Nella legge di stabilità discussa la settimana scorsa nel Consiglio dei Ministri entra anche il pacchetto degli sconti sulla ricerca. Il bonus d'imposta per gli incrementi di investimenti in ricerca effettuati dalle aziende sarà del 25% (livello standard) e, qualora si tratti di spese per l'impiego di personale altamente qualificato o si attivino contratti di R&S con enti di ricerca ed università, il bonus passa al 50%.

Secondo quanto previsto dall'articolo 7 del disegno di legge (ancora in bozza) ne potranno fruire tutte le imprese, senza alcun vincolo di fatturato, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico, e dal regime contabile adottato. Sparisce quindi il vincolo, attualmente previsto con la legge 145/2013, che riserva il bonus alle sole aziende con fatturato annuo inferiore a 500 mila euro.

Nello specifico la norma proposta dal governo riconoscerà un credito d'imposta per il 25% degli incrementi annuali di spesa nel settore Ricerca e Sviluppo, registrati in ciascuno dei periodi d'imposta di applicazione dell'incentivo, rispetto alla media realizzata nel triennio antecedente al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2015. Il bonus potrà riguardare gli investimenti effettuati sino all'esercizio contabile che si chiude al 31 dicembre 2019.

Per accedere all'incentivo le imprese dovranno realizzare un investimento minimo annuale in attività di R&S pari ad almeno 30mila euro. Il massimo credito d'imposta conseguibile da ciascun beneficiario sarà pari a 5 milioni di euro annui. 

Le spese ammissibili sono: a) personale altamente qualificato impiegato in attività di ricerca e sviluppo (come ad esempio dottori di ricerca con laurea magistrale in discipline tecniche);  b) quote di ammortamento delle spese di acquisto o utilizzo per strumenti e attrezzature di laboratorio, in relazione alla misure al periodo di utilizzo per l'attività di ricerca e sviluppo e con costo unitario non inferiore a 2mila euro; c) contratti di ricerca stipulati con università e organismi di ricerca; d) spese per competenze tecniche e privative industriali specifiche. Per le voci a) e c), indica la norma, il bonus è riconosciuto nella misura del 50 per cento delle spese medesime.

La vigilanza sul corretto utilizzo dell'incentivo fiscale sarà a carico dell'Agenzia delle Entrate. Le spese di ricerca dovranno essere rendicontate e supportate da idonea documentazione contabile certificata dal soggetto incaricato alla revisione legale o dal collegio sindacale o da un professionista iscritto nel registro della revisione legale dei conti. La certificazione di tali spese dovrà essere allegata al bilancio sociale.

Zedde

La Camera dei Deputati adotta una risoluzione congiunta per estendere i benefici previdenziali previsti dal Dlgs 67/2011 in favore dei lavoratori addetti alle mansioni usuranti.

Kamsin Il Governo dovrà verificare se vi siano le condizioni per una estensione dei benefici previdenziali in materia di lavori usuranti, come previsti dal Dlgs 67/2011, ad altri lavoratori impegnati in mansioni particolarmente usuranti o addetti a lavorazioni particolarmente faticose e pesanti. E' quanto si legge nella testo della risoluzione congiunta - promossa da Damiano (Pd), Tripiedi (M5S) - elaborata la scorsa settimana dalla Commissione Lavoro della Camera dei deputati.

Il documento, che sarà discusso nelle prossime settimane, intende chiedere un impegno formale del Governo al fine di effettuare una verifica delle risorse impiegate per concedere l'anticipo dell'età pensionabile - previsto in favore dei lavoratori addetti alle mansioni usuranti (che com'è noto possono accedere alla pensione con il sistema delle quote con un minimo di 61 anni di età e 35 anni di contributi) - nei confronti di altre tipologie di lavoratori, come ad esempio i lavoratori addetti ad attività manuali nel settore dell'edilizia.

La richiesta parte dalla constatazione che i fondi stanziati dal Dlgs 67/2011 sono stati ampiamente "sottoutilizzati" rispetto alle previsioni. Infatti nell'anno 2011 risultavano presentate 11.124 domande di pensionamento, di cui solo 3.089 accolte e 8.035 respinte per carenza dei requisiti di legge; le domande accolte relativamente all'anno 2012 sono state circa 3.500, con un onere di circa 72 milioni di euro, mentre per il 2013 le domande accolte sono state circa 1.600, con un onere di circa 79 milioni di euro. Pertanto, - si legge nel documento - si sono registrati risparmi di spesa pari a circa 278 milioni di euro per l'anno 2012 e circa 304 milioni di euro per l'anno 2013.

Il testo della risoluzione intende impegnare il Governo: "- a effettuare una ricognizione del numero dei lavoratori che in ciascun anno hanno avuto accesso al pensionamento sulla base dei requisiti previsti dal decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67, e successive modificazioni, verificando la spesa sostenuta annualmente per tali pensionamenti;
- a verificare, anche alla luce di tale ricognizione, la congruità dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 7 del citato decreto legislativo n. 67 del 2011, fornendo altresì indicazioni circa il possibile andamento della spesa per l'attuazione del medesimo provvedimento nei prossimi anni; ad informare le Camere degli esiti delle predette ricognizioni;
- ad adottare ogni utile iniziativa di carattere amministrativo o normativo per assicurare l'effettiva destinazione alle finalità di cui al decreto legislativo n. 67 del 2011 delle somme stanziate e non ancora impiegate, nonché a valutare ogni opportuna iniziativa di modifica alla normativa vigente per garantire l'integrale utilizzo delle somme dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 7 del medesimo decreto legislativo, verificando in particolare se vi siano le condizioni per una estensione dei benefici anche ad altri lavoratori impegnati in mansioni particolarmente usuranti o addetti a lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, quali, in particolare, i lavoratori addetti ad attività manuali nei settori dell'edilizia ed affini".

Zedde

L'Inca Cgil esprime preoccupazione per una possibile riduzione dei fondi agli operatori dei patronati. "Un taglio strutturale di risorse al fondo patronati, di oltre il 30%, va ben oltre ogni previsione negativa. E' gravissimo, inaccettabile e immotivato". Kamsin E' quanto ricorda Morena Piccinini, presidente dell'Inca-Cgil. "Se venisse confermato il testo della legge di stabilita' - dice - per i patronati si tratta di una stangata che pregiudichera' l'attivita' di assistenza e di tutela che questi istituti offrono in forma gratuita a milioni di cittadini e cittadine ogni anno, cosi' come prevede la legge 152 del 2001.

"Una scelta scellerata - ricorda la sindacalista - che mal si concilia con le dichiarate intenzioni del Governo di mettere a punto una manovra finanziaria espansiva per favorire la ripresa occupazionale e lo sviluppo economico, mostrando particolare attenzione alle famiglie piu' bisognose. Il Governo ignora quanto il lavoro dei patronati incida positivamente sulla pubblica amministrazione che lui stesso intende riformare, tagliando gli sprechi".

Zedde

I Comitati degli Esodati chiedono una ulteriore modifica della normativa che estenda sino al 2018 i termini per maturare il diritto alla pensione per entrare nella salvaguardia.

Kamsin La Rete dei Comitati degli Esodati chiede alle forze politiche e al Governo l'inserimento di una nuova misura in materia di deroghe alla Riforma Fornero del 2011 in occasione dell'inizio della discussione in Parlamento della legge di stabilità per il 2015. La modifica - si legge in un comunicato della Rete - deve andare nel senso di riconoscere l'estensione delle tutele per tutti coloro che, quando la manovra del 2011 è stata varata, erano già privi di occupazione  (perché esodati, contributori volontari, mobilitati, licenziati, ecc.) o avevano sottoscritto accordi che li avrebbero resi tali e si trovavano nella condizione anagrafica e contributiva per conseguire il pensionamento in un tempo ragionevole quale è il periodo 2012-2018.

La Rete chiede che la salvaguardia sia garantita a tutti coloro che abbiano i seguenti 2 semplici requisiti (evitando qualsiasi “paletto” restrittivo e lotteria): 1. Non essere più occupati al 31.12.2011 per avvenuta risoluzione contrattuale a qualsiasi titolo, oppure avere entro quella data sottoscritto accordi collettivi o individuali che come esito finale prevedano il futuro licenziamento. 2. Maturare il requisito pensionistico con le previgenti norme entro il 31.12.2018.

La scorsa settimana la Commissione Lavoro della Camera dei Deputati ha svolto un atto di sindacato ispettivo per conoscere l'esatto numero dei lavoratori che potrebbero essere interessati ad una simile estensione.

guidaesodati
Zedde

Una norma annidata nella bozza della legge di stabilità prevede un aumento, non ancora definito, dell'Iva e delle accise sui carburanti. L'intervento sostituisce la clausola di salvaguardia inserita dal Governo Letta nella scorsa legge di stabilità.

Kamsin Dal primo gennaio 2016 le aliquote IVA e le accise sulla benzina potrebbero aumentare. E' questo quanto si legge nell'articolo 45 della bozza provvisoria della legge di stabilità approvata dal Consiglio dei Ministri mercoledì scorso. L'entità dell'aumento tuttavia ancora non è nota ma sembra, da come è formulato il testo, che la tagliola sia destinata a scattare indipendentemente dalla circostanza che altri strumenti come la spending review dovessero fallire.

Le aliquote Iva del 10 per cento e del 22 per cento, indica il testo, sono incrementate a decorrere dal 1º gennaio del 2016. Anche le accise su benzina e gasolio subiranno lo stesso trattamento. Le cifre in gioco non sono irrilevanti dato che l'aumento dell'Iva e delle accise sui carburanti assorbe la vecchia clausola di salvaguardia inserita dal governo Letta con la scorsa manovra di stabilità. In origine la norma prevedeva un taglio lineare di 3 miliardi nel 2015, di 7 miliardi nel 2016 e di 10 miliardi nel 2017, che avrebbe interessato tutte le agevolazioni fiscali nel caso in cui la spending review seguita dal commissario Carlo Cottarelli non avesse prodotto i risultati indicati dal governo.

L'insediamento di Renzi ha poi sterilizzato l'aumento di 3 miliardi per il 2015 mentre quello da 7 miliardi è stato ridotto a 4 miliardi. Di conseguenza l'incremento delle accise e dell'Iva dal 2016 potrebbe riguardare solo questa cifra. E dato che ogni punto di IVA vale 4 miliardi di euro è verosimile immaginare che dal 2016, se il governo non troverà risorse da altri capitoli da tagliare, le due aliquote Iva del 10 e del 22 per cento potrebbero essere incrementate di un punto percentuale ciascuna. Ancora peggio se l'incremento fosse interamente concentrato su una di queste due aliquote: in tal caso entrambe potrebbero essere incrementate di due punti percentuali. E il testo dell'articolo apre anche ad ulteriore aumento dell'Iva al 22% nel 2017 e nel 2018.

Nulla però per ora è definitivo e la misura potrebbe anche essere stralciata. Inoltre anche se l'aumento dell'Iva partire dal 2016 dovesse essere confermato nella versione definitiva della legge di stabilità, che sarà approvata nel mese di dicembre, il prossimo anno il governo potrà comunque eliminarla reperendo opportune risorse da altri capitoli di spesa in grado di scongiurare l'aumento dell'imposta.

Il testo della manovra di stabilità contiene inoltre la cosiddetta reverse charge, l'inversione contabile, un meccanismo per cui a versare l'imposta sul valore aggiunto non è il venditore ma il compratore. Il meccanismo sarà esteso per 4 anni ai settori delle pulizie, dell'edilizia, al trasferimento di quote di emissioni di gas serra, al gas e all'energia elettrica. Se ci sarà il disco verde da parte dell'Unione Europea, lo strumento potrebbe essere introdotto anche per la pubblica amministrazione.

Zedde

© 2022 Digit Italia Srl - Partita IVA/C.f. 12640411000. Tutti i diritti riservati